Se sarà un futuro "agri-amazing", come è stato profetizzato da qualcuno dei partecipanti degli EU Agri-Food Days 2023, tradizionale evento organizzato dalla Commissione Agricoltura dell'Ue e dalla Dg Agri di Bruxelles per conoscere le previsioni del settore negli anni a venire - gli Outlook erano al 2035, mentre i panelist ragionavano già del 2040, che a dire il vero capiterà fra solo sedici raccolti - e per ragionare del futuro dell'agricoltura, non possiamo saperlo.

 

Di certo un po' di ottimismo il settore agricolo e i suoi sempre meno adepti, visto che il commissario Ue all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha ricordato che nel decennio 2010-2020 sono andate perse 3 milioni di aziende, passate da 12 milioni a 9 milioni in tutta l'Unione Europea, è necessario.

 

Fra cambiamenti climatici pericolosi, dannosi e costosissimi per il bilancio di Bruxelles e delle casse dei singoli Stati membri, difficoltà di ricambio generazionale (un tema che preoccupa seriamente la Commissione Ue), carenza di manodopera specializzata, transizione ecologica e digitale, c'è di che preoccuparsi.

 

In gioco c'è, innanzitutto, l'autosufficienza alimentare dell'Unione Europea. Sono stati fatti passi in avanti, ha ricordato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ma non abbiamo ancora centrato completamente gli obiettivi. E probabilmente difficilmente lo faremo, dal momento che sui ventisette Stati membri dell'Ue incombe una responsabilità non declinabile: la sicurezza alimentare di una parte del pianeta, con la popolazione mondiale che aumenta e veleggia verso i 10 miliardi entro il 2050. Il cibo degli agricoltori di casa nostra - intesa come la casa comune europea - è essenziale e, fra inflazione, incognite di natura geopolitica, costi di produzione, talvolta scarsa remuneratività e scarsa competitività delle imprese agricole, la strada è in salita.

 

Il primo punto, dunque, è produrre di più, facendo attenzione alle emissioni, all'utilizzo della chimica, alla tutela della biodiversità, alla riduzione degli sprechi, alla difesa del paesaggio, dell'ambiente, dei territori. Sembrano le dodici fatiche di Ercole, ma forse, a stilare un elenco completo e a contarle tutte, potremmo scoprire che le prove che gli agricoltori devono affrontare sono molte di più.

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L'innovazione e gli strumenti digitali, dall'agricoltura di precisione alla zootecnia robotizzata, dagli strumenti per la semplificazione burocratica attraverso la raccolta e lo scambio dei dati, si sta aprendo - e anche molto velocemente - un mondo che necessita fiducia. In che modo? Attraverso il dialogo, la cooperazione, la condivisione, ma anche la sicurezza dei dati e il supporto di una normativa che deve essere rigorosa e, allo stesso tempo, deve prevenire tensioni e prevedere come evolverà il settore in futuro, vista la velocità dell'innovazione.

 

Dice benissimo il professor Gianluca Brunori, economista agrario esperto di digitalizzazione, quando ricorda che solo sei mesi fa nessuno ipotizzava l'avvento di ChatGPT, una rivoluzione tanto spaventosa quanto affascinante.

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Guardare avanti, però, non deve spaventare, ma deve stimolare l'ingresso di nuove leve, nuove professionalità da crescere attraverso percorsi di formazione inediti, proprio perché è la stessa materia dell'innovazione digitale a essere permeata di futuro.

 

La missione per gli agricoltori resterà, come detto, quella di produrre cibo sano, rispondendo alle esigenze delle nuove diete alimentari. Tuttavia, non potremo dimenticare i nuovi servizi che gli agricoltori stessi potranno offrire alla società e per i quali è corretto dare loro un riconoscimento economico e morale.

 

È vero, gli agricoltori sono i nostri supereroi, anche quando la società se ne dimentica, ma per troppo tempo abbiamo girato la testa dall'altra parte e non abbiamo capito che hanno bisogno di essere compresi, ascoltati, difesi.

 

Non è solo una questione economica, che oggi si dipana in una modalità inedita, con scarse retribuzioni delle materie prime e costi alle stelle per i consumatori, i quali dopo forse decenni si trovano nelle condizioni di dover sacrificare la qualità a vantaggio del basso prezzo. C'è in gioco la dignità degli agricoltori, degli allevatori, delle loro famiglie. E se non si trovano nuovi modelli di produzione, condivisione, di dialogo, di filiera, c'è il rischio che l'emorragia già in atto di imprenditori e aziende agricole non si arresti, anzi.

 

In quest'ottica la Politica Agricola Comune (Pac) resta un pilastro ineliminabile del reddito degli agricoltori, ma è assolutamente vitale che si studino nuovi percorsi per restituire vita alle zone rurali, sostenendo la libera ricerca e l'innovazione. Il mondo agricolo deve aprirsi, confrontarsi con l'industria e le cooperative, con la trasformazione, la logistica, la distribuzione. Vi sono nuove opportunità e bisogna pensare proiettati verso nuovi orizzonti. Modelli consolidati potrebbero non essere adeguati per le sfide che attendono l'agricoltura e la società. Non abbiamo paura di osare.

 

Mi sia concesso un messaggio personale. Complimenti al team della Dg Agri, Francesco, Heike, Cornelia (e tutti quelli che si sono avvicendati in passato). Sanno sempre individuare temi stimolanti, creando spunti, dibattiti, riflessioni, analisi. L'Unione Europea, la Politica Agricola Comune, gli agricoltori stessi e gli stakeholder hanno bisogno di dialogare. Il futuro si costruisce insieme.

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