Vini più sostenibili e più facili da gestire in azienda grazie ad una ricerca del Cnr. E anche con la possibilità, tra qualche anno, di riuscire ad ottenerne una tracciabilità territoriale, legata ai segni che il terroir lascia in vini e mosti, perché “L’ambiente fisico, in particolare il substrato geologico, la morfologia ed il suolo, hanno una grande influenza sulle caratteristiche compositive e sulla distintività delle uve e dei vini. Questo è il risultato di una ricerca durata 20 anni e condotta da noi dell'Isaform del Cnr”.

L’ annuncio è di Antonio Leone, primo ricercatore dell’Isaforma, Istituto sui sistemi agricoli e forestali del mediterraneo del Cnr di Napoli, che ha reso noti per la prima volta questi risultati nel corso della conferenza “Geologia per la sostenibilità del comparto vitivinicolo” organizzata dall’Ordine dei geologi della Campania e tenutasi recentemente a Napoli.

“Abbiamo analizzato il territorio della provincia di Benevento, che con i suoi circa 11.000 ettari di superficie vitata – ha proseguito Leone rappresenta il 64% dell’intera superficie viticola della Campania.
La ricerca è stata condotta dal Cnr–Isafom – in collaborazione con importanti istituzioni di ricerca internazionale, tra cui l’Institut national de la recherche agronomique di Anger, Francia - e riguarda l’influenza del terroir sulla produzione vitivinicola. Il terroir viticolo è un concetto riferito ad uno spazio sul quale si sviluppa un sapere collettivo, delle interazioni tra ambiente fisico, ambiente biologico e pratiche vitivinicole, che conferiscono le caratteristiche distintive ai prodotti originari di questo spazio”.


Il terroir include le caratteristiche specifiche del suolo, della topografia, del paesaggio e della biodiversità. Gli studi realizzati dal Cnr-Isafom, per un periodo di circa 20 anni, integrando il metodi tradizionali (fotointerpretazione, rilievi di campo, analisi di laboratorio) con metodi innovativi, come il telerilevamento da piattaforma aerea o da drone, la spettroscopia visibile e infrarosso, la prospezione geofisica, hanno evidenziato la grande influenza dell’ambiente fisico, ed in particolare dei suoli sulle caratteristiche compositive dei mosti e dei vini.

“Gli studi realizzati hanno avuto, fra l’altro, importanti ricadute applicative – spiega Leone - come l’uso della zonazione viticola in supporto alla realizzazione di un piano urbanistico nel comune di Castelvenere e consentono alle aziende di migliorare la qualità e la sostenibilità del vino, delocalizzando, ad esempio, gli impianti di falanghina sui terreni che risultano più vocati, e con un forte abbattimento di costi rispetto al passato, poiché la costruzione di una carta della qualità dei suoli, effettuata mediante la spettrometria, consente un utilizzo delle analisi del terreno più puntuale e più limitato”.

“L’ambiente fisico, il substrato geologico, la morfologia, il suolo, hanno grande influenza sulle caratteristiche compositive dei mosti e dei vini e dunque sulla qualità del vino – dice ancora Leone, che spiega – attualmente stiamo anche provando ad utilizzare la vasta messe di dati ottenuti per tracciare i vini dell’area del Taburno.
Si tratta di una sperimentazione appena avviata, che in futuro consentirà alle aziende di apporre su ogni singola bottiglia la firma del terroir.