A Bari, dal 22 al 24 ottobre 2024, si è tenuta Luv, la prima fiera europea interamente dedicata al settore dell'uva da tavola. Un evento tanto atteso dal comparto visto che l'Italia è al settimo posto per produzione di uva da tavola a livello mondiale, con Puglia e Sicilia come regioni più produttive.
A caratterizzare Luv è stata la "Table Grape Conference". Ben 70 ore di conferenze che hanno riunito aziende, agronomi e tecnici del settore. Sono state affrontate tematiche che hanno spaziato dall'importanza delle certificazioni Igp e Dop per valorizzare il territorio e i suoi prodotti, alle dinamiche di mercato e post raccolta, passando per innovazione varietale, packaging sostenibile e strategie di esportazione.
Molti esperti si sono concentrati in particolar modo sulle sfide che l'agricoltura moderna è chiamata ad affrontare e che si ricollegano ai concetti più ampi di sostenibilità e innovazione. Cambiamenti climatici, biodiversità, agricoltura rigenerativa e gestione dell'acqua sono infatti alcune delle parole chiave ricorrenti ai convegni di Luv Fiera.
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Il controllo degli stress abiotici in vigneto
Si è parlato di cambiamento climatico nel Sud Italia, di sempre meno acqua e sempre più caldo. Si tratta di stress abiotici che possono essere gestiti in un vigneto di uva da tavola mediante, per esempio, l'utilizzo dei biostimolanti cioè prodotti a base di sostanze o microrganismi in grado di stimolare lo sviluppo e la crescita delle piante coltivate e soprattutto di aumentare la loro resistenza agli stress.
Anche i sistemi di protezione possono dare una mano vista la loro continua evoluzione da semplici strumenti a vere e proprie tecnologie multifunzionali.
Perchè fare agricoltura rigenerativa?
Molto discussa anche l'agricoltura rigenerativa, che offre una soluzione per contrastare la perdita di fertilità. Si tratta di pratiche molto semplici, che tutti possono fare in campo e che oltre a portare dei grandi vantaggi ambientali possono mantenere alte le produzioni e far risparmiare l'agricoltore.
Uno dei problemi principali nei campi di uva da tavola, infatti, è la monocoltura spinta e il reimpianto senza che ci sia riposo del terreno o rotazione delle colture. In questo modo il terreno soffre molto, si stanca, perde fertilità e quindi sostanza organica e le malattie possono prendere il sopravvento perché le piante sono meno resistenti e in campo ci sono pochi organismi antagonisti.
La rigenerazione del suolo, attraverso pratiche come l'inerbimento, la riduzione delle lavorazioni e l'aumento della sostanza organica, è stata evidenziata come una strategia vincente per migliorare la struttura del terreno e la sua capacità di trattenere acqua, riducendo al contempo l'erosione e aumentando la biodiversità microbica e degli insetti utili.
Attenzione alla risorsa idrica
Anche la gestione dell'acqua è stato un tema molto seguito. Si è parlato di tecniche avanzate, come i sensori, per monitorare i parametri agroambientali e ottimizzare l'irrigazione, ma anche dell'utilizzo delle acque reflue. Superati i pregiudizi legati a questa risorsa idrica alternativa, è possibile dimostrare come possa offrire vantaggi sia in termini di risparmio idrico che di arricchimento nutritivo del terreno.
Si può anche produrre senza acqua, il segreto è cercare di accumularne il più possibile nel terreno partendo da una struttura del suolo più sana, capace di trattenere più acqua, e dalla riduzione delle perdite per evapotraspirazione dalla pianta o per traspirazione dal suolo.
Uno sguardo internazionale
A Luv, interessante è stato anche il confronto con esperienze internazionali, in particolare con gli esempi dei paesi del Sud America come Cile e Perù, anche loro importanti produttori ed esportatori di uva da tavola. È stata citata, per esempio, la calicata. Si tratta di una pratica agronomica che, mediante la creazione di trincee in campo, permette di studiare direttamente il profilo del suolo e lo sviluppo delle radici, aiutando a identificare problemi come la compattazione o la carenza di nutrienti.
Il futuro dell'uva da tavola
Un aspetto centrale emerso dalle discussioni è stato lo stimolo a cambiare prospettiva nella gestione dei vigneti: non devono più essere visti come singole unità isolate, ma come parte di un agroecosistema complesso, dove ogni elemento, dal suolo agli organismi che lo abitano, interagisce in modo interdipendente. Per garantire la produttività e la sostenibilità del vigneto è quindi essenziale un approccio in grado di considerare l'intero ecosistema agricolo e non solo i singoli fattori di produzione.
Luv ha rappresentato non solo una vetrina per le aziende del settore, ma anche un luogo dove approfondire le pratiche agronomiche che saranno alla base del futuro dell'uva da tavola. Un futuro in cui innovazione e sostenibilità dovranno essere alla base della competitività e della resilienza del settore.
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