Un fatturato che sfiora i 13 miliardi di euro, cresciuto negli ultimi quattro anni del 26,7% nonostante la contrazione del numero dei soci, scesi sotto quota 900. Segnale di una concentrazione delle attività che deriva da un salutare processo di aggregazione. Cresce di conseguenza il peso della grande impresa, delle cooperative di grandi dimensioni che pur rappresentando solo il 3,7% della base associativa, producono il 73,9% del fatturato. Questi i numeri della filiera zootecnica e lattiero casearia che si riconosce sotto i vessilli di Confcooperative Fedagri, così come si è presentata all'annuale assemblea dei soci, che si è tenuta a Bologna il 23 novembre. E la prossima assemblea, ha anticipato Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero caseario, avrà i simboli dell'Alleanza delle cooperative italiane, il progetto che vede riunite le centrali cooperative, i cui dettagli sono stati anticipati un anno fa da Agronotizie. Che non sia più tempo di divisioni nel mondo cooperativo lo impone il nuovo scenario dei mercati globali. Cresce la domanda mondiale di alimenti, e fra questi il latte e i formaggi, un'opportunità che le produzioni italiane faticano a cogliere per la nostra ridotta capacità commerciale, che prende origine, secondo Abrate, non solo dai maggiori costi di produzione, ma anche dal peso della burocrazia, una delle cui espressioni è il ritardo dei rimborsi Iva. La competitività delle nostre aziende è poi resa fragile dalla frammentazione delle nostre cooperative. Preoccupante il confronto con i big mondiali. Un esempio per tutti è quello di Fonterra, cooperativa neozelandese che da sola movimenta un quantitativo di latte doppio rispetto all'intera produzione italiana. Un esempio estremo, forse, ma emblematico delle forze in campo con le quali bisogna confrontarsi e che vedono nell'export una strada obbligata per la crescita, altrimenti impossibile a causa del calo dei consumi interni.

 

Dal latte alla carne

Riduzione dei consumi che riguarda in misura persino maggiore il settore delle carni ed anche in questo comparto il futuro è legato all'export, in particolare extra Ue. Lo ha evidenziato Giovanni Bettini, presidente del settore zootecnico di Fedagri Confcooperative, che si è detto convinto delle potenzialità del comparto per affrontare questa sfida. Ma non mancano elementi di criticità. Fra questi i costi di produzione per l'alimentazione, le difficoltà per l'accesso al credito, le normative ambientali e sul benessere animale, un insieme di fattori che finisce per comprimere il margine di redditività delle imprese e che accelera i processi di abbandono degli allevamenti. La cooperazione può dare una risposta in particolare a quest'ultimo problema per la sua capacità di organizzare i produttori nel rapporto con il mercato. I soci allevatori, ha ricordato Bettini, sono per lo più operatori con elevati livelli di imprenditorialità e con allevamenti consistenti. In più il forte legame con il territorio può rappresentare un'opportunità per valorizzare il prodotto.

 

La Pac che verrà

Il mondo della cooperazione ha dunque un proprio progetto per il latte e per la carne italiana, ma su entrambi questi settori pesano le decisioni che Bruxelles si appresta a prendere con la riforma della Pac e con la riduzione dei budget comunitari. Un'anticipazione sui prossimi scenari della politica agricola comunitaria l'ha fornita il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro (a destra nella foto, insieme a Maurizio Gardini).  Le distanze dei paesi membri e la mancanza, per il momento, di un punto di mediazione lascia presumere che si andrà a bilancio annuale, cosa che consentirà di superare il veto inglese, che non avrebbe accettato un taglio inferiore a ben 200 miliardi di euro. Ben oltre i 75, dunque, in discussione. E l'approvazione del bilancio annuale, ha ricordato De Castro, può avvenire a maggioranza qualificata, non occorrendo l'unanimità come richiesto per la programmazione pluriennale. Gli aiuti diretti resteranno dunque come prima, semmai maggiorati dell'inflazione. Il lavoro della Commissione, nel frattempo, andrà avanti proseguendo nella messa a punto delle controproposte rispetto al disegno di riforma presentato dal commissario europeo Dacian Ciolos. Il 23 e 24 gennaio si andrà al voto in Comagri e il dibattito terrà conto delle prospettive finanziarie. Con la recente proposta del presidente Herman Van Rompuy, i tagli alla Pac passerebbero da 25,5 miliardi di euro a circa 17. Per l'Italia significherebbe una perdita di 3 miliardi. Meglio rispetto all'ipotesi iniziale di un taglio di 4,5 miliardi, ma pur sempre un taglio drastico che peserebbe in misura sensibile sul settore. Ma queste cifre sono destinate a modificarsi ulteriormente. Intanto va preso atto di un importante mutamento nelle politiche di applicazione del “greening”. L'indirizzo dettato dal Commissario Ciolos, ha tenuto ad evidenziare De Castro, è stato superato dalle proposte del presidente Herman Van Rompuy, che nel suo documento prevede al punto 55 che “le misure di greening non devono aumentare la burocrazia degli stati membri che potranno applicarle con la flessibilità necessaria per evitare che rimangano fuori alcuni settori”. Una flessibilità alla quale Ciolos si era detto invece contrario. Ed è questa una novità che non mancherà di influenzare la riforma della Pac.

 

Il ruolo della cooperazione

Sono dunque molte le incertezze che pesano sulle produzioni di latte e carne, condizionate dall'evoluzione dei mercati e dalle scelte di politica agricola che la Ue si appresta a fare. Pur di fronte a questo scenario il presidente di Fedagri Confocooperative, Maurizio Gardini, si è detto certo, nel concludere l'assemblea, che le imprese che sapranno lavorare nel rispetto dei valori cooperativi e che sapranno aprirsi all'aggregazione, avranno maggiori possibilità di uscire indenni dalle difficoltà che stiamo vivendo.