In Sicilia e Puglia le piogge fanno altri danni, cadendo incessantemente e con violenza in poche ore, invece di arrecare beneficio, interrompendo un lungo periodo di siccità. E' la cronaca del 15 luglio 2020, che mette a nudo le fragilità territoriali e le debolezze strutturali di due importanti regioni del Mezzogiorno d'Italia, alle prese al tempo stesso con il rischio desertificazione, gli eventi meteo estremi e la mancanza di un numero adeguato di bacini di raccolta delle acque piovane.
 

Sicilia, pioggia rovinosa, mai così a luglio dal 1797

In Sicilia sulle province di Palermo e Catania si sono concentrate una serie di precipitazioni piovose - e in taluni casi di grandine - assolutamente senza precedenti recenti sull'Isola nel mese di luglio, arrecando ingenti danni alle colture. Gli annali meteo dell'isola risalgono per un evento del genere in luglio - oltre 80 millimetri di pioggia alla stazione meteo di Boccadifalco a Palermo in sole due ore, oltre un decimo delle precipitazioni di un anno intero - addirittura al 1797. E la disastrosa alluvione del capoluogo - al momento senza vittime confermate - evoca quella del febbraio del 1931, quando i morti annegati nelle strade si contarono a decine.

"Dalla siccità agli allagamenti in pochi minuti. In molte parti della Sicilia le campagne sono state letteralmente sommerse dall'acqua a cui si è aggiunta la grandine" comunica Coldiretti Sicilia, che fa notare come nella giornata del 15 luglio è diventato impossibile raggiungere molte delle aziende agricole del palermitano, proprio a causa degli allagamenti delle già disastrate strade rurali.

"Danni anche per i cerealicoltori. Nel palermitano, soprattutto nella zona di Gangi, chi non ha ancora trebbiato prevede la perdita di una grossa percentuale di produzione e chi ha la paglia in campagna subirà perdite ingenti - sottolinea Coldiretti.
 

Anbi, per la Sicilia pronti progetti di mitigazione per 23 milioni di euro

"Il drammatico evento meteo abbattutosi su Palermo e contro la cui violenza nulla è possibile fare, testimonia l'accentuata fragilità del territorio italiano a causa dell'estremizzazione degli eventi atmosferici, dovuta ai cambiamenti climatici, particolarmente evidenti in Sicilia, dove il 70% del territorio è paradossalmente a rischio desertificazione". Ad evidenziarlo è Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione le tutela del territorio e delle acque irrigue.

"In attesa dell'assunzione di azioni di contrasto a livello mondiale - aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - è indispensabile aumentare la capacità di resilienza delle comunità. Gli investimenti decisi da Governi e Regioni in anni recenti e la conseguente apertura dei primi cantieri contro il rischio idrogeologico sono una prima risposta, cui si aggiunge il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti recentemente presentato da Anbi".

Sono 12, per un ammontare complessivo di circa 23 milioni di euro, i progetti per la salvaguardia idrogeologica, redatti dai Consorzi di bonifica siciliani e ricompresi nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. A questi vanno aggiunti i progetti inerenti la sistemazione di tre dighe: nei comprensori di Caltagirone (importo: 110 milioni di euro), Gela (importo: 3.600.000 euro) e Palermo (diga di Garcia, per un importo di 80 milioni di euro); pur destinati prioritariamente all'irrigazione, tali interventi attrezzeranno opere importanti anche per trattenere eventuali bombe d'acqua.

"Tali progetti capaci anche di garantire centinaia di posti di lavoro - conclude Vincenzi, presidente di Anbi - confermano le capacità progettuali ancora presenti nei Consorzi di bonifica siciliani, annichiliti da commissariamenti senza fine, conseguenza di una mal interpretata funzione della politica ed a cui è urgente porre fine, restituendo agli enti consorziali le funzioni democratiche di autogoverno e la capacità di essere efficienti soggetti economici a servizio del territorio come avviene nel resto d'Italia".
 

Puglia, bombe d'acqua a Foggia e Lecce

Bombe d'acqua, grandine e vento forte nelle province di Foggia a Borgo Incoronata e Borgo Tavernola, Ortanova, Ordona, Stornara, Stornarella e Carapelle e a Lecce con epicentro a Campi Salentina, Guagnano e Nardò con campi allagati e colture in stress idrico in un'estate in crisi con repentini e violenti fenomeni di clima tropicale e un aumento del 22% dei nubifragi rispetto all'anno scorso. E' quanto denuncia Coldiretti Puglia all'indomani dell'ennesima furiosa ondata di maltempo che ha colpito la regione.

"La gestione del rischio e le scelte in tema di assicurazioni in agricoltura vanno profondamente riviste, perché incidono sulla redditività e sulla liquidità delle imprese agricole, insieme alla corretta programmazione e gestione aziendale. I fenomeni estremi, oltre ad azzerare le produzioni, danneggiano le piante, le strutture, serre e tendoni, con episodi violenti e controversi che si abbattono sulle campagne", afferma Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

"Intanto cresce il fenomeno della siccità con le sole dighe del foggiano che registrano una perdita di 106 milioni di metri cubi d'acqua al 15 luglio 2020 rispetto alla stessa data dell'anno scorso per la penuria di piogge. La vera grande opera prioritaria sarebbe la realizzazione di una grande rete di bacini diffusi capace di garantire una costante disponibilità di acqua per l'agricoltura e la produzione di cibo, oltre che per gli impianti per energia rinnovabile e gli stessi usi domestici", sottolinea Muraglia.

Al tempo stesso in Puglia le aree a rischio desertificazione sono pari al 57% del territorio regionale per i perduranti e frequenti fenomeni siccitosi, dove per le carenze infrastrutturali e le reti colabrodo viene perso l'89% dell'acqua di pioggia sostiene Coldiretti Puglia, sulla base dei dati di Anbi, segnalando il conto salato pagato dall'agricoltura, soggetta ai cambiamenti climatici e alla siccità.