Misurare in modo oggettivo l'erosione del suolo è un passo fondamentale per la tutela del suolo stesso e la sua salvaguardia.

E questo è l'obiettivo di un sistema prototipo messo a punto nell'ambito del progetto "Trasferimento e adattamento del modello agricolo biologico conservativo nei sistemi colturali marchigiani" finanziato dalla Regione Marche tramite la misura 16.1 del Psr.

Un progetto presentato nei giorni scorsi dall'assessore regionale all'Agricoltura Anna Casini a Palazzo Leopardi, prima, e poi al Global symposium on soil erosion organizzato a Roma dalla Fao e che ha visto la partecipazione dellUniversità Politecnica delle Marche, con la società Arca Srl, del Gruppo Fileni e di Aea Srl del Gruppo Loccioni.

Per farci spiegare meglio questo progetto e questo prototipo abbiamo intervistato Giuseppe Corti del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell'Università Politecnica delle Marche, che ha coordinato la parte relativa agli esperimenti di campo.

Giuseppe Corti, come è nato questo progetto e quale è il suo obiettivo?
"Il progetto nasce da una collaborazione tra il mio dipartimento e l'associazione Arca, diretta da Bruno Garbini, e dalle tante volte che ci siamo trovati per discutere del futuro dell'agricoltura della Regione Marche".

Quale è la gravità del problema dell'erosione del suolo oggi nelle Marche?
"Molto alto. Consideri che sul 60% circa del territorio regionale coltivato, l'erosione media è di 1 centimetro all'anno, con punte anche di 3 centimetri per anno. Questi livelli di erosione sono del tutto intollerabili e causano problemi di due tipi. Il primo. Nessuno ci fa caso se ogni anno va via 1 centimetro di suolo, non ce ne accorgiamo; ma se non facciamo nulla, nel giro di venti anni vanno via 20 centimetri di suolo, tra l'altro la porzione superficiale che è quella più fertile, e allora i problemi si sentono. Consideri che sono decenni che ci aggiriamo su queste quote di erosione e molti dei suoli dove si fanno cereali non sono più nemmeno dei veri e propri suoli, ma delle rocce che gli agricoltori annualmente frantumano, concimano e coltivano. Fortunatamente il frumento ancora cresce e produce in queste condizioni, ma se non facciamo nulla probabilmente non sarà così per sempre.

Il secondo problema è che anche 1 solo centimetro di suolo asportato da 1 ettaro corrisponde a 100 tonnellate di materiale che l'acqua trasporta via e, tramite torrenti e fiumi, arriva in una certa misura al mare. Bene, questo rappresenta una vera e propria concimazione del fondale marino, e lo sviluppo abnorme delle alghe durante il periodo estivo è dovuto anche a questo motivo"
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Cosa prevede questo progetto?
"Il progetto intende proporre alcune metodologie di coltivazione e gestione del suolo finalizzate a ridurre l'erosione. Potrebbe sembrare facile, ma non lo è. Pensi ad esempio a chi fa grano dopo grano. Deve lavorare il terreno prima della semina e lascia così il terreno nudo alle intense piogge autunnali. E' questo il principale motivo dell'erosione. Questo non vuol dire che dobbiamo smettere di fare grano per ridurre l'erosione, vuol dire che dobbiamo trovare un altro modo per produrlo e questo nuovo modo non deve avere effetti negativi sull'economia aziendale. Agli agricoltori non possiamo chiedere ulteriori sacrifici".

Chi sono e quale è il ruolo dei vari partner agricoli e ingegneristici di questo progetto?
"Nel progetto sono coinvolti, oltre ai gruppi di studio di Pedologia (Stefania Cocco, Valeria Cardelli e il sottoscritto) e di Genetica agraria (Stefano Tavoletti) del mio dipartimento e Arca, anche due società che rappresentano l'eccellenza marchigiana industriale: il Gruppo Fileni e il Gruppo Loccioni.

Il Gruppo Fileni è presente perché fa parte dei portatori di interesse di un'agricoltura avanzata: produrre cibo o alimenti animali di qualità nel rispetto dell'ambiente è l'interesse più avanzato di un'industria agroalimentare di eccellenza. Il Gruppo Loccioni fa parte del progetto perché con gli ingegneri del gruppo abbiamo messo a punto un macchinario che ci permetterà di misurare l'erosione in campo. Questa macchina infatti consentirà di misurare la quantità di suolo asportato dall'erosione, suolo che verrà campionato dalla macchina stessa durante ogni evento piovoso e che poi provvederemo ad analizzare nei laboratori del dipartimento. E' questa macchina che è stata ospitata nella hall centrale della Fao per quattro giorni durante il Global symposium on soil erosion, e che ha suscitato molto interesse e tanti apprezzamenti"
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Il macchinario presentato alla Fao
Stefania Cocco e Giuseppe Corti con il prototipo esposto presso la sede della Fao a Roma
(Fonte foto: Università Politecnica delle Marche)


Nel progetto ha un ruolo centrale l'agricoltura biologica, quale è la sua importanza?
"Guardi, io non sono un seguace di nessuna teoria di produzione agricola. In generale a me sta bene ogni modalità di produzione che sia rispettosa delle norme e delle leggi italiane. Attribuisco un grande valore a quei sistemi produttivi e di gestione del suolo che permetteranno alle prossime generazioni di poter continuare a produrre. Se possiamo farlo con sistemi produttivi poco impattanti e ad alto coefficiente scientifico, tanto meglio. Ma non dimentichiamo che gli aspetti qualitativi della produzione sono importanti quanto quelli quantitativi, purché ottenuti nel rispetto delle norme vigenti".

Come è stato accolto al Global symposium on soil erosion di Roma?
"Mesi fa, quando ancora il simposio era nelle sue fasi organizzative, abbiamo proposto di mostrare questa macchina che abbiamo messo a punto. Un comitato internazionale ha valutato le varie proposte pervenute e ha dato a noi la possibilità di esibirci nella hall centrale della sede del simposio, la Fao. Mi pare un bel successo, ma è anche una bella responsabilità. Responsabilità perché dobbiamo dimostrare il valore di questa macchina, che sarà prodotta in sei esemplari proprio per verificare l'andamento dell'erosione nei campi sperimentali dove adotteremo sistemi colturali che mirino a ridurre l'erosione, così come dal progetto finanziato dalla Regione Marche tramite la misura 16.1 del Psr. Questo non significa dimostrare che i sistemi produttivi che proponiamo saranno sicuramente in grado di abbattere l'erosione, questo lo vedremo proprio mettendo in funzione le macchine nei campi sperimentali.

Ma noi siamo ovviamente fiduciosi, anche perché con l'aiuto dei colleghi e delle aziende agricole coinvolte nel progetto abbiamo preparato un piano sperimentale che tiene conto delle più recenti acquisizioni scientifiche"
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Che risultati ci si attende? 
"La speranza è che i sistemi produttivi che proponiamo, e che tengono conto sia di rotazioni delle colture, che della pratica dell'intercropping, della pacciamatura verde e di ridotte lavorazioni del terreno, siano in grado di ridurre in maniera considerevole l'erosione, per lasciar modo a chi verrà dopo di noi di poter continuare a produrre cibo in quantità e qualità. Ambizioso? Sicuro, ma consideri che secondo la Fao è sostenibile un'erosione che si aggiri su 8-10 tonnellate per ettaro all'anno. Bene, noi siamo, quando va bene, almeno dieci volte superiori a questo limite, e la causa sono i difficili suoli che abbiamo in regione e la perdita di sostanza organica che negli ultimi settanta anni abbiamo provocato con sistemi produttivi non adeguati ai suoli che abbiamo. Per ridurre del 90% o più l'erosione, credo che dobbiamo davvero puntare a qualcosa di ambizioso".

Quali possono essere le ricadute a breve e medio termine per le aziende agricole, marchigiane e non solo?
"Ci sono diverse aziende coinvolte nel progetto finanziato dalla Regione Marche, e il motivo della loro presenza è di avere agricoltori che provino sui propri terreni gli effetti dei sistemi produttivi che proponiamo. Se, come speriamo, le cose andranno bene, saranno loro a proporre i nuovi sistemi agricoli che avranno testato e la loro parola varrà sicuramente più di quella di chiunque altro.

Quello che speriamo di ottenere sono produzioni in quantità simili (maggiori?) a quelle dell'agricoltura convenzionale, ma di maggior qualità alimentare e organolettica perché ottenuti con sistemi che escludono l'uso di prodotti di sintesi. Questo consentirebbe alle aziende di aumentare il loro reddito in quanto certi tipi di prodotto spuntano prezzi maggiori sul mercato, ma questo permetterebbe anche al suolo di ripristinare certe condizioni di fertilità in grado di produrre meglio senza comportare enormi perdite di erosione"
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