E accanto, collegate alle attività agricole, ci sono anche altre attività fondamentali come quelle di consulenza e di controllo, finalizzate alla corretta certificazione dei prodotti agroalimentari, che in una realtà come quella italiana, con la sua enorme quantità di produzioni di qualità, non possono essere sottovalutate.
Ma come devono operare i tecnici che sono tenuti a fare questi controlli, a quali rischi espongono se stessi e gli altri?
Di queste come di altre problematiche legate a queste attività si è fatto portavoce il Coordinamento dei collegi dei periti agrari e periti agrari laureati della Toscana, che nei giorni scorsi ha pubblicato anche una lettera aperta indirizzata alla ministra Teresa Bellanova per far presente questa situazione.
Così abbiamo intervistato Antonio Sacchini, firmatario della lettera, per farci spiegare meglio le problematiche e i dubbi che dovranno essere presi in considerazione soprattutto con l'approssimarsi della cosiddetta Fase 2 della emergenza, specialmente per le attività di controllo.
Antonio Sacchini, perché avete sentito la necessità di scrivere una lettera aperta alla ministra?
"L'Italia è leader assoluto nel comparto delle eccellenze agroalimentari con 861 prodotti certificati riconosciuti dall'Ue (Fonte: Tapporto Mipaaf 2019) e rappresenta uno dei primi paesi al mondo per qualità e numero di controlli. Solo il ramo del biologico conta oltre 80mila aziende certificate, di cui molte in Toscana".
Durante tutta questa prima fase dell'emergenza il lavoro di certificazione e consulenza è continuato? E come?
"L'attività dei consulenti è proseguita integrandosi, dove possibile, con lo smart working, mentre quella dei controlli è dipesa dai singoli organismi di certificazione che, su disposizione del Mipaaf, hanno applicato scelte operative diverse.
Gli strumenti tecnologici e di comunicazione hanno permesso di dare continuità ad una parte del comparto; per fortuna le aziende agricole hanno continuato il proprio lavoro e in molti casi si è resa necessaria la presenza dei periti agrari in campo per le attività di direzione e consulenza".
Quali sono le problematiche principali che vedete e che considerate necessario affrontare subito?
"All'interno del coordinamento è stato istituito un gruppo di professionisti che sta osservando le diverse linee guida su procedure e precauzioni da assumere nel settore agroalimentare. In primo luogo abbiamo condiviso le perplessità dei professionisti che svolgono l'attività di tecnici controllori.
Nei prossimi mesi gli sarà chiesto di svolgere un carico di lavoro eccezionale ed incontrare possibili soggetti a rischio tra gli operatori, dipendenti e consulenti delle aziende, esponendo tutta la filiera ad un'innumerevole quantità di pericoli e mettendo a repentaglio i professionisti e le stesse aziende".
Cosa chiedete alla ministra e alle varie parti coinvolte?
"Nell'istanza chiediamo di porre la dovuta attenzione ai rischi in cui incorrono i tecnici controllori. Il loro operato necessita di specifiche procedure di sicurezza e la fornitura di adeguati Dispositivi di protezione individuale".
Perché questo appello viene da un coordinamento regionale? È condiviso anche a livello nazionale e da altre categorie come ad esempio quella degli agronomi?
"Abbiamo raccolto le segnalazioni dei Collegi territoriali dei periti agrari e periti agrari laureati della Toscana. Molti tra i professionisti iscritti svolgono attività nel settore di certificazione e controllo; alcuni di loro, nell'esprimere la propria preoccupazione, hanno sospeso l'attività fino a data da destinarsi. Chiaramente il nostro Collegio nazionale è informato e si è fatto carico dell'istanza garantendo l'immediato interessamento.
Poiché il problema è comune ai dottori agronomi e forestali, abbiamo anticipato il documento tramite la rispettiva federazione regionale toscana, che ha mostrato interesse all'argomento; è probabile che andremo a condividere i prossimi passi, magari interessando direttamente la Rete toscana delle professioni tecniche e, tramite il nostro Collegio nazionale, la Rete delle professioni tecniche nazionale".
Quale è la posizione degli organismi di certificazione delle associazioni di produttori e dei consorzi di tutela in questa situazione?
"Non abbiamo informazioni, tranne quelle ricevute dai colleghi, ma siamo aperti all'interlocuzione in qualunque momento; vorremmo evitare che la segnalazione delle difficoltà, fatta dai singoli liberi professionisti, risultasse sminuita rispetto alle reali difficoltà e portata di conseguenza in secondo piano".
E quella delle aziende?
"Le aziende sono ben consapevoli di far parte della 'filiera della vita' e che la situazione emergenziale comporterà obbligatoriamente il dover rivedere molti aspetti della gestione interna ed esterna dell'impresa. Nel caso specifico ci chiedono e chiedono, in particolare alla classe politica, che l'agricoltura e l'agroalimentare siano al centro dell'agenda politica, sociale ed economica del paese. In particolare, condividono le stesse nostre preoccupazioni e riconoscono che il problema della messa in sicurezza riguarda tutta la filiera".
Voi cosa proponete?
"Proponiamo un tavolo di lavoro che concerti le istanze dei professionisti e delle aziende ed elabori linee guida a seconda degli specifici comparti.
Proponiamo altresì che si pensi a una nuova epoca dell'agricoltura, ripensando e attualizzando il territorio rurale; un 'rinascimento' ed un ripensamento generale dell'azienda, dove spazi e gestione degli ambienti, in virtù di una maggiore sicurezza, siano ergonomicamente progettati e realizzati.
Da questa esperienza abbiamo capito, ammesso che ce ne fosse il bisogno, che il settore primario è quello che garantisce il quotidiano e la stessa definizione di 'primario' non nasce solo per primogenitura; sta a significare che è un settore senza il quale, semplicemente, non esisterebbe nulla di ciò che conosciamo.
La macchina operativa ha bisogno di nuovi spazi e, come si sta a gran voce pensando ad una rigenerazione urbana per gestire l'emergenza, il nostro compito sarà quello di ripensare e rigenerare le aziende agricole".