Sicurezza alimentare e sostenibilità alimentare? "Non sono antagonisti, ma parte di una stessa strategia olistica e complementare costruita collettivamente oltre i confini nazionali e dell'Unione Europea". Parola di Diana Lenzi, presidente del Ceja, il Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori, che rappresenta circa 2.800.000 imprenditori agricoli in tutta Europa.
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Intervenendo all'ultimo Consiglio Informale dei Ministri Agricoli dell'Ue, a Praga, Diana Lenzi ha sottolineato la complessità del periodo in cui ci stiamo trovando: dalla guerra in Ucraina al boom dell'energia e dei principali input agricoli, che hanno gravemente eroso i margini dei produttori, e pesano anche i cambiamenti climatici (la presidente del Ceja ricorda anche la situazione drammatica in Pakistan), che mettono a dura prova la resilienza del sistema agricolo, così come le spinte inflattive, che complicano l'accesso dei consumatori al cibo. Una crisi, in pratica, che è allo stesso tempo "socioeconomica, ambientale e professionale", riassume Diana Lenzi, dal 2008 alla guida dell'Azienda vitivinicola di famiglia, in Toscana.
Lo scenario inevitabilmente preoccupa il Ceja, perché "le attuali difficoltà e incertezze potrebbero alterare la vocazione e la volontà dei giovani di stabilirsi in agricoltura", peraltro già molto spesso alle prese con i labirinti della burocrazia, la difficoltà di accesso al credito, l'elevato costo della terra e dei fattori produttivi, le salite ripidissime di un passaggio generazionale non sempre facile.
Sicurezza alimentare e sostenibilità delle produzioni devono essere affrontate rifuggendo dicotomie manichee, che rischiano di frenare la crescita. "Spingere un modello contro l'altro, ad esempio aziende agricole più piccole contro aziende più grandi, o concentrarsi solo su pochi canali di mercato, su pochi strumenti innovativi, significa sottovalutare l'approccio risolutivo. Invece, dovremmo cogliere le molte opportunità e soluzioni che derivano dalla grande diversità della nostra agricoltura" spiega Diana Lenzi.
"Ogni strumento a nostra disposizione deve essere utilizzato. Ogni conoscenza, innovazione e sviluppo, dal carbon farming alle nuove tecniche genomiche, deve essere messo in prospettiva nella catena del valore, in modo che lo sforzo aggiuntivo intrapreso dal lato dei produttori si traduca in un proporzionale maggior valore aggiunto e sia condiviso da tutta la catena di approvvigionamento. A mio avviso, questo è ciò a cui dovrebbe mirare un'iniziativa quadro su un sistema alimentare sostenibile, rafforzando in definitiva la nostra resilienza".
In linea con il lavoro iniziato con il Piano di emergenza varato dalla Commissione Ue per garantire l'approvvigionamento alimentare e la sicurezza alimentare, "è giunto il momento non solo di riflettere sulla nostra preparazione e sulla capacità di risposta alle crisi, ma anche di fornire agli agricoltori gli strumenti giusti per gestire meglio i rischi a livello aziendale. È una responsabilità che gli Stati membri hanno e che deve essere trasferita all'intera catena del valore".
E se è giunto il momento di dimostrare che c'è un futuro nell'agricoltura, per il Ceja è necessario muoversi per raggiungere "il secondo obiettivo dell'articolo 39 del Trattato della Comunità Economica Europea: garantire un reddito agricolo equo agli agricoltori". A chi produce e a chi trasforma.
Le sfide dei prossimi sei mesi, elenca Diana Lenzi, riguardano anche il tema dell'energia e della crisi che ha colpito il settore. Ma la proiezione deve spingersi anche "ai prossimi dieci anni, ed è per questo che il ruolo dei giovani agricoltori deve essere centrale".
Per avere "un'agricoltura europea solida, che garantisca sicurezza alimentare, sostenibilità e ricambio generazionale", servono sforzi che vadano in un'unica direzione, "per costruire collettivamente un sistema agricolo forte e prospero". Non c'è spazio per visioni distopiche di un singolo Stato membro che garantisce per tutti. La visione, per il Ceja, deve essere comune e gli sforzi devono mirare alla medesima direzione. Andando anche oltre i confini dell'Unione Europea, perché il tema della sicurezza alimentare è universale.
"Non sono i confini dell'Ue a delimitare la nostra responsabilità in materia di sicurezza alimentare" insiste la presidente del Ceja. "Ci troviamo in una situazione di privilegio e per questo abbiamo una responsabilità verso il resto del mondo. La nostra solidarietà non dovrebbe quindi fermarsi ai confini dell'Ue, proprio come il nostro approccio alla risoluzione dei problemi non dovrebbe fermarsi ai suoi confini o fermarsi ai confini nazionali".