La scoperta spetta a un team di ricercatori del Cra - Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma, Parco tecnologico padano di Lodi e Università Statale di Milano, in collaborazione con l'Università di Bologna e l'Iga di Udine. Un passo avanti importante, perché permetterà ora di distinguere con assoluta certezza pesca e nettarina, grazie all’analisi del loro Dna.
Finora le si potevano distinguere unicamente grazie alla storia della pianta o, ovviamente, dal frutto. Questo, ad esempio, richiedeva, nel caso di coltivazione di piante ottenute da seme dopo incrocio, 2-3 anni per attendere che la pianta arrivasse a frutto. Ora non si dovrà più attendere che l’albero fruttifichi, basterà leggere il suo Dna.
Alla scoperta è dedicato un articolo sulla prestigiosa rivista Plos One.
Già precedenti studi condotti da gruppi di ricerca in tutto il mondo avevano cercato di trovare il bandolo della matassa, non riuscendo tuttavia a giungere oltre l’identificazione della regione (ancora troppo grande, oltre 1 milione di basi) in cui si supponeva si trovasse il gene.
Ora il gruppo di ricercatori italiani, che aveva già partecipato al consorzio internazionale per il sequenziamento del genoma del pesco (230 milioni di basi in totale), sono riusciti a fare centro scoprendo che il gene in questione è in realtà un gene della famiglia MYB, che riunisce diversi fattori di trascrizione, cioè geni capaci di attivare specifiche vie metaboliche e funzioni nelle cellule, come ad esempio la colorazione del seme in mais.
“Per cercare di capire quale gene controlla questo carattere – spiega Laura Rossini, ricercatrice dell’Università di Milano che opera presso il Parco tecnologico padano – abbiamo utilizzato un incrocio fra una varietà di pesca (Contender) con una di nettarina (Ambra) andando poi a cercare il gene responsabile di questo carattere in una regione ristretta del genoma. Confrontando la sequenza del Dna di questa regione in diverse pesche e nettarine abbiamo identificato 291 differenze tra le une e le altre. Una di queste differenze suggeriva come candidato un gene MYB che è strettamente imparentato con un gene responsabile della formazione delle fibre del cotone. Questa differenza abbiamo scoperto era dovuta alla presenza nelle nettarine, all’interno di questo gene, di un frammento di Dna che ne distrugge la funzionalità”.
“Grazie a questa scoperta – spiega Ignazio Verde del Cra di Roma – potremo ora selezionare a uno stadio molto precoce le piante di pesco senza mai perdere di vista il carattere nettarina, rendendo più efficiente il processo di selezione varietale”.
I risultati sono stati ottenuti all’interno delle attività di ricerca dei progetti Drupomics e Maspes, sostenuti rispettivamente dal Mipaaf e da Crpv e Fondazioni delle Casse di risparmio della Romagna.
La produzione di nettarine in Italia
L’Italia presenta una produzione annua di 1.3 milioni di tonnellate di nettarine, o pesche noci, che la porta ad essere il secondo produttore mondiale dopo la Cina, luogo di domesticamento di questa specie. Particolarmente apprezzate grazie alla loro buccia liscia e lucente, le nettarine hanno negli anni acquisito importanti fette di mercato: oggi coprono ad esempio circa il 30% di quello italiano.
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