L'organismo vivente più letale per l'uomo è la zanzara. Altro che attacchi di squali, agguati di tigri o incursioni di lupi. Attraverso la sua puntura la zanzara può trasmettere un gran numero di malattie potenzialmente letali per l'uomo come ad esempio la malaria, la zika, la dengue, la febbre gialla, quella del Nilo e la chikungunya.

Repellenti, insetticidi e zanzariere riescono solo a proteggere in maniera limitata gli esseri umani da questo fastidioso parassita che ogni anno causa la morte di migliaia di persone. Una svolta potrebbe però arrivare dalla genetica.

Dopo il via libera dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Epa) in Florida, negli Stati Uniti, sono state rilasciate nell'ambiente migliaia di zanzare geneticamente modificate che dovrebbero far collassare la popolazione locale in poco tempo. Una tecnologia sviluppata dalla ditta britannica Oxitec, finanziata anche dalla fondazione Bill&Melinda Gates, che potrebbe avere risvolti molto interessanti anche in Europa e in Italia per il controllo di specie aliene invasive dannose per l'agricoltura.


La genetica nel controllo di specie dannose

I ricercatori britannici hanno modificato geneticamente una popolazione di zanzara inserendo un tratto genetico che rende le femmine dipendenti da un antibiotico, la tetraciclina, per la sopravvivenza. Le uova di Aedes aegypti (la zanzara tigre) sono state poi rilasciate in ambiente, nel territorio delle Florida Keys, dove negli ultimi anni è aumentata la diffusione di malattie trasmesse da questi insetti.

Non essendo presente la tetraciclina nell'acqua in cui si sviluppano le zanzare, solamente gli esemplari maschi porteranno a termine il loro ciclo di sviluppo e prenderanno il volo. Una volta in natura si accoppieranno con le femmine presenti trasmettendo alla prole il gene introdotto in laboratorio. Come conseguenza dalla covata prenderanno il volo solamente i maschi, che a loro volta si accoppieranno con le femmine selvatiche trasmettendo il gene e determinando in poco tempo il collasso della popolazione.

Se l'esperimento avrà successo vaste aree di territorio saranno così prive di questi insetti molesti, a tutto beneficio della salute degli abitanti.


Pro e contro della lotta genetica

Quello sperimentato in Florida è un metodo solo parzialmente innovativo. Già oggi diversi insetti dannosi, come il moscerino della frutta, vengono controllati negli Stati Uniti attraverso l'immissione in natura di esemplari maschi sterili che accoppiandosi con le femmine ne impediscono la riproduzione. Si tratta tuttavia di un metodo applicabile solo per certe tipologie di insetti (ad esempio quelli che si accoppiano una sola volta) e che richiede l'immissione in natura in maniera costante di maschi resi sterili.

Il punto di forza del metodo sviluppato in Gran Bretagna è che il gene si trasmette alla prole in maniera pressoché perpetua, o almeno fin quando ci sono femmine feconde. Si tratta quindi di un metodo molto più efficace, economico e definitivo.

Non mancano però gli aspetti negativi. Innanzitutto le dinamiche di popolazione sono state valutate per ora solamente in laboratorio e dunque occorrerà valutare se le infinite variabili di un ambiente naturale non influiranno negativamente sulla riuscita del progetto. C'è poi chi avanza il timore che questo gene possa deviare o superare i confini dello Stato con ripercussioni a livello globale difficilmente valutabili.

I ricercatori tuttavia rassicurano. Sono stati previsti dei meccanismi genetici autolimitanti che impediscono al gene di diffondersi. Inoltre la stessa incapacità della popolazione geneticamente modificata di dare origine a femmine limita la sua diffusione.


La sterilità applicata alle specie aliene

Se in Florida la sperimentazione è stata condotta con obiettivi di salute pubblica, la tecnica della sterilità genetica potrebbe avere ripercussioni molto interessanti anche in agricoltura. A lavorarci ad esempio è l'Università di Wageningen, in Olanda, dove sono stati fatti degli studi sullo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), una specie proveniente dal Nord America che si è insediata stabilmente in Gran Bretagna e nel Nord Italia, marginalizzando lo scoiattolo rosso locale e creando degli squilibri a livello ecosistemico.

Ebbene, i ricercatori olandesi hanno sfruttato lo stesso meccanismo ipotizzando, questa volta solo sulla carta, di dare vita ad esemplari di scoiattolo grigio portatori di un tratto genetico per limitarne la popolazione.

Una volta rilasciati nell'ambiente questi scoiattoli andranno in cerca di partner e accoppiandosi daranno origine ad una prole portatrice del gene limitante. Questa volta però si svilupperebbero sia gli embrioni maschi che femmine. Il gene inizierebbe così a diffondersi all'interno della popolazione selvatica di scoiattolo grigio e solo quando due esemplari di sesso differente e portatori del determinato gene si dovessero accoppiare si otterrebbero femmine sterili.

In questo modo, similmente a quanto accade per le zanzare, la popolazione dovrebbe avere un declino, certamente più lento in quanto il ciclo biologico dello scoiattolo è molto più lungo rispetto a quello di una zanzara.


Genetica e agricoltura

Oggi in Italia sono numerose le specie aliene che mettono a dura prova la produttività delle nostre aziende agricole. Pensiamo ad esempio alla nutria, che importata dal Nord America si è diffusa in tutta Italia provocando seri danni alle colture e alle opere idrauliche. Oppure alla cimice asiatica, un vero flagello per una vasta molteplicità di specie di interesse agrario. Oppure la Drosophila suzukii, il punteruolo nero del fico, la Popillia japonica e così via.

Se la sperimentazione in Florida dovesse avere successo e la legislazione lo permettesse, sarebbe possibile introdurre in natura esemplari portatori di geni che autolimiterebbero la popolazione infestante con ricadute positive sia a livello di settore agricolo sia di sostenibilità ambientale.

Quelle citate sono infatti specie aliene, quindi non autoctone, la cui introduzione accidentale ha comportato seri danni per gli ecosistemi locali. Non sarebbe invece possibile utilizzare questo metodo per controllare le popolazioni di animali autoctoni, come i cinghiali, i lupi e i caprioli, che seppure dannosi sono nativi del territorio italiano e quindi devono essere gestiti con altri strumenti.