L'economia agricola italiana ed europea sono periodicamente colpite da due accidenti: le catastrofi naturali - sempre meno straordinarie e sempre meno eccezionali - e le crisi di mercato. Queste ultime sono diventate sempre più ricorrenti e non sono sempre legate a elementi speculativi e momentanei: hanno l'aria di essere ormai strutturali.

 

E mentre per le catastrofi la Politica Agricola Comune negli anni ha sviluppato uno strumentario abbastanza adeguato per affrontarle, dalle assicurazioni incentivate fino al Fondo AgriCat passando per i fondi di mutualizzazione, anche se occorre ancora fare passi importanti per implementarlo al meglio, la copertura delle crisi di mercato è affidata solo ad una singola misura della Pac, per altro poco finanziata in Italia: gli strumenti di stabilizzazione del reddito.

 

Il tutto, mentre l'agricoltura europea vive a pieno titolo nel commercio internazionale, subendo la concorrenza di prodotti, agricolture e sistemi Paese profondamente diversi e per qualche verso più competitivi, almeno sul fronte dei prezzi. Sullo sfondo giace la crisi del multilateralismo: accordi internazionali a livello di Wto sull'agricoltura non ne sono stati sottoscritti da anni e vale di fatto - ormai da tempo - la via degli accordi bilaterali, quando ci sono, oppure della più totale assenza di regole.

 

Non a caso, nell'ultimo Consiglio Europeo, è stata annunciata la proposta relativa a norme per l'applicazione transfrontaliera della Direttiva sulle Pratiche Commerciali Sleali, che potrebbe significare l'introduzione di regole più stringenti sulle clausole di salvaguardia del mercato interno, in parte già esistenti nel sistema Ue ma inutilizzabili dai singoli Stati membri dell'Unione, e con una procedura centralizzata a livello di Commissione Ue molto complessa e lenta. Questo perché il rischio d'infrazione degli accordi sul commercio internazionale è molto elevato.

 

Ma il Regolamento che ne è la base giuridica, il 2019/287 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 febbraio 2019, presuppone l'applicazione delle clausole di salvaguardia lì dove esistano comunque accordi bilaterali di libero scambio e appare scritto soprattutto per il mondo dell'industria.

 

Intanto, continuano ad arrivare sui mercati europei arance dal Sud America, con tutti i rischi fitosanitari del caso, ma anche grano duro dalla Turchia, con ovvie ricadute negative sui prezzi dei prodotti italiani o comunque targati Ue.
In attesa di conoscere il testo che sarà proposto dalla Commissione Ue sull'applicazione transfrontaliera della Direttiva sulle Pratiche Commerciali Sleali, la situazione sul terreno è quella descritta dalle cronache di questi giorni.

 

In Puglia, al porto di Bari, ha attraccato ieri, 4 giugno 2024, una nave già respinta della Tunisia e contenente grano. Coldiretti lancia l'allarme, poco dopo il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, in una nota stampa ufficiale di ieri afferma: "Sulla nave mercantile ormeggiata a Bari sono prontamente scattate le verifiche delle Forze della Cabina di Regia dei controlli dell'agroalimentare del Masaf, con campionamenti e conseguenti analisi di laboratorio per verificare i corretti parametri sanitari. L'obiettivo è contrastare le pratiche commerciali sleali e sostenere la trasparenza nella filiera agroalimentare. Dobbiamo proteggere le nostre aziende e le remunerazioni degli agricoltori, tutelare le persone che acquistano e tenere alto il nome del made in Italy".

 

Lo sbarco di cereali durante la fase di mietitura preoccupa, teoricamente potrebbe attivare le clausole di salvaguardia, ma solo i controlli sanitari hanno un effetto immediato, per di più di segno non scontato. Su come proteggere meglio il reddito degli agricoltori, ecco le posizioni di alcune organizzazioni agricole italiane.

 

Coldiretti, condizionalità sui prodotti extra Ue

Coldiretti, in una nota diramata ieri, scrive: "Occorre fermare le importazioni sleali, introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell'Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno. Una concorrenza sleale che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole".

 

In pratica sui prodotti provenienti da oltre confine Ue dovrebbero gravare le norme della condizionalità ambientale e sociale che già pesano sui prodotti unionali. Una formulazione che però rinvia a norme e costi dei prodotti nei Paesi d'origine difficili da conoscere preventivamente ai fini di una valutazione.

 

Cia, serve politica di contenimento Ue

Per contrastare la concorrenza sleale anche internazionale esistono però anche strumenti nazionali, non a caso per il mercato dei cereali Cia chiede a gran forza l'entrata in funzione del Registro Telematico per il Grano (Granaio Italia), definito come uno strumento fondamentale per riportare trasparenza sui mercati cerealicoli. Più in generale sul tema della più equa distruzione del valore lunga la filiera agroalimentare, Cia ritiene che nessun produttore agricolo debba mai essere costretto a vendere sotto costo la sua merce.

 

Per il vicepresidente nazionale di Cia, Gennaro Sicolo, in particolare sui cereali "Non è pensabile andare avanti senza politiche di contenimento da parte dell'Europa". Anche perché quest'anno il raccolto sarà molto basso e alimenterà ancora di più esportazioni per supplire al deficit, ma se queste saranno a basso costo, saranno ancor più disincentivate le prossime semine di mais e frumento, sia tenero che duro.

 

Confagricoltura, la crisi del Wto

Più articolata la posizione della Confagricoltura, secondo la quale "Come primo esportatore mondiale di prodotti agroalimentari, la Ue ha tutto l'interesse che i mercati internazionali siano aperti e gestiti sulla base di norme multilaterali. Occorre, però, prendere atto che il sistema fondato sul Wto attraversa una fase di profonda crisi e un rilancio non si vede all'orizzonte".

 

L'organizzazione agricola sottolinea che dopo il fallimento del "Doha Round" nessuna intesa, neppure parziale, è stata raggiunta sull'agricoltura. Sono risultate inconciliabili, in particolare, le posizioni delle parti aderenti in materia di stock pubblici e controllo dei flussi commerciali a protezione dei mercati interni.

 

Alla luce di questa situazione di fatto, "la Commissione dovrebbe assumere una posizione realistica e dare il via libera, senza riserve, alla reciprocità delle regole. Il mercato europeo deve essere aperto solo ai prodotti ottenuti nel rispetto delle norme europee in materia di sicurezza alimentare, protezione dell'ambiente, tutela del lavoro e benessere degli animali" sottolinea Confagricoltura. Ma resta il dubbio: come fare a far accettare le regole Ue agli altri Paesi al di fuori di mercati unilaterali? L'unica via che resta è quella degli accordi bilaterali, spesso irta di difficoltà.

 

Altragricoltura, fuori l'agricoltura dal Wto

C'è poi chi ha la soluzione a prima vista più difficile da attuare, ma anche forse quella più coerente: tenere fuori i prodotti agricoli dagli accordi Wto e da quelli di libero scambio bilaterali. È questa in sintesi la posizione di Altragricoltura, secondo la quale occorre favorire "il cibo locale e di prossimità rispetto alle logiche di sviluppo fondate sull'import-export, poiché è necessario proteggere il diritto al cibo sano e all'ambiente salubre dei cittadini europei, che non può andare a scapito del reddito degli agricoltori del continente".

 

Un ritorno all'autosufficienza alimentare che prevede anche la costituzione di scorte statali per poter gestire i mercati. Tutto questo perché "La Sovranità Alimentare non è un marchio di fabbrica - spiega Gianni Fabbris, leader di Altragricoltura - ma è una pratica fatta di scelte politiche che vadano innanzitutto nella direzione della tutela dei diritti degli agricoltori e degli altri abitanti delle zone rurali, diritti universali sanciti dall'Onu, con la Dichiarazione dei Diritti dei Contadini e delle altre persone che vivono nelle aree rurali (Undrop) e fatte proprie da movimenti contadini e dei pescatori artigianali impegnati in tutto il mondo e in Europa".