Con queste parole, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha sciolto ogni dubbio in merito all’enciclica scritta un anno fa da Papa Francesco, in una lectio magistralis che ha tenuto sabato scorso a Veronafiere, nell’ambito dell’incontro promosso da Veronafiere, Banca Popolare di Verona, Coldiretti, Agsm sul tema “Verso una conversione ecologica globale”.
Un’ora e mezza a ritmi serrati, in cui non sono mancati messaggi anche alla politica (“Nei giorni scorsi qualcuno ha dichiarato che il suo Papa è Benedetto; bene, volevo far presente che il pontificato di Francesco è in linea con quanto affermato da Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”, ha detto Galantino), ma in cui si è ragionato molto sul ruolo dell’uomo nell’approccio corretto e spirituale alla gestione della casa comune.
Da dove nasce l’enciclica sull’ambiente? Per monsignor Galantino segue la missione dichiarata dal Papa fin dalla sua elezione al soglio di Pietro. “Sogno una chiesa povera tra i poveri – ha detto Galantino -. La Laudato si’ parla della custodia del creato e per Francesco l’ambiente è una delle povertà, uno degli anelli deboli di questa società”. E lo scrive apertamente, il Papa, quando parla di terra povera, “una terra che non è nata povera, ma è stata resa povera".
A chi si rivolge? “È un dialogo con tutti e fra tutti, riguarda la gestione dell’òikos, la casa comune – ha proseguito – ed è destinata a ogni persona sul pianeta. Lo ha ricordato anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che è un’enciclica che parla a tutti, non solo ai cattolici. Però devo smentirlo quando ha detto che è stata accolta favorevolmente da tutti. Non è così, purtroppo. Ci sono stati degli irriducibili, per così dire, rappresentati dalle lobby di alcuni ambienti politico-finanziari, che hanno avuto reazioni negative”.
Il messaggio di Papa Francesco parte dai concetti contenuti nel Libro della Genesi, in cui si narra di quando Dio affidò la terra all’uomo, perché la coltivasse e la custodisse. “Ma l’invito contenuto nella Laudato si’ di una conversione ecologica – ha puntualizzato Galantino – non è un invito ad arruolarsi nelle fila degli ecologisti nostrani, ma a vivere con responsabilità e realismo l’impegno appunto di coltivare e custodire il giardino dell’Eden”.
Un rispetto all’universalità dei beni, molto di più, insomma, a una visione di un messaggio verde. Piuttosto, sarebbe corretto parlare di “ecologia integrale, che comporta un impegno ad andare oltre l’ecologia ambientale, che pure ne è parte, per abbracciare gli aspetti legati all’ecologia politico-sociale, educativa, di relazione”. Perché, come ha ribadito il segretario generale della Cei, “Papa Francesco sottolinea il nesso fra povertà della terra e povertà delle persone; dove il terreno si è impoverito, allora si vive nella fragilità e nella povertà e gli esclusi di oggi saranno gli eliminati di domani”.
Di fronte a un messaggio complesso, che invita al dialogo, all’interdipendenza, all’opportunità collettiva, per monsignor Galantino “bisogna cogliere l’invito alla tecnica e alla tecnologia e rifuggire la tecnocrazia, che è bramosia di potere e l’esatto contrario della scienza”.
Un’enciclica, quella di Francesco, che è una “ecologia del quotidiano, che rifiuta una concezione new age della natura, perché l’uomo non è una parte esclusa del progetto di Dio”. Che riguarda anche l’ambiente.