Molti olivicoltori e frantoiani sono in allarme per il recente cambio della normativa comunitaria che ha stabilito la fine della campagna olearia il 30 settembre. A rigor di logica dunque l'olio ottenuto dalla molitura di olive lavorate in questo mese sono attribuibili alla "vecchia" campagna olearia (la 2021-2022), mentre quelle spremute a ottobre danno vita all'olio nuovo, quello della stagione 2022-2023.

 

Inutile dire che se stessero davvero così le cose per i produttori si creerebbero una serie di problemi, sia dal punto di vista commerciale che logistico. Abbiamo dunque intervistato Nicola Di Noia, direttore generale di Unaprol, per fare chiarezza.

 

Tutte le notizie sull'olivo? Registrati e accedi subito

 

Cosa dicono le norme europee

La norma europea sul banco degli imputati è il Regolamento Ue 2117/2021 che stabilisce come la campagna di commercializzazione vada "dal 1° ottobre al 30 settembre dell'anno successivo nel settore dello zucchero e dell'olio di oliva".

 

Una riga che è bastata a gettare nello sconforto tanti operatori del settore che, se volessero spremere le olive a settembre, non potrebbero scrivere sulla bottiglia "annata olearia 2022-2023", ma sarebbero costretti a riferirla a quella passata, la 2021-2022, con ovvie ripercussioni sul mercato.

 

Ma ci sarebbe anche il problema di dividere i lotti da parte dei produttori e dei frantoiani. L'olio prodotto entro il 30 settembre sarebbe "vecchio", mentre quello uscito dal frantoio dopo la mezzanotte sarebbe "nuovo". Ci sarebbero dunque aziende che avrebbero una parte della produzione da attribuire alla passata campagna e un'altra a quella successiva. Senza contare chi compone blend con oli aventi data di spremitura differente.

 

Molte aziende poi, volendo sfuggire agli attacchi della mosca olearia, che in questi giorni sta rialzando la testa, hanno anticipato la raccolta e mirano a portare in frantoio tutte le drupe entro la fine del mese. Sarebbe dunque un vero disastro se l'olio nuovo dovesse essere equiparato a uno con già un anno di vita sulle spalle.

 

Olio e campagna di commercializzazione, una questione di interpretazione

Ma davvero il legislatore europeo ha commesso un pasticcio di tale portata? "È un problema questo che è stato risolto grazie anche al nostro intervento", spiega Nicola Di Noia, direttore generale di Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano, Associazione che rappresenta gli interessi di oltre 100mila imprese associate in Italia articolate in organizzazioni territoriali.

 

"Il dubbio è sorto a causa di una interpretazione restrittiva che qualche ente di controllo avrebbe potuto adottare a seguito del cambio di normativa. In verità il Ministero è intervenuto con una nota per dare la propria interpretazione. E cioè che il limite del 30 settembre ha valore solamente in riferimento alla Pac e non incide invece sull'etichettatura".

 

Dunque chi molisce a settembre potrà scrivere sulle proprie bottiglie "campagna olearia 2022-2023"? "Esattamente, non ci sono dubbi da questo punto di vista. D'altronde è una questione di buon senso. Il limite del 30 settembre è utile solo per quanto riguarda la contribuzione Pac".