Incentrata sull'analisi delle realtà del mercato cerealicolo e sugli aspetti commerciali e logistici dalla produzione alla trasformazione della materia prima, la giornata non ha trascurato gli aspetti di etichettatura e certificazione.
Il quadro
Ad emergere, un mercato volatile, governato da quindici specie che da sole soddisfano il 90 per cento del fabbisogno alimentare, con una vertiginosa tendenza al rialzo dei prezzi e nel quale ci inseriamo in qualità di importatori netti e consumatori poco consapevoli.
Quanti, ad esempio, saprebbero spiegare la differenza tra un grano duro e uno tenero o saprebbero che il Kamut altro non è se non un marchio commerciale usato per una sottospecie di grano conosciuta come Khorasan o Triticum turgudum?
In quanto alle importazioni, sono 15 milioni le tonnellate a fronte delle 18 prodotte sul territorio nazionale, che arrivano dall'estero. La provenienza, dipende da due fattori, la quantità disponibile per soia, mais e semi oleosi e la qualità per grano duro e tenero.
Per quest'ultimo, il principale canale di provenienza è la Francia (37 per cento) ma buona qualità si ha anche da Canada e Usa.
Sul grano duro è il Canada ad essere la fonte principale (32 per cento) mentre per quanto riguarda il mais che costituisce il principale cereale prodotto in Italia, quest'anno fortemente compromesso per i problemi di aflatossine (circa il 25 per cento della produzione), importiamo da ben 28 paesi.
Centri di raccolta e competitività
Gestiti da consorzi, cooperative, privati e a volte dall'industria stessa, rappresentano lo snodo tra la produzione primaria e l'industria.
Come illustrato da Gianni Baccarini del Consorzio Quadra, sono i 'custodi' della qualità e della sicurezza alimentare ma spesso sono afflitti da importanti costi di gestione. Per questo, necessiterebbero di un sistema gestionale più sostenibile che sappia generare un equilibrio tra le richieste dell'industria - omogeneità ad esempio - e le caratteristiche della componente produttiva, estremamente frammentata e disomogenea.
Il contesto nazionale è infatti avulso da un concetto di produzione legata alla destinazione d'uso; ciò, associato alla bassa produttività per ettaro, causa problemi di competitività sul mercato globale. Ne è un esempio il mercato del mais dove da una posizione di autosufficienza siamo passati ad essere importatori.
Recuperare la produttività, aumentare il valore d'uso e dar vita a sistemi integrati di produzione cui associare una buona dose di aiuto proveniente dall'agrotecnica, sono secondo Amedeo Reyneri del Disafa dell'Università di Torino, i punti da toccare per giungere ad un sistema agricolo forte, competitivo e dotato di contratti capaci di mitigarne la volatilità e dissipare l'incomprensione sostanziale di politici e pubblica opinione circa le logiche agricole.
Certificazioni e bio
Sono molte e vanno scelte in base al mercato di riferimento. Le certificazioni sono strumenti volontari volti a valorizzare il prodotto, tutelare il consumatore e, ha chiarito Simona Gullace del gruppo Rina Agroqualità, possono essere di sistema o di prodotto.
Il bio nazionale che rappresenta uno dei pochi, forse l'unico, mercato immune alla crisi congiunturale, conta ben 48milioni di operatori certificati ponendosi al quarto posto nel mondo per superficie dedicata ai cereali biologici (quasi 200mila ettari nel 2010).
La piaga delle frodi, di cui la più recente catalogata con il nome 'Gatto con gli stivali' che ha coinvolto 130mila tonnellate di prodotti, ha portato gli operatori a studiare una banca dati in grado di incrociare le transazioni e risolvere le criticità strutturali così da restituire trasparenza e valore alla certificazione.
Paolo Carnemolla di FederBio ha illustrato il funzionamento della banca dati Accredia FederBio che si basa su un sistema gestionale in grado di raccogliere in un’unica sede le informazioni registrate dai diversi soggetti operanti per una interoperabilità oggi non presente. Da metà aprile, sul sito di Accredia sarà operativa una banca dati degli operatori italiani biologici con relativi documenti giustificativi e certificati di conformità con eventuali non conformità e sanzioni.
Un software dedicato, operativa da giugno 2013 per le prime raccolte dei cereali autunno vernini, è stato previsto per la filiera delle granaglie e garantirà trasparenza dei flussi.
E il riso?
Cereale coltivato su 235mila ettari, in calo, sul territorio nazionale, si caratterizza per avere aziende dotate di superfici media elevate - 50 ettari circa - e una produzione eccedentaria pari a 950mila tonnellate di cui il 70 per cento della varietà Japonica e la restante parte di varietà Indica, sul consumo interno pari a 350mila tonnellate.
Si tratta di un cereale 'speciale' perché consumato per il 90 per cento dove prodotto e perché destinato esclusivamente ad uso alimentare nella forma in cui viene raccolto. Il riso è, infatti, sottoposto esclusivamente a trattamenti meccanici volti a trasformarlo da risone a riso o termici per il parboliled.
Anche qui poco conosciuto dal consumatore, il riso è regolamentato da una legge nazionale del 1958, superata e fonte di problematiche quali l'impossibilità di denominare come 'riso' prodotti di recente immissione sul mercato quali, ad esempio, i risi rossi e il riso nero.