Da un lato l'esigenza di mitigare il riscaldamento globale, sia riducendo le emissioni sia ricaptando l'anidride carbonica emessa in atmosferica tramite la coltivazione di piante, soprattutto arboree. Dall'altro la necessità di abbattere i costi della depurazione delle acque reflue urbane, ricche di nutrienti che potrebbero essere sfruttati dalle medesime piante sopra citate.
Unire le due cose potrebbe quindi giocare a favore sia dell'uno scopo, sia dell'altro. Infine, anche i costi di fertilizzazione delle colture potrebbero essere mitigati grazie all'uso di soluzioni fertirriganti in cui abbondano macro, meso e microelementi.
Diverse le piante che potrebbero essere oggetto di tali pratiche. Per esempio l'eucalipto è al momento la specie più coltivata al mondo per la produzione di legno, con le piantagioni che ormai superano i 18 milioni di ettari coltivati. Basti pensare che il Cile è il primo esportatore mondiale di prodotti legnosi, contando su oltre un quinto della propria superficie a boschi, di cui gran parte è rappresentata da pino radiato e, appunto, eucalipto.
Il potenziale di contrasto all'effetto serra delle piante da legno è decisamente elevato. Basti pensare che un legno fresco, con un'umidità fra il 30 e il 50%, contiene il 50-70% di sostanza secca. Questa a sua volta è per la metà rappresentata dal carbonio, mentre tale elemento rappresenta il 27% della molecola di CO2. Quindi, facendo due conti spiccioli, per realizzare un chilo di sostanza secca di un albero sono serviti circa due chili di anidride carbonica. Un solo metro cubo di legno di eucalipto pesa circa una tonnellata, di cui 250 chili, più o meno, sono di carbonio. Ergo, è servita mezza tonnellata di anidride carbonica a fare sviluppare quel metro cubo di legno. Una piantagione da centinaia di eucalipti può quindi asportare gas serra in ragione di alcune migliaia di tonnellate nel corso del suo ciclo vitale.
Va da sé che poi quel legno deve servire per produrre usi e materiali a basse emissioni, altrimenti è solo una partita di giro. Ma anche utilizzando i materiali legnosi come combustibili, la CO2 emessa altra non sarebbe che quella assorbita, riportando il bilancio netto a zero, anche se in realtà andrebbero contabilizzate le emissioni implicite nella filiera del legno stesso. Perché sarà bene ricordarlo: non esiste alcuna attività dell'uomo a impatto zero.
Cosa dice la ricerca italiana
Sull'eucalipto è stato elaborato uno studio1 sull'applicabilità dei processi di somministrazione tramite fertirrigazione dei reflui urbani, opportunamente trattati, a sostegno della filiera nazionale incentrata sugli scarti legnosi. Gli autori sono Giovanni Mughini e Salvatore Masi. Il primo già del Centro di Ricerca Foreste e Legno del Crea, il secondo della Facoltà di Ingegneria presso l'Università degli Studi della Basilicata.
Il titolo della ricerca, tradotto in italiano, è "Piantagioni clonali di eucalipto fertirrigate con acque reflue urbane depurate (sistema SI-Unibas semplificato): una valida opportunità". Leggendo la pubblicazione si evince come siano stati utilizzati sistemi semplificati di depurazione delle acque reflue urbane messe a punto dalla Scuola di Ingegneria dell'Università della Basilicata, in pseudo acronimo "SI-Unibas". Questi sono stati realizzati tramite una modifica dei sistemi convenzionali a fanghi attivi, dai quali si può ricavare acqua contenente carbonio organico, azoto e fosforo, divenendo una sorta di fertilizzante liquido molto diluito. Un prototipo di questo sistema viene già utilizzato da oltre un decennio per fertirrigare degli uliveti a Ferrandina, vicino a Matera, ottenendo ottimi risultati.
L'ipotesi vagliata nella ricerca è stata quella di valutare l'applicabilità dei sistemi "SI-Unibas" per la fertirrigazione di piantagioni di eucalipto, piante arboree dall'accrescimento molto rapido e quindi potenzialmente candidati ideali per tali pratiche di fertirrigazione. Inoltre, è stata valutata la produzione legnosa ottenibile con tali sistemi, nonché stimate le superfici da impiantare in alcune aree centro-meridionali attualmente sede di querce, sempreverdi e caducifoglie.
Vantaggi a due cifre percentuali
I vantaggi stimati da tali approcci di economia circolare sono diversi e andrebbero a beneficio della filiera basata sugli scarti legnosi, nonché dei costi di trattamento dei rifiuti. Questi ultimi potrebbero ridursi fino al 50% rispetto al sistema convenzionale a fanghi attivi, contrastando al contempo parte delle emissioni di anidride carbonica.
Inoltre, la produzione di legno si presenterebbe più elevata e più costante nel tempo, per un volume di 8 milioni di metri cubi annui. Ciò basandosi su rotazioni di breve periodo, fra gli 8 e i 15 anni, e su superfici relativamente modeste, ovvero 400mila ettari circa. Da questi si potrebbero ricavare masse legnose da utilizzare sia come legname tal quale, sia come biomasse per uso energetico. Un approccio che viste le turbolenze dei mercati dell'energia, con prezzi sull'ottovolante anche per legna e pellet, potrebbe essere già di per sé buona cosa.
Il processo comporterebbe anche un sensibile risparmio sui costi dell'acqua irrigua, rendendo anche meno necessari fertilizzanti, organici o inorganici, pur mantenendo un alto grado di fertilità del suolo. Anche in tal caso, tagliando i consumi di concimi si inciderebbe positivamente sulle emissioni generate per la loro produzione.
Ma i vantaggi non si limiterebbero solo all'Italia, visto che molto legname deriva da disboscamenti e importazioni dall'estero. Gestendo la filiera in modo virtuoso si darebbe la possibilità di diminuire la dipendenza dall'estero per tali materiali, per giunta derivanti da processi produttivi meno sostenibili.
Si attendono quindi i primi studi pilota, utili a comprendere l'applicabilità su larga scala di tali sistemi, esplorando aree caratterizzate da condizioni pedoclimatiche e socio-economiche tipiche del Centro-Sud Italia.
Riferimenti
1) G. Mughini, S. Masi (2021): "Clonal eucalyptus plantations fertirrigated with purified urban wastewater (simplified SI-Unibas system): a viable opportunity". Forest@ - Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 18, Pages 85-92 (2021). doi: https://doi.org/10.3832/efor3802-018