La mosca dell'olivo (Bactrocera oleae) è un insetto parassita obbligato dell'olivo (Olea europaea) in grado di arrecare seri danni alle produzioni di olive sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, sia nell'olivicoltura da mensa che da olio.
Dalla fase di indurimento del nocciolo in poi la mosca inserisce, grazie al suo stiletto ovidepositore, un uovo al di sotto dell'epidermide del frutto. Dopo alcuni giorni, il cui numero dipende dalle condizioni ambientali, l'uovo si schiude e la larva che ne fuoriesce si sviluppa nutrendosi della polpa della drupa.
La scelta del sito di ovideposizione
B. oleae è tuttavia molto selettiva nella selezione dei frutti dove deporre il proprio uovo. Una molteplicità di studi ha dimostrato che nell'avvicinamento alla drupa la mosca compie un preciso rituale volto a saggiare la qualità del sito di ovideposizione. L'insetto valuta infatti il colore del frutto, l'odore e la consistenza. E solo a certe condizioni avviene la deposizione.
Questo è il motivo per il quale, ad esempio, le piante vengono trattate con le polveri di roccia, che imbrattando la coltura mascherano i frutti rendendoli non appetibili alla mosca. Oppure è il motivo per il quale si tratta con il rame, una sostanza battericida che ha un effetto repellente poiché uccidendo i batteri simbionti di B. oleae riduce la vitalità larvale.
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Il ruolo dello stress idrico nella difesa dell'ulivo
Anche l'irrigazione può però giocare un ruolo nella difesa dell'ulivo dalla mosca. Esperienze di campo condotte presso l'Azienda Podere Vignanova, a Castagneto Carducci (Li), in Toscana, hanno infatti dimostrato che uno stress idrico controllato porta ad un leggero avvizzimento delle olive che le rende poco attrattive per la mosca.
"Perdendo di turgidità il frutto è meno suscettibile alla deposizione per la mosca, che trova più difficile penetrare la polpa per inserirvi il proprio uovo", spiega Paolo Granchi, responsabile agronomico della Cooperativa Terre Dell'Etruria. "Gli stress idrici sono stati indotti nei periodi in cui i nostri modelli ci indicavano una pressione consistente del fitofago, ad esempio nel mese di luglio e poi nei mesi di settembre e ottobre".
La linea fucsia rappresenta lo stress idrico della pianta, quella verde invece la disponibilità di acqua nel suolo. Come si vede sono stati indotti diversi periodi di stress idrico controllato per difendere gli olivi dalla mosca
Presso l'Azienda Podere Vignanova sono stati installati dei sensori di umidità del suolo in grado di valutare la disponibilità di acqua per le piante. Se di norma l'impianto di irrigazione veniva attivato quando la disponibilità idrica scendeva sotto una certa soglia, in concomitanza dei periodi di maggiore pressione di Bactrocera oleae l'impianto restava fermo e si lasciava che la pianta entrasse in uno stato di stress controllato.
L'operazione è stata ripetuta più volte nel corso dell'anno, in concomitanza dei periodi di maggior rischio sanitario. E poi anche nel mese di agosto, per spingere la pianta a produrre una quantità maggiore di polifenoli.
"L'induzione di uno stress idrico controllato si è dimostrato un valido strumento per rafforzare i programmi di difesa e inoltre ha contribuito a migliorare la qualità dell'olio prodotto. È indispensabile tuttavia che l'olivicoltore monitori attentamente la situazione per evitare che lo stress sia eccessivo", sottolinea Granchi. "Altresì è evidente che questa metodologia può essere applicata solamente nel caso in cui la stagione si presenti avara di piogge efficaci, in caso contrario è ovviamente impossibile indurre uno stress".
La difesa si arricchisce di un nuovo strumento
L'esperienza condotta presso l'Azienda Agricola Podere Vignanova e coordinata da Terre dell'Etruria rappresenta un interessante spunto di riflessione per tutti quegli olivicoltori che hanno a disposizione un impianto di irrigazione da sfruttare come strumento di prevenzione della dannosità della mosca.
È evidente infatti che dopo l'addio al dimetoato le strategie di difesa non possono più basarsi esclusivamente su trattamenti insetticidi, ma devono comporsi di differenti strumenti tecnico agronomici per riuscire a portare in frantoio olive sane e in quantità.
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"Sfruttando lo stress idrico controllato, utilizzando le polveri di roccia e le trappole di cattura massale, lo scorso anno siamo riusciti ad ottenere ottime produzioni, pari a 150 quintali di olive ad ettaro, con una resa intorno al 16% è un'acidità libera che in certe partite è stata pari a zero. Risultati eccezionali che sono stati possibili certamente grazie ad un andamento stagionale favorevole, ma anche grazie ad una difesa attenta, che ha permesso anche di ottimizzare l'impiego dell'acqua e di ridurre i consumi energetici", racconta con soddisfazione Marco Falzo, titolare dell'Azienda Agricola Podere Vignanova.