Il diserbo viene fatto utilizzando prodotti chimici oppure attraverso mezzi meccanici, come lavorazioni superficiali del terreno. Operazioni che comportano un onere dal punto di vista economico dovuto all'acquisto di prodotti ad azione erbicida e di gasolio per entrare in campo con il trattore. Una alternativa al diserbo meccanico e chimico è rappresentata da quello animale.
"Abbiamo studiato l'impatto che una popolazione di oche ha avuto sullo sviluppo delle infestanti in vigna e siamo arrivati alla conclusione che con i dovuti accorgimenti possono sostituire le pratiche tradizionali di diserbo", spiega ad AgroNotizie Cesare Castellini, professore del dipartimento di Scienze agrarie dell'Università degli studi di Perugia, che sta studiando le pratiche di agroforestry, la convivenza cioè su un medesimo sito produttivo di coltivazioni e allevamento.
Lo studio è stato portato avanti all'interno dell'azienda agricola con indirizzo biologico e biodinamico Di Fillippo, a Cannara, in Umbria. Le oche, per una popolazione di 100-150 esemplari, sono state liberate ad aprile e sono state lasciate in vigna fino a settembre. "L'oca è un animale erbivoro che pascola efficacemente il tappeto erboso della vigna, contenendo lo sviluppo delle infestanti. Inoltre con le sue deiezioni contribuisce a concimare il terreno e a fine anno l'agricoltore, oltre all'uva, può vendere anche gli animali".
I benefici sono chiari: il viticoltore ottiene un diserbo che è equiparato, assicura Castellini, a quello ottenuto con mezzi meccanici o chimici, senza sostenere quasi alcun costo, se non quello dell'acquisto degli animali. Si ha dunque un controllo delle malerbe, una fertilizzazione del suolo e una riduzione del compattamento del terreno causata dal passaggio del trattore (che comunque deve entrare in vigna per i trattamenti).
Oche al pascolo
(Fonte foto: azienda agricola Di Filippo)
Gli aspetti negativi riguardano soprattutto la gestione degli animali. "Questa è una soluzione che non va bene per tutte le aziende, ma si sposa ottimamente con la sensibilità di quei vignaioli che puntano sulla sostenibilità delle produzioni", ammette Castellini. "Gli animali vanno gestiti, non basta liberarli in vigna. Bisogna fornirgli riparo e una integrazione all'alimentazione, oltre a proteggerli dai predatori".
Già, perché le nostre campagne si stanno facendo sempre più pericolose per gli animali da allevamento. Volpi, gatti selvatici, faine fino ad arrivare ai lupi sono attirati dalla presenza delle oche e possono farne strage. Per questo le vigne devono essere circondate con una rete, di quelle che ad esempio si usano per tenere lontani gli ungulati. Un costo non da poco.
I ripari che poi bisogna fornire alle oche, animali rustici che non necessitano di particolari cure, devono essere spostati spesso di posizione, per evitare che si formino arre sovrasfruttate. Idem per i punti di abbeveraggio, attorno ai quali gli animali si concentrano.
Infine, se da un lato l'oca non è attratta particolarmente dall'uva matura, è invece ghiotta dei germogli. Bisogna dunque prestare attenzione a liberare gli animali in vigna al momento giusto, quando i germogli hanno già iniziato la lignificazione e sono meno appetibili.
Al di là dell'efficacia delle oche (o dei polli negli uliveti) di diserbare il terreno, i principi dell'agroforestry si sposano solamente con alcune tipologie di aziende agricole che puntano molto sui concetti di sostenibilità e naturalezza delle produzioni. E' indubbio che all'occhio del consumatore moderno l'idea di bere un vino prodotto in una vigna che utilizza le oche per diserbare è affascinante. E porta il wine lover a spendere anche qualcosa di più per essere parte di questa esperienza.