Prevedibile la sottolineatura di Unacma sul mercato agrimeccanico italiano: si denuncia per l’amato Stivale una distribuzione troppo frammentata. Sul mercato nazionale – Climmar dixit – sussistono oggi circa 1.950 concessionari, a fronte di 1.729.000 agricoltori con una superficie media aziendale di 7,57 ha. La concorrenza – denuncia Unacma – è quindi spietata e in molti casi non è nemmeno molto trasparente. Uno dei mali nazionali appare quindi il numero eccessivo di figure che si spartiscono il mercato di macchine e attrezzi. Nulla di nuovo sotto il sole quindi: è lo stesso anche per il mercato dei mezzi tecnici, dove i rivenditori di fertilizzanti, sementi e agrofarmaci sono ufficialmente oltre i 4.000 fronte di un fatturato complessivo di poco superiore ai 700 milioni di €.
Come al solito – Pareto insegna – c’è una minoranza che si spartisce il grosso del mercato, ed una maggioranza che si contende le briciole come può.
La situazione distributiva agrimeccanica, comunque, non appare molto diversa in altri Paesi: in Francia vi sono si “solo” 1.100 concessionari, ma con un bacino clientelare di 545.000 agricoltori, proprietari mediamente 50 ha a testa. In Inghilterra i dealers sono “solo” 800, ma con 287.000 aziende agricole a disposizione. Pur senza prendere in considerazione Paesi non comparabili all’Italia per superfici agricole, i confronti con Francia, Polonia o Germania appaiono quindi interessanti: i dealers polacchi son ben 1.480, con 237.000 agricoltori e una superficie media aziendale pari alla nostra. In Germania i concessionari sono addirittura 3.903, con un bacino agricolo di 366.600 aziende e una superficie media di 46,4 ha. La concorrenza in Europa, pertanto, appare elevata dappertutto. Un dato spicca infine sugli altri: il numero di posti di lavoro nel comparto. A fronte dei 9.000 impieghi italiani (4,6 per dealer), spiccano i 20.000 britannici (25/dealer), i 24.000 francesi (21,8/dealer) e i 18.500 tedeschi (4,73). In Olanda, i 750 concessionari al Tulipano impiegano ben 6.000 persone (8/dealer). In Danimarca vi sono 3.100 posti di lavoro a fronte di soli 190 dealers (16,3/dealer). Alto il rapporto impieghi/dealer anche in Irlanda (3.800 su 246), Svizzera (7.000 su 700) o Austria (4.500 su 580). Dare lavoro in Italia appare quindi un problema sia di tipo culturale che strutturale: un operaio apprendista guadagna poco meno di uno specializzato, come pure il mercato del lavoro appare spesso ingessato rispetto ad altre realtà europee. Poca soddisfazione anche per quanto riguarda la collaborazione dei costruttori: Fabrizio Dalla Vecchia – uno dei più importanti concessionari del veronese – sottolinea come alcune aziende produttrici offrano si corsi di formazione, ma il più delle volte a pagamento. Se a questi costi si aggiungono le ore perse di lavoro e le trasferte si può ben comprendere come per un concessionario la formazione di un tecnico d’officina sia una voce di spesa gravosa e non priva di rischi: si lamenta infatti come ci vogliano 4-5 anni per formare un bravo meccanico, per poi vederselo “soffiare” da qualche concorrente non appena questi sia divenuto sufficientemente esperto ed efficiente.
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Fonte: Unacma - Unione Nazionale dei Commercianti di Macchine Agricole
Autore: D S