Sono figlio di agricoltori.

 

Fino all'età di 21 anni ho lavorato nei campi e raccolto frutta (ciliegie, fragole, albicocche, pesche, nettarine, susine, pere, mele, uva, kaki e kiwi, in rigoroso ordine di maturazione…) nella piccola azienda agricola gestita da mio padre. Per la precisione dai 5 anni di età, quando guidavo già il trattore cingolato e per tutto il percorso di studi.

 

Mio padre pensava di produrre frutta per la cooperativa e uva per la cantina… A fine anno iniziava a capire cosa avrebbe guadagnato (o perso) dalla sua attività iniziata l'11 novembre dell'anno prima (investiva per 13 mesi senza sapere se avrebbe guadagnato o perso). In pratica doveva produrre bene, fare di tutto per garantire una buona qualità ma poi, non sapeva nulla su chi consumava il suo prodotto e cosa ne pensasse del risultato della sua (tanta) fatica e passione.


Sono passati 34 anni da quanto ho smesso di raccogliere frutta, ma non mi sembra sia cambiato molto nel rapporto produttore/consumatore.

 

Conoscere per apprezzare

Partiamo da una considerazione pratica: solo chi conosce è in grado di scegliere consapevolmente e apprezzare.
Poniamoci una semplice domanda: di fatto chi paga l'agricoltore italiano?
La risposta è semplice: il consumatore finale!

 

Il vero quesito, quindi, è questo: il consumatore conosce realmente l'agricoltura italiana per essere in grado di sceglierla consapevolmente? Chi dialoga, oggi, con il consumatore?

 

L'agricoltore… delega!

Già 34 anni fa mio padre delegava (la cooperativa e la cantina) a parlare con il consumatore finale. Ma 34 anni fa qualsiasi consumatore finale era figlio, cugino, nipote o, almeno, parente di un agricoltore, sapeva molte cose in più sulla campagna e aveva qualche "rudimento" su stagionalità e tipicità dei prodotti agricoli.

 

Oggi il consumatore non sa

Ci avviciniamo al Natale. Proprio lo scorso Natale ho avuto un interessante scambio di opinioni con un amico che si lamentava del fatto che non ci sono più le ciliegie di qualche anno fa. Stava allegramente mangiando ciliegie il 25 dicembre e si ricordava che le ultime ciliegie che aveva mangiato erano più saporite, fresche, succose e profumate… e poi erano così care… 15 euro al chilo…
Allora gli ho chiesto: "Ma sai da dove arrivano le ciliegie a dicembre?". La risposta è stata: "Dall'albero delle ciliegie!"

 
Giusto, ma dall'albero nell'emisfero australe. Infatti gli ho fatto notare che i nostri ciliegi, a dicembre, non hanno neppure le foglie e che quelle povere ciliegie erano in viaggio da almeno una settimana. Per quello erano meno saporite, fresche, succose e profumate ma molto più costose (e con molti più residui… ma non apriamo troppi fronti)!

 

Chi parla di agricoltura al "grande pubblico"

In preparazione del mio articolo di chiusura anno ho posto attenzione a come viene comunicata l'agricoltura oggi al consumatore finale attraverso la televisione. Ho preso tre esempi.


Nei talk show si parla di terra, di territorialità e di tutela del territorio solo in occasione di disastri ambientali. In questo caso, a spiegare perché si creano i dissesti geologici legati all'assenza di presidio da parte dell'agricoltore che non svolgeva più il suo ruolo di "guardiano del territorio" ho visto due famosi agricoltori italiani: Mauro Corona e Oscar Farinetti…
Dialoghi di per sé molto interessanti, ma lontani anni luce dall'azienda agricola.

 

Oppure la rappresentazione dell'agricoltura è affidata al buon Gabriele Corsi con il suo "Il contadino cerca moglie". Anche in questo caso il programma, per alcuni aspetti anche simpatico, fornisce una rappresentazione dell'agricoltura (e degli agricoltori) abbastanza lontana dalla realtà di campo.

 

L'altra delega importante è affidata ai mille programmi in cui chef e cuochi usano i prodotti agricoli per produrre i loro piatti… ma la cucina non è l'agricoltura. La cucina è il luogo in cui si usano i prodotti agricoli - un'altra storia.

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Uno dei delegati principali per raccontare l'agricoltura al consumatore finale, oggi, è l'addetto del punto vendita.
Nella grande distribuzione organizzata di solito si tratta di esperti di logistica, che in campagna vanno molto raramente.
Nei mercati rionali e nei negozi di frutta e verdura il contatto con il consumatore è mediato dai "fruttivendoli" che, normalmente, hanno acquistato la merce dai mercati generali e l'agricoltore non lo hanno nemmeno mai visto.

 

Delegare o dialogare con chi paga?

Proprio per queste ragioni il consumatore è sempre più disorientato: vorrebbe sapere di più ma ha poche occasioni per dialogare con l'agricoltore.
E l'unico attore della filiera agricola che sa realmente qualcosa di concreto sull'agricoltura… è proprio l'agricoltore.

 

La terza missione dell'agricoltore

Nel mondo universitario di parla sempre più di "terza missione" legata al trasferimento delle competenze e delle conoscenze al di fuori del mondo accademico.
Anche per l'agricoltore intravedo tre missioni:

  • la sua prima missione è quella di produrre bene e nel rispetto delle regole;
  • la sua seconda missione è legata alla tutela e conservazione del paesaggio;
  • forse è giunto il momento per la sua "terza missione": trasferire le conoscenze a chi deve scegliere i suoi prodotti.

Solo se riusciremo a fornire maggiori informazioni al consumatore finale sulla salubrità, sulla territorialità, sulla stagionalità e sull'eccellenza delle produzioni made in Italy potremmo pensare di farci riconoscere il giusto valore dei nostri prodotti… Altrimenti il consumatore considererà il made in Italy esattamente come tutti gli altri prodotti disponibili sul mercato e l'unico fattore che orienterà l'acquisto sarà il minor prezzo.

 

Buon Natale e… buona comunicazione a tutti!

Ivano Valmori, direttore responsabile di AgroNotizie