Nonostante le contromisure varate dal governo, la crisi continua a mordere le imprese italiane, alle prese con le difficoltà ad accedere al credito. Lo conferma il rapporto dell'Osservatorio sul credito di Confcommercio: sono sempre meno le imprese che riescono a fronteggiare il proprio fabbisogno finanziario senza alcuna difficoltà (36,1% nel primo trimestre del 2012, contro il 41,8% del trimestre precedente). Ma il 2012 segna anche un altro record negativo: per la prima volta dal 2008, sono più numerose le imprese che ottengono meno credito di quello richiesto o non lo ottengono affatto (quasi il 37%) rispetto a quelle che si sono viste accordare il finanziamento (34,2%).

In questo panorama difficile l'agricoltura sembra soffrire in misura minore rispetto alla media del sistema delle piccole e medie imprese, "probabilmente per la presenza della garanzia rappresentata dal patrimonio fondiario delle sue aziende", come nota Confagricoltura. I dati però non sono confortanti: dall'analisi del rapporto sofferenze e impieghi emerge comunque un graduale peggioramento della qualità del credito in agricoltura, dove si è passati dal 6,7% di dicembre 2010 all'8,3% di fine anno 2011.

"E' un trend negativo – continua Confagricoltura – che ci porta a considerare indispensabile, per garantire la competitività delle imprese, agire sui punti di debolezza del sistema ed in particolare sul credito, incidendo in maniera profonda ed innovativa sulla qualità dell'offerta e sui rapporti fra banca e impresa".

Coldiretti stima che siano sei su dieci le imprese agricole con difficoltà ad accedere al credito. Una situazione "particolarmente grave" perché, ricorda la Coldiretti, "il costo del denaro in agricoltura ha raggiunto il 6 per cento e risulta superiore del 30 per cento a quello medio del settore industriale".

Il settore agricolo ed agroalimentare rappresenta per il settore creditizio un universo da 43,5 miliardi di euro impiegati (stime Coldiretti).

La Cia ricorda che, accanto alla stretta creditizia, le imprese agricole scontano anche il peso eccessivo della burocrazia, che costa al comparto oltre 4 miliardi l'anno e innumerevoli giornate di lavoro, e l'aumento dei costi di produzione (soltanto il gasolio agricolo è raddoppiato in un anno con un onere aggiuntivo di oltre 5mila euro ad azienda), "non compensati da una parallela crescita dei prezzi sui campi, che restano non remunerativi".