“Siamo alla canna… per il biogas”. Non è un’espressione ironica, ma il risultato di una ricerca condotta dal Land Lab (Agricoltura, ambiente, territorio) dell’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che ha dimostrato come la biomassa della canna, proprio la canna comune, possa dimostrarsi un’eccellente soluzione per produrre biogas a basso impatto ambientale e questa conclusione si è meritata la pubblicazione sulla rivista scientifica Bioresource Technology (G. Ragaglini 152: 107-115).

Durante recenti analisi effettuate al Centro di ricerca interuniversitario biomasse da energia, Cribe, di San Piero a Grado (Pisa) la canna ha fatto registrare un’elevata capacità di produrre metano, in particolare se soggetta al doppio raccolto durante l’anno e può quindi costituire un’interessante alternativa all’impiego del mais, coltura annuale molto usata nell’alimentazione dei “biodigestori” per la produzione di biogas, ma il cui impatto ambientale è decisamente superiore rispetto a quello della canna; soprattutto, il mais viene usato per l’alimentazione animale e umana.

La canna appare particolarmente indicata per produrre biogas nell’area mediterranea perchè ha una grande potenzialità produttiva come biomassa per uso energetico ed è una specie “poliennale” e quindi resta produttiva per 10-15 anni. Richiede inoltre bassi input tecnici e agronomici e ha un’ottima adattabilità a terreni marginali. Non essendo utilizzata per l’alimentazione umana non sottrae terreno fertile per produrre cibo. L’analisi sperimentale del potenziale metanigeno, cioè generatore di metano, della biomassa della canna è stata effettuata presso il Cribe dove tutte le prove di “digestione” sono state condotte in base allo standard di riferimento Uni En Iso 11734:2004, attraverso un sistema statico a ciclo chiuso progettato e realizzato dai ricercatori, per riprodurre e per simulare le reazioni biochimiche che avvengono nei “digestori” su scala reale.

I ricercatori del Land Lab sotto la guida di Enrico Bonari studiano da anni le possibili biomasse utilizzabili per produrre energia elettrica, termica e biocarburanti, ma il problema centrale resta in ogni caso la necessità di incrementare la sostenibilità delle filiere. All’Istituto di Scienze della vita del Sant’Anna si sta valutano la possibilità di utilizzare come substrati per la digestione anaerobica anche altre biomasse residuali, come le sanse, le vinacce, le buccette di pomodoro, i panelli di spremitura delle alghe, i materiali lignocellulosici, gli oli vegetali, i grassi animali e la carta da macero. Tutti questi residui di diversi sistemi agro-industriali potrebbero inserirsi nella filiera del biogas e costituire ulteriori fonti di reddito per sostenere l’intero sistema agroalimentare italiano.