L'agricoltura è l'unico settore che cresce e crea occupazione. I dati parlano da soli: il valore aggiunto aumenta dell'1,1%, mentre il numero degli addetti sale addirittura del 6,2%, nonostante la crisi.

 

"Nelle campagne, a differenza di industria e servizi, c'è ancora possibilità di lavoro e ciò può essere sfruttato da parte del governo con interventi mirati che consentano agli imprenditori agricoli di riprendere a "marciare" e di aprire le porte ai tanti lavoratori che sono stati, purtroppo, espulsi dagli altri settori produttivi".
Questo il messaggio che la Cia - Confederazione italiana agricoltori ha lanciato nel corso del convegno "Il contributo dell'agricoltura per la riforma del lavoro e la crescita", tenutosi ieri 18 ottobre a Roma con la partecipazione del ministro del Lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero.

 

Affinché l'agricoltura possa operare come "ammortizzatore sociale", la Cia propone la creazione a livello territoriale e di distretti produttivi di meccanismi incentivanti il passaggio dei lavoratori dai settori maggiormente in crisi all'agricoltura.

 

I motivi della "tenuta" del settore "vanno ricercati nelle caratteristiche del lavoro agricolo, che ha dimostrato, proprio per la sua flessibilità, di adeguarsi meglio di altri a una congiuntura fortemente negativa - ha detto il presidente della Cia Giuseppe Politi nel suo interventi - Ma questo rischia di non bastare più per il futuro. Da qui la richiesta della Confederazione di tagliare i costi produttivi, come quello dei carburanti, che pesano in maniera opprimente sulle imprese. A questo si deve aggiungere una sostanziale riduzione degli oneri contributivi e degli adempimenti burocratici".

 

"La recente riforma del lavoro - è stato rilevato al convegno Cia - ha correttamente interpretato due esigenze fondamentali del settore agricolo: flessibilità nell'utilizzo dei contratti a termine e regime specifico di sostegno al reddito. Tuttavia, vi sono alcuni interventi sui quali non c'è condivisione. Primo fra tutti lo strumento dei voucher, su cui si è deciso (non se ne comprende la ragione) di intervenire snaturandolo".

 


I dati

Sono 200.314 le aziende agricole che assumono lavoratori. Il 61,4% sono ditte in economia, cioè imprese che soddisfano il proprio fabbisogno lavorativo esclusivamente attraverso manodopera dipendente. Tra queste un numero crescente è composto da imprenditori agricoli professionali e società; il 33,9% sono coltivatori diretti che assumono manodopera, mentre il 4,6% sono imprese di tipo cooperativo, consorzi di bonifica, corpi forestali ed enti pubblici

 

Il 76,4% delle imprese agricole assume fino a 5 operai ed il 12,7% fino a 10 lavoratori. Il restante 10,9% assume oltre 10 lavoratori. Sono 1.094.365 gli operai agricoli. Se poi si considera anche l'indotto, il numero degli operatori del sistema agroalimentare rappresenta, il 12% circa della forza lavoro del nostro Paese.

 

Le aziende guidate da imprenditrici sono più del 33% e le donne rappresentano quasi il 40% della forza lavoro complessiva. Un processo di "femminilizzazione" graduale che ha il suo zoccolo duro nel Mezzogiorno, dove il tasso di disoccupazione "rosa" è altissimo, raggiungendo il 48% per le più giovani.

 

Si moltiplicano anche le giovani aziende guidate da professionisti di ogni tipo, da insegnanti a ingegneri, da agronomi ad avvocati. Tra i più titolati, il 73% ha rilevato l'azienda di famiglia. Ma c'è anche chi (21%) è estraneo all'agricoltura per tradizione e formazione ma opta per la vita dei campi per colpa della crisi (45%) o per scelta di vita (33%). Le loro aziende si propongono come le più multifunzionali.