Non c’è da stare allegri a guardare le mercuriali di queste ultime settimane. I prezzi di molte materie prime di interesse agricolo sono in caduta libera e non risparmiano nessun settore, anche se le maggiori preoccupazioni insistono, ancora una volta, sul settore zootecnico e su quello del latte in particolare. Ma andiamo con ordine e partiamo dai cereali, tutti o quasi in flessione. Retrocedono i prezzi del frumento tenero che nella settimana dal 17 al 23 novembre, come riferisce Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), ha perso un altro 1,73% di valore fermandosi a 172,02 euro tonnellata. Male anche il grano duro, sebbene con un calo meno vistoso (219.93 euro/tonn. -0.6%,). Colpisce soprattutto la distanza con le quotazioni di soli 12 mesi fa. Il frumento tenero ha perso il 34% e il duro è sceso del 50%. In pratica oggi le quotazioni sono le stesse, o anche meno, di quelle raggiunte nel 2006.

 

Cereali e dintorni

Situazione analoga anche per il mais con quotazioni in discesa (126,67 euro/tonn) e con un distacco del 43% rispetto ai prezzi dell'anno precedente. E c'è da fare i conti con gli aumenti dei costi di produzione che Ismea ha calcolato essere pari, in generale, ad un + 6,9%.
Segno meno anche per il riso che nell’ultima settimana ha perso quasi l’uno percento, fermandosi a quota 426.25 euro tonnellata. Il confronto con le quotazioni di un anno fa è però positivo e per molte varietà si supera anche il 50% di differenza.

Segnali negativi anche per le proteiche e le oleaginose. A guidare la classifica al ribasso è la soia con 313.00 euro/tonn (-1.16% rispetto a sette giorni prima), seguita dal girasole che si mantiene fermo a quota 237.50 euro/tonn. Anche in questo caso è il confronto con l’anno precedente ad offrire indicazioni più preoccupanti sull’andamento del settore. Il girasole quota oggi il 34% in meno rispetto ad un anno fa, mentre la soia segna un meno 16,87%. Un mercato, questo dei cereali e delle proteoleaginose, che può essere guardato con due ottiche diverse. Quella dell’imprenditore agricolo, che vede ridursi e di molto i margini di redditività delle colture e quella dell’imprenditore zootecnico, che vede questi prodotti come fattori di costo per le produzioni animali, e che dunque può guardare con favore queste contrazioni del mercato delle materie prime per l’alimentazione. Peccato che debba poi fare i conti con il mercato del latte, sempre più compresso dalla crisi dei formaggi grana mentre quello delle carni è vittima delle contrazioni del consumo.

 

La debacle dei formaggi

Vediamo cosa sta accadendo ai nostri principali formaggi Dop, Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Anche in questa ultima settimana le quotazioni riportate da Ismea per il Parmigiano Reggiano di 12 mesi fanno registrare una flessione, l’ennesima, con il prezzo che è sceso a quota 7.14 euro/kg. Un anno fa lo stesso kg di Parmigiano Reggiano quotava il 12% in più. Ancor peggio le “performance” del Grana Padano, le cui quotazioni (5.88 euro/kg) sono oggi più basse del 14% rispetto ad un anno fa. E poco conta che altri formaggi Dop, come il Taleggio fresco (4,35 euro/kg), o il Provolone maturo (5.25 euro/kg) possano vantare prezzi che rispetto ad un anno fa sono superiori del 2 o del 3%. A guidare il mercato sono infatti i formaggi grana, che assorbono da soli quasi la metà di tutta la produzione di latte italiano e al loro destino è inevitabilemente legato quello del prezzo del latte. Che a novembre è precipitato a 33,51 euro al quintale (latte spot, Lodi). Una situazione molto difficile a detta anche di Confagricoltura che ha affidato ad un comunicato il compito di sollecitare l'avvio del piano di sostegno al comparto lattiero caseario messo a punto dal Governo e che ha come nucleo centrale il ritiro dal mercato di 200 mila forme di formaggi grana da destinare alle persone indigenti.

 

Meglio, ma non troppo, le carni

Per il settore delle carni gli andamenti sono assai diversicati in funzione dei diversi comparti e comunque l'arrivo della stagione fredda rappresenta da sempre un periodo favorevole per la ripresa delle quotazioni. Stabili i prezzi dei vitelloni, poco sopra i 2 euro/kg, ma preoccupa il calo delle macellazioni che si registra da inizio anno, segno di una riduzione nel numero di capi allevati.

In ripresa il mercato dei conigli che dopo una lunga stagione di difficoltà possono finalmente tirare il fiato con quotazioni anche superiori ai 2 euro per kg. Anche il mercato avicolo continua ad essere sostenuto, con prezzi in leggera ripresa. Stabile anche il mercato dei suini da macello con quotazioni che fanno segnare aumenti, anche se modesti. Segno che il piano anti-crisi concordato con la filiera sta dando qualche frutto positivo. Miglioramenti anche per il settore delle carni ovine, ma i prezzi restano inferiori a quelli del 2007.

I segnali positivi sembrano dunque superare quelli di segno opposto, ma è presto per trarre delle conclusioni sull'andamento del settore carni. Il polso di questi mercati va misurato dopo il periodo delle festività di fine anno, dopo l'impennata dei consumi che caratterizza questa stagione.