Strappa cinque minuti di applausi all'inaugurazione del 266° anno accademico dei Georgofili la prolusione del professor Stefano Mancuso su "Il pianeta delle piante", lui che è uno dei più grandi esperti in materia ed è fra i più visionari scienziati del pianeta.

Con i suoi studi al Laboratorio internazionale di Neurobiologia vegetale all'Università di Firenze, di cui è direttore, ha rivoluzionato l'approccio verso le piante, "senza le quali la terra non esisterebbe. La terra - ha detto in apertura - è viva perché ci sono le piante, il motore della vita".
In termini assoluti, ha precisato Mancuso, "l'85% della biomassa della terra è formata dalle piante, mentre noi animali, insieme, ammontiamo allo 0,3% del peso; siamo cioè una quantità del tutto irrilevante".

Tuttavia, l'uomo ha un difetto di percezione del pianeta. "Viviamo in una bolla animale e dunque vediamo esclusivamente la bolla animale - ha affermato -. Questo significa, molto banalmente, che non riusciamo a capire che il motore della terra sono le piante. Tale disfunzione cognitiva dell'uomo si chiama plant blindness, dovuta alla scarsa capacità di calcolo del nostro cervello".
Questo spiega, per Mancuso, come mai le immagini rupestri che sono giunte fino a noi rappresentano in maniera fedele uomini e animali, mentre le piante sono stilizzate come semplici linee.

Eppure, guai a liquidare le piante come esseri non sensibili. "L'intelligenza - ha puntualizzato Stefano Mancuso - è una caratteristica della natura e della vita. Non esiste nessun essere vivente che non sia intelligente. Chiaramente, le piante hanno caratteristiche diverse dagli animali, ma sbagliamo a considerarle come degli animali menomati". Addirittura parliamo di stato vegetativo.
Le piante, infatti, "si muovono e vivono su tempi che non sono i nostri. E a differenza di noi animali, che per compiere qualsiasi movimento abbiamo necessità di energia, le piante si muovono sfruttando le differenze di energie di qualche parametro ambientale".

Le piante - altra scoperta di Mancuso - sentono di più degli animali. Un singolo apice radicale è in grado, infatti, di percepire almeno venti parametri chimici e fisici (campi elettrici, ioni, metalli pesanti, fosforo, ossigeno e altri gas, ecc.). Inoltre, sono in grado di percepire 1 milligrammo di azoto per mille metri cubi di terreno.

Un'altra differenza rispetto al mondo animale è che le piante "non sono individui, perché sono radicate e si sono evolute per evitare la predazione: non hanno organi, singoli o doppi e hanno diffuso su tutto il corpo le funzioni che noi abbiamo negli organi. Una scelta evolutiva che è stata più corretta della nostra".
Ecco allora che "le piante sono un modello per la risoluzione di tutti i problemi".

È da questo assunto, secondo Mancuso, che l'uomo dovrebbe modificare l'approccio verso il  mondo. "Lo dicono i dati: se il nostro modello animale interessa lo 0,3% di ciò che è vivo, mentre l'85% prende a riferimento il modello vegetale, l'errore è pensare che l'uomo sia migliore. È questo il cuore del sistema ambientale".

Le piante - ha sferzato la platea - "sono un modello dal quale prendere ispirazione per risolvere qualsiasi problema dell'umanità. Se pensiamo che le piante assorbono anidride carbonica, abbiamo anche l'indicazione automatica di dove metterle: dove si produce l'anidride carbonica. Oggi il 70% dell'anidride carbonica viene prodotto in ambiente urbano, benché le città rappresentino solo il 2% delle terre emerse. Noi dovremmo coprire le città di piante, non limitarci a mettere delle piante lungo i viali. Dovremmo ricoprire tutti gli edifici di piante e non c'è un motivo tecnico ed economico per cui non dovremmo farlo".

Resta un dubbio, personalissimo: ma se - come ha sostenuto anche con immagini e filmati Stefano Mancuso - le piante sono la soluzione, perché hanno sviluppato soluzioni per qualunque problema che oggi ci affligge, significa che le piante sono più intelligenti degli uomini? E se lo sapessero i vegani, si nutrirebbero ancora di vegetali?