È stato appena pubblicato su Nature, la più prestigiosa rivista scientifica del mondo inseme a Science, un articolo sugli effetti dei fitofarmaci e dei sistemi agricoli sui bombi a livello europeo.
L'articolo, intitolato "Pesticide use negatively affects bumble bees across European landscapes" - "l'uso dei fitosanitari influisce negativamente sui bombi negli ambienti europei" - riporta alcuni risultati del progetto di ricerca PoshBee, di cui abbiamo già parlato su AgroNotizie®, e a cui hanno preso parte anche i ricercatori italiani del Crea - Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente.
Così abbiamo intervistato Cecilia Costa, Piotr Medrzycki e Gennaro Di Prisco, per parlare di questi risultati e per cercare di approfondire la questione dei rischi dei trattamenti fitosanitari verso questi impollinatori.
Dottoressa Costa, come è stato fatto questo studio?
"Lo studio è stato svolto ponendo colonie di bombi (Bombus terrestris) nei pressi di campi di colza o meleti nel periodo delle relative fioriture (circa 40 giorni, nella primavera del 2019). Su queste colonie sono state effettuate misure relative al loro sviluppo (peso iniziale e peso finale dell'intera colonia) e alla loro riproduzione (numero di regine a fine prova, quantità di covata) e svolte analisi per rilevare eventuale presenza di agrofarmaci (ricercati 267 principi attivi) nel polline stoccato all'interno delle colonie nel periodo in cui le colonie sono state poste in campo.
Per ogni sito è stato calcolato un indice di rischio da agrofarmaci basato sul numero, la concentrazione e la tossicità degli agrofarmaci rilevati. Sono state monitorate più di 300 colonie di bombi posizionate in circa 100 siti distribuiti in 8 paesi europei, tra cui l'Italia".
Quali sono gli effetti negativi che sono stati rilevati sui bombi?
"Quello che è stato osservato in questo studio è che nei siti con rischio da agrofarmaci più alto la crescita e la riproduzione delle colonie erano più basse rispetto ai siti in cui il rischio era più basso (ovvero, con minor numero, concentrazione e tossicità degli agrofarmaci). È stato osservato che nei siti con maggiori risorse nutritive per i bombi, ovvero nei campi di colza (più nettariferi rispetto ai meleti) e nei siti posizionati in ambienti con minor presenza di colture (e quindi con maggiore flora spontanea) si rilevavano minori effetti avversi sulle colonie, suggerendo che l'effetto negativo degli agrofarmaci sullo sviluppo e la riproduzione dei bombi può essere mitigato dallo stato nutrizionale delle colonie".
Quali fitofarmaci sono stati ritrovati e quali sono stati quelli considerabili più pericolosi?
"Il 95% dei campioni di polline conteneva più di un principio attivo, con un maggior numero di principi attivi ritrovati nei campioni provenienti dai meleti rispetto a quelli dai campi di colza. In termini di concentrazione, i fungicidi rappresentavano circa l'80% del totale dei residui, ma gli insetticidi rappresentavano la maggior parte del rischio, a causa della loro tossicità per i bombi. La maggior parte del rischio è ascrivibile a 9 principi attivi insetticidi, che includono i noti imidacloprid e indoxacarb (autorizzazione all'uso revocata nell'Ue nel 2022), oltre a piretroidi (etofenprox, deltametrina, ciflutrin) ed organofosfati (dimetoato, clorpirifos-etile e clorpirifos-metile)".
In che concentrazione sono stati ritrovati questi principi attivi? Sono dosi che, per quanto si può sapere da altri studi, sono in grado di provocare un danno ai bombi?
"Alcuni dei principi attivi sono stati rilevati a concentrazioni sull'ordine di grandezza della tossicità acuta o solo un ordine sotto. Ricordiamo però tre questioni che rendono i risultati più preoccupanti di quanto sembrerebbe. In primis, grazie al fenomeno della degradazione degli agrofarmaci nel tempo, le concentrazioni che troviamo nel polline raccolto sono sicuramente più basse di quelle presenti nel momento in cui i bombi hanno raccolto il polline contaminato. Inoltre, il calcolo adottato nel nostro lavoro, per mancanza di dati attendibili, ignora completamente la possibilità che due o più principi attivi possano agire in modo sinergico, moltiplicando così gli effetti nocivi.
Infine, per la mancanza di dati disponibili in letteratura, la pericolosità degli agrofarmaci è stata calcolata sulla base della loro tossicità nei confronti delle api da miele. In funzione del fitofarmaco i bombi potrebbero essere più o meno suscettibili delle api. Riassumendo, i dati sono preoccupanti".
Dottor Medrzycki, questi fitofarmaci sono pericolosi di per sé o la loro pericolosità varia a seconda dell'utilizzo? E nel caso come?
"Se un agrofarmaco è tossico nei confronti degli organismi utili, sarà impossibile renderlo completamente innocuo attraverso il rispetto delle prescrizioni di legge (norme indicate sull'etichetta). Tuttavia il livello della pericolosità di tutti i fitosanitari può dipendere dalla modalità di utilizzo e la coltura interessata. È ovvio anche che gli errori nell'applicazione (per esempio il trattamento in presenza di fiori, con il vento, ecc.) possono aggravare la pericolosità ambientale di tali principi attivi.
Occorre anche chiarire che ogni sostanza xenobiotica dovrebbe essere considerata potenzialmente pericolosa. Quando non abbiamo rilevato effetti negativi su un determinato organismo, non significa necessariamente che la sostanza sia sicura. Infatti a volte gli effetti negativi possono essere scoperti anni dopo la messa sul mercato".
Da sinistra: Gennaro Di Prisco, Cecilia Costa e Piotr Medrzycki del Crea
Dottoressa Costa, i fitofarmaci ritrovati sono quelli usati nelle coltivazioni di mele e di colza, o sono stati ritrovati anche altri principi attivi?
"I principi attivi maggiormente presenti erano fungicidi, e ne sono stati trovati in maggior numero nei siti posti nei meleti, che notoriamente hanno bisogno di protezione per malattie fungine quali la ticchiolatura, ma anche di protezione contro insetti, soprattutto lepidotteri. I principi attivi trovati non sono specifici per singola coltura. Per esempio, il clorpirifos è ampiamente usato a livello mondiale in praticamente tutte le colture".
Dottor Di Prisco, le modalità di coltivazione e il tipo di paesaggio agrario influiscono sulla salute dei bombi?
"Decisamente sì, il tipo di tecnica colturale che implica l'uso di agrofarmaci potrebbe far veicolare tali sostanze alle colonie attraverso il polline che resta una delle vie principali di ingresso e diffusione. Tuttavia, per la corretta e reale valutazione del rischio c'è da considerare l'effettivo contatto con gli insetti oltre al fatto che non tutte le colture necessitano dello stesso input di agrofarmaci. Nel nostro caso il meleto richiede un quantitativo maggiore di agrofarmaci rispetto alla colza. Anche il tipo di paesaggio può influire sulla salute dei bombi in quanto la presenza di un paesaggio eterogeneo e non troppo semplificato in termini di tipi di colture e piante spontanee assicurerebbe la disponibilità costante di pollini di adeguato valore nutrizionale per le colonie di questi impollinatori".
Sono state valutate anche coltivazioni biologiche? E sono state osservate differenze rispetto alle colture convenzionali?
"Sì, la scelta delle postazioni è stata fatta considerando la copertura vegetale in un buffer di 1-3 chilometri di raggio in modo da ottenere un gradiente crescente di naturalità e quindi di presenza di colture agricole. In Italia, nella scelta dei siti di monitoraggio, in accordo con Coldiretti e le associate Assomela e Apot, partner del progetto, è stato considerato il tipo di gestione aziendale per confrontare le aziende biologiche e convenzionali. Tuttavia, questo non è stato fatto in tutti i paesi e nell'articolo in questione non è stato fatto un confronto tra le diverse modalità di conduzione (convenzionale o bio), ma è stato invece valutato l'effetto degli agrofarmaci in base alla presenza di colture agricole versus vegetazione spontanea".
Dottor Medrzycki, questi risultati, come avete scritto nell'articolo, saranno importanti anche per la revisione delle norme per l'autorizzazione dei fitofarmaci a cui sta lavorando l'Efsa. In che modo?
"Efsa ha già preparato una linea guida aggiornata per la valutazione del rischio di fitofarmaci nei confronti degli impollinatori. Questo documento impone gli studi ecotossicologici anche sugli apoidei diversi dall'ape da miele, finora l'unico impollinatore obbligatoriamente testato. Ci auspichiamo che entro il 2024 la Commissione Europea finalmente completerà l'iter legislativo per rendere tale linea guida un documento vincolante. Gli studi sugli effetti degli agrofarmaci sui bombi e sulle api solitarie saranno quindi di fondamentale importanza per la revisione delle autorizzazioni all'uso e per la registrazione di nuovi principi attivi. Sarebbe opportuno condurre tali studi anche prima dell'entrata in vigore della nuova legge in modo da agevolare il summenzionato processo di revisione".
Dottor Di Prisco, i bombi che avete usato sono colonie della specie Bombus terrestris prodotte da biofabbriche e allevati in arniette artificiali. Possono essere paragonati alle colonie presenti nell'ambiente? E si possono trarre conclusioni su altre specie di bombi o di altri apoidei?
"Le colonie di bombi sono state acquistate tutte da una biofabbrica specializzata (Bioplanet Soc. Agr. srl) avendo cura di verificare l'effettiva omogeneità di popolazione all'inizio degli esperimenti. La specie utilizzata è il Bombus terrestris L. che appartiene alla fauna europea e, quindi, verosimilmente paragonabile alle colonie selvatiche della stessa specie. Per altri apoidei non possiamo trarre conclusioni definitive perché parliamo di un gruppo di circa 2mila specie europee di apoidei con bioetologia molto varia. Tuttavia, è altamente probabile che entrando in contatto con il polline presente nell'ambiente possano risentire degli effetti, sovente subletali, di sostanze tossiche presenti".
Cosa si può concludere al momento da questo lavoro?
"Questo studio, con la sua ampia dimensione geografica (ha interessato le tre aree climatiche previste a livello europeo per la registrazione dei fitosanitari) fornisce una importante evidenza dell'impatto dei prodotti agrochimici sulla salute degli impollinatori e mostra che sono necessari azioni immediate.
Per salvaguardare la salute degli impollinatori e la biodiversità i governi di tutto il mondo devono sostenere la gestione integrata dei parassiti nei sistemi agricoli e la conseguente riduzione dell'uso di agrofarmaci. Infatti, i dati di questo studio ci mostrano come i bombi si comportano quando usiamo meno fitosanitari, ovvero producendo circa il 50% in più di prole. Abbiamo usato queste colonie 'più sane' per generare un valore di riferimento (peso della colonia) e abbiamo osservato che il 60% delle colonie di bombi usate nell'esperimento non raggiungerebbe uno degli obiettivi di protezione degli impollinatori proposti proposti dall'Efsa nel 2022 (diminuzione del peso della colonia entro il 10%).
In conclusione, con questo studio possiamo affermare che gli impollinatori incontrano diversi fitosanitari nei paesaggi agricoli, a livelli che riducono il loro successo sul campo. Inoltre, nei paesaggi con meno habitat naturale gli effetti dannosi degli agrofarmaci sono maggiori. Dunque il nostro lavoro indica come sia fondamentale per la registrazione dei fitosanitari la valutazione del rischio basata anche sul paesaggio e il monitoraggio post approvazione dell'esposizione e degli effetti degli agrofarmaci sulle api e gli altri impollinatori".