Il mutare dei modelli alimentari degli italiani rappresenta per il comparto agricolo una sfida enorme, che racchiude in se molte potenziali criticità e opportunità.
La ricerca di una maniera efficace per affrontare l'evoluzione dei costumi alimentari è stata l'argomento del convegno, organizzato nel Castello di San Giorgio di Fiumicino (Rm) dall'azienda agricola Maccarese in collaborazione con la Coldiretti, dal titolo: "Modelli alimentari che cambiano: continue sfide per il mondo agricolo".

All'incontro hanno partecipato, oltre al presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e all'amministratore delegato della Maccarese Spa Silvio Salera, Luigi Cremonini, presidente del gruppo Cremonini; Pietro Migliaccio, presidente della società italiana di Scienza dell'alimentazione; Angelo Frascarelli, docente di Economia agraria all'Università di Perugia; lo chef Antonio Colonna e Francesco Divella, dell'omonimo pastificio.
 
Nel corso del dibattito è emerso come la dieta mediterranea, in virtù del suo principio di equilibrio tra tutti gli alimenti, continui a essere la più adatta per l'essere umano. A testimonianza del valore della nostra cultura alimentare è stato citato da tutti i relatori il dato della longevità della popolazione italiana, certificata dalla classifica pubblicata da Bloomberg sul Global health index.
La dieta mediterranea, tuttavia, continua ad essere attaccata con violenza da più fronti: dalle mode alimentari vegetariane all'estremismo militante vegan, passando per i semafori che alcuni vorrebbero imporre in Europa.
 
Per quanto riguarda la carne, soprattutto bovina, negli ultimi anni si è assistito a un sensibile calo dei consumi imputabile, secondo i relatori, a diversi fattori, molti dei quali non ricollegabili alla demonizzazione mediatica che il settore della zootecnia sta subendo.

Al di la delle scelte etiche di vegetariani e vegan, o di quelle che Moncalvo ha definito "campagne di disinformazione a favore di mode estemporanee non suffragate da alcuna validità di carattere scientifico e nutrizionale", infatti, parte del calo dei consumi va attribuito alla crisi economica ("Un chilo di carne bovina costa quanto tre chili di pollo. E il consumo di pollo è in crescita" ha spiegato con disarmante chiarezza Cremonini) e in parte a mutamenti sociali che spostano la richiesta dei consumatori verso prodotti a maggiore contenuto di servizi: è il caso dell'hamburger, che cresce a dispetto di tagli più 'tradizionali' per il semplice fatto di richiedere per la preparazione tempi brevissimi e praticamente nessuna capacità culinaria.

"Oggi se ne consuma di meno, - ha affermato Moncalvo - ma la carne è ancora mangiata abitualmente da 9 italiani su 10 che cercano sempre più spesso il made in Italy perché consapevoli della qualità e della sicurezza alimentare delle produzioni nazionali".

Sicurezza, tracciabilità, controlli, affidabilità, garanzie ed eccellenza sotto ogni profilo dei nostri prodotti agricoli e zootecnici sono stati individuati come chiave di volta di una nuova necessaria comunicazione ai consumatori, che da un lato sono più consapevoli e attenti a origine e tracciabilità degli alimenti, dall'altro sono bombardati con informazioni spesso false.

"Il nostro principale punto di forza è che la verità è dalla nostra e noi dobbiamo veicolarla in ogni modo possibile, con chiarezza e semplicità" ha dichiarato il presidente della Coldiretti, sottolineando come vadano però evitate a ogni costo scorciatoie e ipersemplificazioni come quelle del semaforo alimentare, elaborato su parametri dettati dalle multinazionali dell'alimentazione chimica che lo sostengono, e che vedrebbe bollato come insalubre circa l'85% dei prodotti alimentari made in Italy.
"L'Unione europea deve intervenire per impedire un sistema di etichettatura, fuorviante discriminatorio e incompleto, che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali, che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta" ha affermato Moncalvo.

In sintesi, è stato osservato come il consumatore esprima un'esigenza di consumo sempre più differenziata e mutevole nel tempo, effettuando le proprie scelte in base a più criteri di consumo, talvolta contrastanti. Tutto ciò determina una velocizzazione dei cambiamenti e un allentamento della fedeltà alla marca, al prodotto, al servizio, al canale di acquisto.

In questo quadro sia la velocità di reazione ai cambiamenti, che la capacità di anticipare e indurre il mutamento stesso, diventano fattori strategici per il sistema delle imprese, che dovrà dotarsi di strumenti organizzativi idonei. Sarà necessario un diverso approccio alle tecnologie, che consenta di intercettare in tempo reale le evoluzioni della domanda e conciliare le esigenze di variabilità derivanti dai consumi con la rigidità propria della produzione agricola.

A livello di produzione primaria sarà necessario sperimentare nuove forme di organizzazione orizzontale e di integrazione verticale gestite dalla fase agricola, anche in modo da bilanciare il potere contrattuale delle fasi a valle e a monte favorendo nel contempo una maggiore efficienza e competitività della filiera.

Dulcis in fundo, sarà necessario esplorare anche forme di commercializzazione più o meno innovative, come la vendita diretta, ma anche la realizzazione di prodotti e/o processi qualitativamente differenziati per rispondere a una richiesta sempre più eterogenea in termini di certificabilità dei prodotti, benessere animale, sostenibilità ambientale e via di seguito, in una pletora di elementi di scelta che nulla hanno a che fare con l'aspetto nutrizionale dei prodotti.
 
"Il mercato alimentare della sola città di Roma vale 6 miliardi di euro l'anno, ma le aziende agricole locali contribuiscono ad alimentare i consumi della capitale per appena il 10%" ha concluso l'assessore all'Agricoltura della Regione Lazio Carlo Hausmann"La nostra sfida è alzare la soglia delle derrate fornite dal sistema agricolo di prossimità, quello su cui poggia la filiera dei prodotti a chilometro zero".
Rimane da vedere se le singole aziende e la struttura del settore sarà in grado di evolversi nelle direzioni prospettate o se, come spesso ha fatto con più o meno successo, vorrà attendere che 'passi la bufera' e conservare la sua attuale struttura sostanzialmente monolitica, in cui l'innovazione viene sovente invocata e raramente applicata.