Secondo il commissario europeo per la Salute e la politica dei consumatori, Vytenis Andriukaitis, "c'è ampia convergenza tra la comunità scientifica europea e internazionale sul fatto che il glifosate non è cancerogeno". Ma l'erbicida più utilizzato al mondo resta al centro del dibattito istituzionale. Ad animare lo scambio di opinioni, a Strasburgo, durante l'assemblea plenaria del Parlamento europeo, non è soltanto l'opportunità di rinnovare l'approvazione dell'Unione europea all'utilizzo di questa sostanza ma anche la richiesta di poter disporre di "studi indipendenti" sulla materia.
 

Restano dubbi sulla sicurezza

A presentare l'interrogazione orale sul glifosate e sulla procedura di autorizzazione è stata l'eurodeputata maltese Miriam Dalli del gruppo dell'Alleanza progressista di socialisti e democratici (vale a dire lo stesso di cui fanno parte gli europarlamentari Pd). "Ci sono molti dubbi riguardo alla sicurezza di questa sostanza", ha denunciato.

"Il glifosate - ha attaccato - sembra essere un buon esempio di come la mancanza di trasparenza in quanto alle prove scientifiche che sottolineano le decisioni importanti sulla salute pubblica possono finire con l'erodere la fiducia pubblica e suscitare gravi preoccupazioni".
Dalli ha poi invitato la Commissione a promuovere e sostenere il settore agricolo "di modo che i nostri agricoltori possano effettivamente passare ad un agricoltura senza glifosate".
 

"Il glifosate non è cancerogeno: ampia convergenza della comunità scientifica"

Il 15 marzo 2017 il comitato di Echa ha concluso che il glifosate non viene classificato come cancerogeno. Il commissario europeo per la Salute e la politica dei consumatori, Andriukaitis, ad ogni modo, assicura di tenere "gli occhi aperti su quello che succede nell'opinione pubblica. Vogliamo andare avanti mantenendoci su solide basi scientifiche. Tutti i nostri documenti una volta completati verranno resi pubblici".
 

"Ripensare l'intero sistema regolatorio"

Per Piernicola Pedicini, europarlamentare del Movimento 5 stelle, trasparenza e accesso alle informazioni sono "diritti non negoziabili. Perciò troviamo sconvolgente che la pericolosità di un prodotto come il glifosate debba essere valutata sulla base di esperimenti scientifici della stessa industria che produce il glifosate".
E rilancia: "noi crediamo che l'intero sistema regolatorio debba essere modificato e ripensato perché non sarà mai possibile avere studi indipendenti fino a quando sarà l'industria stessa a finanziare questi studi. E non stiamo parlando soltanto di erbicidi, ma anche di mangimi animali, di carne, di latte, di prodotti derivati dal latte".
 

Dubbi sul "dopo"

L'eurodeputata Eleonora Evi, invece, ha domandato al commissario se non ritenga "che sia più corretto utilizzare per le valutazioni scientifiche solo ed esclusivamente gli studi pubblicati e sottoposti alla revisione dei pari per fare una valutazione scientifica da parte delle istituzioni europee e quindi autorizzare sul mercato un prodotto pericoloso come il glifosate".
Evi ha anche auspicato che "nel momento in cui il glifosate dovesse essere bandito" non vengano introdotte "altre sostanze più tossiche, più pericolose".
 

Possibilità di un rinnovo ultradecennale dell'autorizzazione di questo principio attivo

Nicola Caputo, eurodeputato del Partito democratico, rivela che "da settimane filtrano indiscrezioni sulla possibilità di un rinnovo ultradecennale dell'autorizzazione di questo principio attivo mentre decine di campagne per la sua messa al bando sono già partite in tutti gli Stati europei. Quando è in gioco la salute pubblica, la trasparenza e la disponibilità di studi scientifici credibili rivestono la massima importanza e l'Unione europea ha il dovere di rispondere in maniera adeguata alle legittime preoccupazioni di milioni di consumatori".