Sostenibilità, agricoltura, meccanizzazione agricola. C’è un fil rouge che lega indissolubilmente questi aspetti e legittima l’agrimeccanica al ruolo di promotore di un’agricoltura sempre più moderna, competitiva e attenta all’ambiente.
Agronotizie ne ha parlato col professor Pietro Piccarolo, ordinario di Meccanica agraria all’Università di Torino, presidente dell’Accademia di Agricoltura di Torino e georgofilo.
Dal professor Piccarolo è arrivata la bocciatura della revisione delle macchine agricole, la benedizione del contoterzismo per la diffusione di pratiche sostenibili come le minime lavorazioni, la semina su sodo e l’agricoltura di precisione.
E la previsione che il mercato delle trattrici agricole in Italia troverà il proprio assestamento su numeri di vendita compresi fra 18.000 e 23.000 macchine.

Professor Piccarolo, quando parliamo di sostenibilità e agricoltura, che ruolo ha la meccanizzazione agricola?
“Ha un ruolo fondamentale per la sostenibilità dell’agricoltura, già a partire dalla lavorazione del terreno. Oggi si parla molto di agricoltura conservativa e della possibilità di eseguire la semina sui residui colturali. È una tecnica piuttosto diffusa a livello mondiale, che investe circa 100 milioni di ettari, soprattutto in Brasile, Stati Uniti, Argentina, mentre in Europa ha una scarsa presa. In Italia si parla di 80mila ettari coltivati attraverso la minima lavorazione, principalmente in Veneto, Lombardia e nel Nord Italia”.

Quali sono i vantaggi della minima lavorazione?
“Sono notevoli, a partire dal risparmio di tempo. Se prendiamo una coltura come il frumento, la preparazione del terreno fino alla semina necessita di 8-10 ore di tempo per ettaro, con la minima lavorazione si scende a due, con evidenti vantaggi in termini di costi complessivi, di minori consumi di carburante, di emissioni di CO2 inferiori”.

Quanto si può risparmiare?
“Per un’azienda media l’incidenza della meccanizzazione sui costi globali varia dal 30 al 45-50 per cento. Avere riduzioni di impiego dei mezzi del 70% nella preparazione del terreno è un’incidenza forte. A sciabolate direi che questo consente una riduzione media del 15-20% dei costi complessivi”.

E poi si riduce l’inquinamento.
“Assolutamente. La meccanizzazione agricola in Italia incide sulle emissioni di CO2 per il 7-8%, rispetto ad una media europea del 13 per cento. Con le minime lavorazioni si possono risparmiare fino a 15-16 milioni di tonnellate di anidride carbonica”.

Come mai, a fronte di vantaggi economici e ambientali, la minima lavorazione è scarsamente considerata in Italia e in Europa?
“Il problema è che ci troviamo di fronte a una meccanizzazione relativamente recente, nata 20 anni fa e comparsa in Italia da una decina d’anni. Non tutte le aziende se la sentono di convertire i propri mezzo agricoli per praticare la minima lavorazione o la semina su sodo”.

Devono necessariamente subentrare i contoterzisti.
“Sì, anche perché una macchina che viene impiegata per due ore all’ettaro entra, se non si hanno dimensioni superiori ai 100 ettari, nell’ambito del sotto-utilizzo. In questo ambito le imprese agromeccaniche hanno un ruolo fondamentale. Le dimensioni delle aziende agricole italiane, così ridotte, rappresentano un freno rilevante. Credo che le organizzazioni di produttori debbano spingere per promuovere il ricorso al contoterzismo”.

Soffermiamoci per un secondo sull’outsourcing. Le imprese agromeccaniche in Italia chiedono di poter accedere alle risorse del Psr per l’innovazione. Cosa ne pensa?
“Sono favorevole all’accesso dei contoterzisti possano accedere. Perché se si vuole che la meccanizzazione cresca dal punto di vista tecnologico e non soltanto sul piano numerico, bisogna sostenere chi opera professionalmente in tal senso. Per l’agricoltura sostenibile la meccanizzazione è molto importante, bisogna incrementare con tecnologia avanzata. Un dato va sottolineato: il parco trattori cresce poco, ma la potenza cresce molto di più”.

Ci sono margini di crescita anche per l’agricoltura di precisione?
“Certamente. Abbiamo bisogno di implementare la sensoristica e attrezzare le macchine ed è per questo, oltre alle estensioni medie aziendali, che in Italia non sono ancora molto diffuse. Eppure giocano un ruolo determinante in altre due operazioni connesse alla sostenibilità e cioè la distribuzione dei fitofarmaci e le concimazioni, che consentono una riduzione dei consumi idrici”.

Sostenibilità ambientale.
“Meno interventi in campo significa minore compattamento del terreno, minore consumo di combustibile, mentre ridurre le dosi di fitofarmaci e concimi significa non sprecare. Recentemente proprio qui in Piemonte, grazie al sostegno di Unioncamere, abbiamo concluso un’esperienza triennale sulla concimazione azotata in copertura del riso, applicando l’agricoltura di precisione. Abbiamo constatato che con la precision farming non c’è soltanto un risparmio di concime, che se viene dato in misura superiore al fabbisogno effettivo è uno spreco e una fonte di inquinamento, ma è aumentata anche la qualità della granella”.

Dove e come sarà la meccanizzazione agricola fra 10 anni, ad esempio in Africa, continente in crescita?
“Il discorso è molto interessante. Si ritiene che il 60% della superficie che può essere destinata all’agricoltura e non è utilizzata, si trova in Africa. Lo hanno già capito la Cina, il Brasile, con gli investimenti dei fondi sovrani e delle aziende finanziarie. L’Europa, che sta guardando con interesse al continente africano, arriva per ultima.
A parte questa premessa, l’agricoltura in Africa farà largamente uso delle coltivazioni ogm, con le quali le piante potranno resistere a malattie e stress idrici. E il livello di meccanizzazione sarà abbastanza alto. Ad esempio con l’uso di droni, oggi sperimentati in agricoltura per tenere sotto controllo superfici vaste”.


E per l’Italia, quale sarà il futuro della meccanizzazione?
Se ci limitiamo ai prossimi 10-15 anni, ci sarà il progresso tecnologico necessario, anche per la sicurezza degli operatori. Abbiamo un parco macchine obsoleto, il che significa maggiori rischi per la sicurezza e maggiore inquinamento”.

Il tema della sicurezza mi porta a chiederle una valutazione sulla revisione delle macchine agricole. In merito si è sollevata qualche polemica per i modi e le macchine soggette al controllo. Qual è il suo commento?
“Innanzitutto, non credo che la revisione partirà nel 2014. Perché ci sono resistenze, con motivazioni oggettive molto forti. Questo discorso lo estenderei anche al patentino, manca una seria organizzazione: se vado a vedere chi può fare i corsi, sinceramente rabbrividisco. Non vorrei fosse un modo per spendere inutilmente dei fondi pubblici. Dovrebbe essere meglio specificato chi può fare le revisioni e i corsi di formazione”.

Come innescare la ripresa delle vendite dei mezzi agricoli in Italia, visto che all’estero le vendite hanno ripreso il trend positivo?
“Nei prossimi anni le vendite di trattrici si aggireranno fra 18-23.000 unità e forse diminuirà la potenza media per effetto di una maggiore richiesta di trattrici di bassa potenza e contemporaneamente un incremento delle potenze più elevate”.

Quali saranno le nuove frontiere della meccanizzazione: idrogeno, biofuel?
“L’idrogeno lo vedo ancora agli inizi e non vedo alcuna prospettiva per i prossimi 10 anni. Mentre l’uso del biofuel nei trattori lo vedo molto praticabile e con scadenze abbastanza prossime”.