Presente in tutto il bacino del Mediterraneo, la rogna dell'olivo è causata da un batterio, denominato Pseudomonas savastanoi pv savastanoi, che penetra nei tessuti vegetali attraverso le ferite causate da grandine e gelo, ma anche attraverso i tagli di potatura o le lesioni causate dalla pratica dell'abbacchiatura.
Il batterio una volta penetrato nella pianta si moltiplica e si diffonde, causando i ben visibili cancri, formazioni legnose, contenenti le comunità batteriche, che in certe condizioni si fessurano lasciando fuoriuscire un liquido ricco di microrganismi.
Nell'olivicoltura moderna il principale metodo di diffusione di P. savastanoi è tramite gli strumenti impiegati per la potatura delle piante. Per questo è essenziale seguire cinque semplici regole elencate in un precedente articolo per limitare il contagio. Ad oggi non esistono cure, ma solo strumenti di prevenzione. Tuttavia nella lotta contro la rogna dell'olivo la ricerca sta facendo passi avanti e un interessante studio pubblicato lo scorso agosto da un gruppo di ricerca portoghese ipotizza l'impiego di batteri per il biocontrollo della rogna dell'olivo.
Il biocontrollo della rogna dell'olivo
Per biocontrollo si intende la capacità di alcuni microrganismi di uccidere o inibire lo sviluppo di altri microrganismi, questa volta patogeni. Già oggi esistono sul mercato diversi agrofarmaci registrati che sono in grado di bloccare lo sviluppo di funghi grazie proprio all'azione di batteri antagonisti.Il gruppo di ricercatori portoghesi si è dunque chiesto se esistono in natura batteri in grado di devitalizzare o inibire lo sviluppo di P. savastanoi. E per farlo hanno analizzato la superficie e l'interno di foglie, rami e cancri appartenenti a due cultivar di olivo diversamente suscettibili alla rogna (Cobrancosa e Verdeal Transmontana).
In laboratorio sono state dunque isolate sessanta 'specie' di batteri che sono poi stati moltiplicati in vitro per studiare la loro capacità di contrastare la moltiplicazione di P. savastanoi. I microrganismi più promettenti, in tutto ventisette, sono poi stati utilizzati per effettuare dei test su alcune piante di olivo cresciute in vaso.
A questo link è possibile leggere lo studio condotto da Diogo Mina, José Alberto Pereira, Teresa Lino-Neto e Paula Baptista. Sintetizzando possiamo dire che il ceppo denominato P41 di Bacillus amyloliquefaciens ha dimostrato le maggiori capacità di inibire lo sviluppo della rogna dell'olivo grazie alla produzione di metaboliti in grado di uccidere o frenare lo sviluppo dei batteri.
Questo batterio è stato in grado di ridurre significativamente la gravità della malattia (43,7%), il peso dei cancri (55,4%) e la popolazione di P. savastanoi (26,8%). Non solo, l'azione stimolante del ceppo P41 di B. amyloliquefaciens ha anche portato ad un aumento del peso secco dei germogli (55%) e del contenuto di acqua delle radici (39,6%) di piante malate di rogna.
Sviluppi futuri nella difesa dalla rogna dell'olivo
La scoperta fatta dai ricercatori portoghesi è di sicuro interesse e solleva delle speranze nella difesa degli olivi dalla rogna. Eppure siamo ancora molto distanti da vedere impiegato il ceppo P41 di B. amyloliquefaciens in campo. Da un lato infatti deve essere ancora studiata l'efficacia di questo batterio, anche nelle condizioni di pieno campo, dall'altro bisogna trasformare un essere vivente in un agrofarmaco registrato e utilizzabile dagli agricoltori.I primi test rivelano infatti il ruolo antagonista del ceppo P41, ma non sono sufficienti a stabilire se sia davvero efficace nel prevenire o curare la rogna. E questo è il secondo aspetto. Oggi la rogna si diffonde principalmente attraverso le lame degli attrezzi utilizzati per la potatura che passando da una pianta infetta ad una sana allargano il contagio. Per evitarlo basterebbe sanificare gli attrezzi (ad esempio con un prodotto a base di ossicloruro di rame) tra una pianta e l'altra. Cosa che però solo saltuariamente viene fatta per motivi di tempo e praticità.
Dunque utilizzare un batterio per prevenire il contagio sarebbe sostanzialmente inutile, visto che già ci sono dei prodotti di chimica di sintesi efficaci al 100%. Altra cosa sarebbe se il biocontrollo riuscisse a curare le piante malate o ad attenuare i sintomi della malattia. In quel caso ci troveremmo davanti ad una vera svolta perché in questo modo anche olivi compromessi o agli stadi iniziali di infezione potrebbero tornare produttivi.