Più delle auto, più dell'arredamento e persino un po' più della moda.

È l'agroalimentare il più importante vessillo del made in Italy.

Lo affermano i consumatori rispondendo a un recente sondaggio realizzato da SWG per conto di Aisa, l'Associazione che riunisce le Imprese del Farmaco Veterinario.

 

I consumatori sono dunque consapevoli della forte immagine che il cibo italiano ha conquistato a livello mondiale, anche se non tutti sanno quanto sia importante il settore a livello economico.

Con oltre 600 miliardi di valore di produzione rappresenta infatti il 30% del Pil nazionale, che potrebbe salire al 40% considerando anche il flusso turistico legato al cibo.

 

La tavola rotonda

Sono questi alcuni degli elementi di spicco emersi dall'incontro promosso da Aisa per affrontare il tema del made in Italy connesso alle produzioni zootecniche, dunque carne, latte, uova.

Una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di Nicola Bertinelli (Consorzio Parmigiano Reggiano), Romano Marabelli, (World Organization for Animal Health - Woah), Giovanni Sorlini, (Assocarni).

Nel dibattito sono intervenuti Giorgio Maria Bergesio, (Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare del Senato), Maria Chiara Gadda, (Commissione Agricoltura della Camera).

Sono anche intervenuti Pierdavide Lecchini (Ministero della Salute) e Arianna Bolla (Aisa).

 

Più tutele

Al centro degli interventi il benessere animale, la sostenibilità delle produzioni e il ruolo del medico veterinario.

È interessante sapere che sebbene impreparato e a volte condizionato da un'informazione non sempre corretta, il consumatore ha del benessere animale una consapevolezza superiore a quella che si potrebbe immaginare.

Nel rispondere al sondaggio di Swg, una percentuale importante degli intervistati (un campione di 800 persone, rappresentativo della popolazione italiana) si è detta d'accordo sul considerare i prodotti di origine animale un'eccellenza del made in Italy, ma ha anche aggiunto che andrebbero più tutelati dalle istituzioni e troppo spesso imitati da prodotti stranieri di bassa qualità.

 

Uomo e animali

Merita poi una riflessione la conoscenza dell'alta correlazione tra salute dell'uomo e benessere animale coniugato insieme al rispetto dell'ambiente.

Il 91% del campione si è detto consapevole di questa interdipendenza, mentre in un analogo sondaggio del 2021 questa percentuale si fermava all'87%.

Sulla scorta di questo dato non stupisce che una larga parte degli intervistati sia a favore di una maggiore collaborazione fra allevatori e veterinari, con l'obiettivo di garantire un'adeguata produzione di cibo, ma in filiere sostenibili, investendo sulla cura degli animali e nella prevenzione delle malattie.

 

Il ruolo centrale del veterinario 

A proposito di veterinari, numerosi interventi ne hanno messo in luce il ruolo che va ben oltre gli aspetti sanitari.

A questo professionista, che per la sua preparazione gode di un'indiscussa credibilità da parte dell'allevatore, è affidato il compito di guidare gli allevamenti per migliorare il benessere degli animali (ma già siamo su buoni livelli), come pure di suggerire quelle innovazioni in grado di aumentare la sostenibilità degli allevamenti.

 

Un tema quest'ultimo sul quale si è soffermato più di un intervento, a iniziare dal contrasto alle false informazioni che vorrebbero gli allevamenti di bovini quali grandi responsabili della emissione di gas climalteranti.

Si dimentica che nel ciclo produttivo entrano i foraggi e gli altri alimenti, che contribuiscono al sequestro di carbonio.

E il bilancio finale è a favore dell'ambiente e non il contrario.

 

Produrre di più con meno

Migliorare comunque si può e tutta la filiera è impegnata per questo traguardo e i risultati si vedono.

Come nel caso della riduzione dell'uso di antibiotici, il cui impiego è crollato negli ultimi anni.

Anche in questo caso puntare il dito sugli allevamenti rischia di far perdere di vista altri fattori che contribuiscono assai di più alla crescita dei fenomeni di antibiotico-resistenza che destano, giustamente, forte preoccupazione.

 

C'è poi il capitolo delle innovazioni tecnologiche, alle quali si guarda per migliorare la sostenibilità degli allevamenti.

La promessa è quella di aumentare le produzioni unitarie riducendo al contempo il consumo di risorse.

Un esempio ci viene dal mondo del latte che ha visto una forte riduzione del numero di bovine allevate, ma al contempo un aumento delle produzioni unitarie.

 

Italia, modello di eccellenze

L'Italia in questa evoluzione si pone ai primi posti in Europa e oggi vanta numeri che per impatto ambientale la collocano fra i paesi più virtuosi.

Un risultato raggiunto da un modello produttivo che si è sviluppato soprattutto al Centro Nord, con allevamenti per lo più confinati e protetti e per questo più sicuri.

È il caso degli allevamenti avicoli, che in questo modo possono meglio essere protetti dall'influenza aviaria, per la quale sono invece indifesi gli allevamenti all'aperto.

 

Ma mentre questo schema di sviluppo si è andato affermando, si è assistito al contempo all'abbandono delle attività zootecniche nelle aree marginali.

Con un doppio esito negativo: l'incuria e il degrado di vaste aree collinari e montane o solo meno servite dalle infrastrutture e il "distacco" fra animali e cittadini.

Si pensi, per fare un esempio, a quanto sia raro vedere un bovino e come ciò contribuisca a una visione distorta, per lo più negativa, della realtà agricola.

 

Come migliorare

Spazi di crescita ci sono, purché siano incentivati da una premialità che non può essere semplicemente affidata al mercato e al "buon senso" del consumatore.

Occorrono garanzie di un percorso che spinga all'eccellenza in ogni direzione, da quella ambientale a quella del benessere animale.

Eccellenza che va garantita e certificata, con adeguate informazioni in etichetta. Non importa se il consumatore le legge. L'importante è che ci siano.

Il simbolo di un prodotto Dop, per fare un esempio, ne è la dimostrazione.

 

In questa direzione si sta lavorando sia al ministero della Salute, che guida il "Sistema Qualità Nazionale Zootecnia", sia al Ministero dell'Agricoltura, che può vantare la nascita del "Sistema qualità nazionale benessere animale".

Tutte lodevoli iniziative che andrebbero tuttavia valorizzate da una regia unica. Ed ecco l'auspicio, dare al più presto seguito al progetto di un "Comitato", sotto l'egida della presidenza del Consiglio, che riunendo le competenze di tutti i ministeri interessati, quello dell'Agricoltura e della Sanità, ma anche dello Sviluppo economico e dell'Ambiente, che assuma il compito di guidare le eccellenze dell'agroalimentare italiano verso nuovi traguardi.

 

Una "piattaforma di dialogo", come l'ha definita in conclusione dell'incontro la presidente di Aisa, Arianna Bolla, matura e credibile che aiuti anche la comunicazione verso un consumatore frastornato da informazioni spesso fuorvianti.
Se non saranno le istituzioni e le organizzazioni dei produttori a farlo, ci penseranno i grandi gruppi della distribuzione organizzata. Ma non sarà la stessa cosa.