Anche i microrganismi, come funghi e batteri, sono in competizione tra di loro per cibo e spazio vitale. Partendo da questo principio Pioneer e Università Cattolica hanno sviluppato una ricerca per combattere i funghi responsabili della presenza di micotossine nel mais mettendo in competizione ceppi tossici con quelli atossici.

Il problema delle micotossine è sempre più diffuso nel Nord dell'Italia. La Pianura padana, a causa del ristagno di aria e dei cambiamenti climatici, è diventata l'ambiente ideale per lo sviluppo della piralide del mais e dei funghi.
Le aflatossine sono un problema serio: economico per gli agricoltori e di salute pubblica. Le micotossine infatti sono sostanze cancerogene che possono entrare nell'alimentazione umana attraverso il latte proveniente da vacche nutrite con insilato contaminato.
Nei casi più gravi si può arrivare al sequestro del raccolto. Sopra una certa soglia infatti il mais può essere usato solo nei biodigestori per produrre energia, con un danno economico per l'agricoltore ingente.

La soluzione che abbiamo messo a punto insieme all'Università Cattolica di Piacenza risolve il problema all'origine grazie ad un contrasto biologico efficace dei funghi aflatossici”, spiega ad AgroNotizie Matteo Piombino, direttore marketing di Pioneer.
L'idea è quella di introdurre in un campo di mais un ceppo di Aspergillus flavus non tossico, ma molto resistente e competitivo. Questo ceppo entra in competizione con quelli che producono aflatossine limitandone fortemente lo sviluppo”.

Di ceppi di Aspergillus ce ne sono infatti più di 150 e solo alcuni sono micotossici. Il lavoro dell'Università Cattolica è stato proprio quello di selezionare e studiare i vari ceppi, andando ad individuare quelli non tossici ma che risultano molto competitivi, in modo che prevalgano sugli altri. Il tutto nel rispetto delle caratteristiche del territorio.
Gli studi sono stati fatti su funghi già presenti nei campi del Nord Italia, in modo da non introdurre ceppi esterni.

Ma come funziona in pratica questo metodo di lotta? Al maidicoltore vengono forniti dei semi di sorgo devitalizzati (che quindi non possono germogliare) contaminati dal ceppo atossico dell'Aspergillus (il MUCL54911). Questi devono poi essere distribuiti sul campo con un semplice spandiconcime (con il rateo chiuso per spargere 25 chili ad ettaro) nel periodo successivo alla sarchiatura e fino a 15 giorni prima della fioritura.

Eventuali piogge, se non eccessivamente abbondanti, non influiscono sull'efficacia del prodotto, ma si consiglia di non allagare il campo subito dopo l'applicazione per evitare che i semi si concentrino in una sola zona. Inoltre non bisogna lavorare il terreno per qualche giorno per evitare di interrare i semi di sorgo inoculati.
Quando le condizioni ambientali sono favorevoli il fungo fiorisce e diffonde le sue spore nel terreno andando dunque a 'occupare' gli spazi vitali dei ceppi tossici e limitandone lo sviluppo.

Il prodotto della Pioneer è già sul mercato e si chiama AF-X1. Il costo del trattamento, fanno sapere dall'azienda, è di circa 65 euro ad ettaro e i risultati sono molto incoraggianti. Nelle prove in campo condotte dal 2012 ad oggi c'è stato un abbattimento della presenza di aflatossine sempre superiore all'85%.

Il prodotto per ora è in fase di autorizzazione per l'alimentazione umana, mentre per la zootecnia è già utilizzabile. Bisogna però prestare attenzione al fatto che il mais trattato con l'AF-X1 non può essere controllato con le normali lampade a fluorescenza che si limitano a rilevare la presenza del fungo, senza distinguere tra ceppi tossici o atossici. 


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