La siccità colpisce duro il Nord Italia a causa della carenza di neve sulle Alpi che si è sciolta con due mesi di anticipo anche a causa del caldo iniziato fin dal mese di maggio. E sarà un'estate difficile non solo per gli agricoltori, ma per tutte le persone che vivono tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto: tutte regioni che sin dal pomeriggio del 17 giugno scorso si sono dette pronte a dichiarare lo stato di emergenza e che chiederanno lo stato di calamità naturale per siccità. Non a caso, sabato 18 giugno scorso il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, dal Blue Forum Italia Network di Gaeta annuncia: "Credo sia inevitabile dichiarare uno stato di crisi rispetto alla siccità. Abbiamo intere aree del Paese ed europee che non vedono pioggia da mesi".

 

Ma la carenza di piogge interessa anche il Centro Italia, con drastiche conseguenze sui livelli di fiumi e invasi. Il Sud invece tiene, con la Sicilia che si ritrova addirittura con i bacini colmi, e in un caso si è reso necessario svuotarne una. Tutto a causa delle piogge epocali dello scorso autunno, che pure portarono distruzione e danni, ma che hanno ricolmato bacini ormai esausti, sfiniti da un periodo siccitoso durato oltre un decennio. Sono queste le contraddizioni del clima in questa estate 2022.

 

Il Nord dell'acqua che non c'è più

Il viaggio nell'Italia dal clima capovolto inizia in Piemonte, dove dalla scorsa settimana in 170 comuni l'acqua è stata riservata a solo uso alimentare: "Richiesta dello stato di emergenza per l'intero territorio e dello stato di calamità per l'agricoltura, rilascio di acque dai bacini utilizzati per produrre energia idroelettrica a supporto dell'irrigazione delle colture e deroga al deflusso minimo vitale dei fiumi sono le principali misure che la Regione Piemonte sta mettendo in campo per fronteggiare la crisi idrica che sta colpendo l'Italia a causa del prolungarsi della siccità" è scritto in una nota stampa della Regione Piemonte del 17 giugno 2022.

 

Le decisioni sono state assunte nel corso dell'insediamento del tavolo permanente voluto dal presidente della Regione Alberto Cirio per monitorare e affrontare la situazione di emergenza e del quale fanno parte le organizzazioni agricole, i consorzi irrigui, l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, le Autorità d'ambito del servizio idrico integrato e l'Anbi.

 

La situazione del Piemonte è ben descritta dal bollettino dell'Osservatorio Risorse Idriche dell'Anbi: "L'ulteriore tracollo delle portate dei fiumi piemontesi - da diverso tempo inferiori del 30% alle portate medie - testimonia come i benefici apportati dai brevi, ma intensi fenomeni meteo, vengano vanificati dalla perdurante ondata di calore, che da oltre un mese soffoca tutta la Penisola con temperature tra i 3 ed i 4 gradi superiori alla media e, in molte zone, con massime stabilmente ben al di sopra dei 30°. Il deficit pluviometrico estremo rilevato su tutto il Piemonte provoca livelli di falda quasi ovunque al di sotto dei minimi storici e in Piemonte, la riserva di neve risulta azzerata con 2 mesi d'anticipo".


Ma non solo: è caduta troppa poca neve anche in Valle d'Aosta dove, sempre secondo l'Anbi "sono in leggero rialzo le portate della Dora Baltea e del torrente Lys". Ma, avverte l'associazione tra i Consorzi di bonifica "uno studio della Società Meteorologica ha certificato la grave condizione, in cui versano i ghiacciai del Grand Etrét (Valsavarenche) e Ciardoney (Val Soana): nel primo, l'accumulo di neve medio è di 127 centimetri, vale a dire il livello più basso finora registrato ed inferiore di circa il 62% rispetto alla media del periodo 2000-2021 (331 centrimetri) e dell'11% per quanto riguarda la normale densità".

 

Anche sul ghiacciaio Ciardoney, le misure di accumulo confermano la situazione di scarsità estrema: "con spessori di neve, che vanno da cm. 165 nel punto più elevato ad appena 25 centimetri nel settore mediano, cioè il 25% dei livelli generalmente rilevati, segnando il record negativo in tempi recenti".


Anche la Lombardia è in crisi e per prendere tempo, anche in questo caso, c'è una sola soluzione: "Per mitigare la grave crisi idrica in Lombardia, Enel si è resa disponibile a rilasciare acqua anche per i fiumi Brembo e Serio con lo stesso orizzonte temporale di Adda e Oglio. In particolare, il produttore idroelettrico rilascerà quindi, fin da subito, per almeno 10 giorni, 200mila metri cubi di acqua al giorno per il fiume Brembo e 250mila metri cubi di acqua al giorno per il fiume Serio". Lo ha annunciato Massimo Sertori, assessore della Regione Lombardia a Enti locali, Montagna e Risorse Energetiche, nell'ambito delle azioni coordinate da Regione Lombardia per far fronte alla di crisi idrica dovuta al perdurare della siccità e dalla scarsa piovosità.


"La disponibilità concessa dagli operatori idroelettrici - spiega l'assessore Sertori - di far defluire l'acqua a valle è infatti un segnale forte. E va nella direzione di preservare il comparto agricolo". "La priorità e l'urgenza - prosegue l'assessore commentando le decisioni per i fiumi Brembo e Serio - sono infatti quelle di salvaguardare il raccolto".


Il dramma che affronta la Lombardia è scritto nei numeri dell'Anbi: "sono ormai completamente esaurite, con due mesi d'anticipo, le riserve di neve: quest'anno, per altro, la quantità nivale, normalmente presente in quota agli inizi di giugno (738 milioni di metri cubi), non è mai stata raggiunta, toccando un picco massimo di soli 640 milioni di metri cubi".

 

E le conseguenze si scontano sui laghi padani: "in una settimana, il Maggiore si è abbassato di 20 centimetri, il Lario di oltre 30 e l'Iseo di 7 centimetri; il lago Maggiore trattiene il 23,2% di acqua e con -7,5 centimetri segna il record minimo dal 1946, mentre la portata erogata dal lago di Como nel fiume Adda ha toccato punte doppie rispetto agli afflussi da monte ed il riempimento del bacino è sceso in una settimana dal 54,7% al 30,6%".


Stessa situazione - niente più neve sui monti e falde a secco - la registra Anbi in Veneto: "il fiume Adige si mantiene su livelli minimi rispetto al passato così come gli altri corsi d'acqua della regione". Regione Veneto aveva fiutato la crisi idrica prima di altri: l'ordinanza con i provvedimenti contro la siccità del presidente dell'Ente territoriale Luca Zaia data 3 maggio 2022, e sin da allora si è data disposizione ai consorzi di bonifica perché "diano priorità al servizio irriguo nelle aree dotate di impianti a maggior efficienza irrigua, tenendo conto anche delle colture e della loro fase fenologica. Dove possibile deve essere incentivato l'utilizzo di strumenti di consiglio irriguo e avviate attività di sensibilizzazione nei confronti dei consorziati per un uso accorto della risorsa idrica al fine di soddisfare i bisogni reali delle colture".

 

Ma non solo: "Ai soggetti gestori di manufatti, con capacità di regolazione e invaso, viene richiesto di trattenere la risorsa idrica allo scopo di renderla fruibile nel periodo estivo". E sin dal 21 aprile scorso, il governatore della Regione Veneto Zaia aveva chiesto - con una lettera indirizzata al coordinatore nazionale della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, e al presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi - di intervenire sul Trentino Alto Adige per consentire i rilasci d'acqua dalle dighe poste in montagna, così da alimentare meglio il basso corso del fiume che bagna Verona. Una richiesta rimasta inascoltata.

 

Secondo l'Anbi in Emilia Romagna, nel delta del Po, il grande fiume per 30 chilometri conosce la risalita del cuneo salino, registrata a Goro con l'alta marea mentre, lungo tutta l'asta, il più importante fiume italiano è al di sotto dei minimi storici, registrando una magra epocale. Intanto l'Osservatorio Permanente dell'Autorità di Bacino del Fiume Po ha informato che diverse sue aree, indispensabili per gli agricoltori, sono senza pioggia da più di 110 giorni.

 

I timori delle organizzazioni agricole

Sulle possibili conseguenze di questa situazione azzarda una stima dei danni Cia: "Destinati già a superare un miliardo di euro se non pioverà neanche sulle Alpi nelle prossime settimane". Nel qual caso Cia sottolinea: "Si corre il pericolo di dire addio al pomodoro tardivo così come a molte orticole, la cui coltivazione, vista la mancanza di acqua necessaria per irrigare, non può neppure essere avviata. Per la frutta estiva invece, in particolare meloni e cocomeri, si prevede una riduzione tra il 30% e il 40%, che arriva al 50% per il mais e la soia, produzioni il cui mercato è già ampiamente sotto stress per via della guerra in Ucraina".

 

Non a caso l'organizzazione agricola chiede un intervento urgente del Governo per rispondere all'emergenza, mettendo in campo soluzioni a tutela di cittadini e imprese agricole. "C'è bisogno di misure concrete, di interventi seri di manutenzione della rete idrica per un miglior utilizzo delle acque, ma anche di nuove opere di irrigazione - sottolinea Cia -, da piccoli invasi distribuiti per accrescere la resistenza dei territori a grandi impianti di desalinizzazione dell'acqua di mare, come in Israele".


"A preoccupare - precisa una nota di Coldiretti - è la riduzione della produttività delle coltivazioni in campo come il grano che fa segnare quest'anno un calo del 15% delle rese, ma in difficoltà ci sono girasole, mais, e gli altri cereali ma anche quella dei foraggi per l'alimentazione degli animali e di ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere".


Secondo Confagricoltura "In Piemonte per orzo e grano si parla di una riduzione della produzione del 30%. Le semine del mais si sono ridotte a favore di colture meno esigenti dal punto di vista idrico, quali sorgo e girasole. A rischio anche la coltivazione del pomodoro da industria. Soffrono pure la vite e il nocciolo. I pascoli sono allo stremo".

 

"In Lombardia - continua l'Organizzazione agricola -, in provincia di Pavia, si sta trinciando il mais, con raccolti del 70 % in meno rispetto a quanto si raccoglierebbe ad agosto, pur di non compromettere del tutto la produzione che rischia di non essere più recuperabile".  

 

Centro Italia, fiumi ai minimi storici

Ma se il Nord piange il Centro Italia non ride di certo: esemplare è la situazione del secondo fiume della Toscana ridotto ormai ad uno stato torrentizio dopo mesi di sofferenza idrica: l'Ombrone registra attualmente una portata di 890 litri al secondo, quando il minimo per garantire la vita in alveo è indicato in 2mila litri al secondo. L'Arno, primo fiume della regione, ha flussi dimezzati rispetto alla media mensile e, in particolare, quasi 50mila litri al secondo in meno rispetto al giugno 2020).

 

Sono i numeri dell'Anbi che impietosamente percorre da Nord a Sud l'Appennino. Sul versante orientale, nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico (-37 centimetri), registrato nell'agosto 2021, anno considerato critico per la regione; anche i fiumi Esino e Nera sono ai livelli più bassi del recente quinquennio, mentre gli invasi ancora trattengono volumi idrici superiori a quelli di 12 mesi fa.


In Umbria, le scarse precipitazioni di maggio trascinano al ribasso i livelli dei corpi idrici della regione - gli invasi del lago Trasimeno e della diga Maroggia sono praticamente dimezzati rispetto agli anni scorsi - ma non solo: il fiume Tevere, nel suo tratto iniziale, registra il livello più basso (35 centrimetri) dal 1996.


L'andamento deficitario del corso d'acqua tiberino prosegue nel Lazio, dove più grave, però, è la situazione dell'Aniene, ridotto ad una portata di circa 3mila litri al secondo contro una media di oltre 8mila litri al secondo; crolla anche la portata del Sacco, così come in calo sono i livelli dei laghi romani: Nemi scende a 47 centrimetri contro 166 centimetri del giugno 2021 e Bracciano ha un livello inferiore di 25 centimetri all'anno scorso.

 

A Sud l'acqua c'è

Scendendo a Sud, a fare da cuscinetto con la grave situazione idrica, che si registra nell'Italia centrosettentrionale, è la Campania, dove permane il rischio di siccità nel bacino idrografico del Liri-Garigliano e Volturno: su questi due fiumi i livelli idrometrici sono costantemente al di sotto delle medie dell'ultimo quadriennio, anche se al momento il Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno continua ad assicurare l'irrigazione sui quattro comprensori irrigui da 18.400 ettari mediante le derivazioni sottese alle traverse di Suio sul Garigliano e di Capua sul Volturno: "Nonostante una stagione invernale molto secca - afferma il commissario dell'Ente Francesco Todisco - al momento le operazioni procedono normalmente al netto di qualche difficoltà tecnica che stiamo affrontando, anche se resta alta l'attenzione per la minore portata idrica dei fiumi Garigliano e Volturno". In Campania si segnalano in deciso calo i volumi gli invasi del Cilento su fiume Alento, gestiti dal Consorzio Velia, che hanno meno acqua di un anno fa.

 

In Puglia, i bacini trattengono volumi d'acqua in linea con quelli del positivo 2021. Emblematico è il caso dell'invaso di Occhito sul Fortore, che il 17 giugno - con oltre 187,8 milioni di metri cubi, aveva addirittura più acqua di un anno fa. Ma in quest'area, a causa della siccità e del caldo, i consumi sono attesi aumentare. 


Si differenzia altresì la vicina Basilicata, il cui volume di risorsa stoccata è pari a 509,4 milioni di metri cubi al 6 giugno scorso, ultimo dato reso disponibile dall'Ente per l'Irrigazione della Puglia, Lucania ed Irpinia: giusto 39 milioni di metri cubi d'acqua in meno rispetto allo stesso giorno del 2021. Ma secondo Anbi la risorsa "cala di oltre 16 milioni di metri cubi in 12 giorni, confermando la tendenza a consumare maggiori quantità d'acqua rispetto al 2021 (+5 milioni di metri cubi) a causa delle alte temperature".


Infine, in questa annata straordinaria, la Sicilia è sorprendentemente al riparo dai rischi di un'estate assetata, grazie ai buoni livelli registrati nei bacini nel mese di maggio: +20% rispetto all'anno scorso. Qui addirittura si assiste anche allo svuotamento della diga Sciaguana di Agira, in provincia di Enna, un episodio sul quale però è in corso un'indagine amministrativa della Regione Siciliana.