La tracciabilità è uno dei temi centrali quando si parla di innovazione nel settore agroalimentare e la tecnologia blockchain è certamente lo strumento oggi più potente per "certificare" la storia di un cibo, dal campo alla tavola.

Attraverso l'uso della blockchain è possibile tenere traccia immutabile delle transazioni all'interno della filiera, di qualunque genere. Dalla produzione di vino a quella di olio, dalle mozzarelle ai mangimi per gli animali. Ma anche il catasto agricolo, come il registro dei trattori e finanche le attività all'interno della singola azienda agricola potranno essere tracciate e registrate all'interno della blockchain.

Blockchain che potrà offrire uno strumento gestionale per ottimizzare i processi di filiera, ma sarà anche uno strumento di marketing per chi si rivolge al consumatore finale, che mai come oggi è interessato a conoscere la storia di un cibo. E la blockchain è percepita come sinonimo di sicurezza e qualità.


Arriva la blockchain europea...

Fino ad oggi le aziende o le filiere che volevano tracciare i processi tramite blockchain erano obbligate a rivolgersi a privati. E infatti negli ultimi anni sono diverse le grandi aziende dell'Ict che hanno sviluppato rami di business ad hoc e sono migliaia a livello globale le startup che si sono lanciate in questo nuovo settore.

Qualcosa però potrebbe cambiare. Perché a livello europeo si è deciso di avviare la costruzione di una blockchain continentale, interoperabile e collaborativa, che offra servizi pubblici a quasi mezzo miliardo di cittadini europei. Nel 2018 l'Ue ha dato il via alla European blockchain partnership, una iniziativa che punta a favorire la collaborazione tra gli Stati membri. In questo contesto si inserisce l'Ebsi, European blockchain service infrastructure, una piattaforma blockchain continentale fatta dalle ventisette blockchain nazionali.


…e nazionale

E qui veniamo all'Italia. Ad inizio anno è stato lanciato il progetto Ibsi, Italian blockchain service infrastructure, promosso da Agenzia per l'Italia digitale, Cimea, Csi Piemonte, Enea, Inail, Infratel Italia, Inps, Politecnico di Milano, Poste italiane, Rse, Gse, Sogei e Università di Cagliari. Un progetto che punta a sviluppare un ecosistema basato su tecnologie di tipo distributed ledger, in linea con la strategia europea.

Ma perché realizzare una blockchain pubblica? "Sarà uno strumento utile al processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione che in questo modo sarà più efficiente e vicina ai cittadini", racconta Stefano Pizzuti, responsabile del Laboratorio smart cities and communities. "Ma sarà anche l'occasione per stabilire uno standard comune in tutta Europa che permetta l'interoperabilità di servizi e piattaforme".

Inizialmente infatti la blockchain pubblica italiana sarà utilizzata per digitalizzare e certificare tutti i servizi offerti dalla Pubblica amministrazione (Pa), sia livello centrale che locale. Qualche esempio? Titoli di studio, proprietà immobiliari, certificati di nascita, registro automobilistico, autorizzazioni ambientali e così via.

"Inizialmente la blockchain nazionale sarà dedicata alla sola Pa, ma successivamente l'obiettivo è quello di aprirla a sviluppatori terzi e di garantire l'interoperabilità con altre piattaforme", sottolinea Pizzuti.

I privati che dunque vorranno sfruttare la blockchain pubblica potranno farlo (anche se non sono stati ancora decisi i termini di utilizzo), ma idealmente anche piattaforme terze potranno interfacciarsi con la blockchain nazionale. È infatti probabile che lo standard adottato dalla blockchain europea diventerà poi di fatto lo standard di mercato, a cui tutti gli operatori pubblici e privati si allineeranno.

Per la filiera agroalimentare italiana lo sviluppo di una blockchain pubblica avrà un impatto positivo, almeno sulla carta. Nel senso che tutti i processi amministrativi che oggi passano da diversi canali saranno poi idealmente ricomposti in un'unica piattaforma. Varrà per la gestione dei premi Pac o dei Psr, per la richiesta del gasolio agricolo come per la realizzazione di nuove strutture o impianti.

E se l'idea che la blockchain pubblica certifichi anche le produzioni agroalimentari italiane è ancora estremamente lontana, è possibile che le blockchain private a cui oggi alcuni produttori si affidano in futuro siano interoperabili con quella pubblica, creando proficue sinergie.