Tiene l'industria alimentare, con un valore aggiunto in crescita dell'1,8% a prezzi correnti, con una diminuzione dell'1,8% in volume. Rispetto al 2019, nel 2020 è calata anche l'occupazione nel settore primario (-2,3%), con riduzioni sia per la componente del lavoro dipendente (-3,3%) e imprenditoriale (-1,8%). Difficile anche la situazione reddituale nel settore primario, con un calo del 2,3% per i redditi da lavoro dipendente. Brusco ridimensionamento anche per gli investimenti fissi, in calo a valori correnti del 12,3% e in volume (-12,2%).
Analizzando la situazione per filiere, nel 2020 l'Istat rileva un forte calo per l'olio d'oliva, con un sensibile calo in volume (-14,5%) che in valore (-22,4%), in particolare al Sud Italia, regioni nel quale si concentra gran parte della produzione nazionale. Scende anche la produzione 2020 di vino, con una contrazione del 2% nei volumi prodotti.
Perdite anche per le coltivazioni leguminose, che dopo il forte boom degli ultimi cinque anni, durante i quali era stata raggiunta una crescita complessiva del 50%, hanno registrato un calo in volume del 5% e del 3,3% in valore. Volumi in discesa anche per il florovivaismo (-8,4% in volume).
Difficoltà anche per il comparto zootecnico, che ha dovuto fare i conti con la riduzione dei consumi di carne, riducendo così la macellazione delle carni animali, del 3,6% in volume e del 7,7% in valore.
Per trovare i trend positivi di ortaggi, frutta e cereali. Le colture orticole hanno fatto registrare un lieve aumento dello 0,2% in volume e del 3,1% in valore. Importanti incrementi si sono registrati per patate, pomodori, fagioli freschi e cavoli, mentre sono scesi radicchi, asparagi e lattughe. Se da una parte la frutta estiva, complice il freddo primaverile, ha visto forti contrazioni per albicocche, pesche, nettarine e susine, la frutta ha ritrovato il sorriso con nocciole (+36,5% in volume) e per le pere (+35,5%).
Buone performance anche per i cereali, in crescita del 3% in volume e del +8% in valore, grazie all'impennata dei prezzi dovuta al forte incremento della domanda mondiale. La produzione delle attività secondarie, come già detto, si è ridotto nel 20,3% in volumi e del 20,6% in valore, pari a una perdita complessiva di 1,2 miliardi di euro.