Il futuro della Pac, l’esigenza di armonizzare gli schemi di intervento per evitare discrepanze sul versante della competitività, il rafforzamento del Secondo pilastro nell’ambito delle politiche agricole comunitarie, l’esigenza di intervenire in materia di spreco alimentare e di economia circolare.
Sono i temi toccati dalla dottoressa Morvarid Bagherzadeh, policy analist della Direzione Commercio e agricoltura dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) nell’intervista rilasciata nei giorni scorsi ad AgroNotizie, durante la Conferenza europea sullo Sviluppo rurale di Cork.

La Pac ha rotto gli schemi e ha fatto schizzare in alto i prezzi della terra. Nella nostra visione, quando si adottano alcune tipologie di sussidio, non deve essere per sempre, ma dovremmo fare in modo che siano aiuti temporanei.
Il Primo pilastro è stato previsto nel momento in cui la Politica agricola comunitaria privilegiava misure a sostegno del mercato, elementi finalizzati a sostenere una minore produzione e per incentivare i sistemi di commercio
”.

Secondo lei ha funzionato?
Sì, credo che abbia funzionato molto bene. Ci sono ancora alcuni elementi di sostegno del mercato che possono essere mantenuti.
Penso che si tratti essenzialmente per motivi di negoziazione internazionale, non certo perché il settore agricolo ha bisogno di misure a sostegno del mercato. Penso che sia una carta negoziale che l’Ue ha mantenuto quando arriva il momento di stallo dei negoziati tra i partner commerciali
”.

Quali mancanze denuncia nell’ambito della Pac?
Vedo alcune discrepanze. Molti Stati membri si sono impegnati duramente per utilizzare al massimo l’aumento volontario degli aiuti accoppiati nel Primo pilastro. Tuttavia, constatiamo che la Germania è l’unica nazione che non li ha utilizzati. Mi piacerebbe vedere per il futuro una parità di trattamento. Prendiamo ad esempio il settore della carne bovina, supportato in altri Stati: un allevatore tedesco è svantaggiato rispetto all’agricoltore francese o al contadino italiano”.

Cosa ne deduce?
Dobbiamo chiederci: si tratta di un uso estensivo delle possibilità sul supporto accoppiato facoltativo, chiaramente, ma questo è utile per il settore agricolo o no? Abbiamo creato discrepanze? E se sì, come possiamo eliminare le disparità? Il Secondo pilastro è la risposta? Dovrebbero tutti i pagamenti essere spostati dal Primo al Secondo pilastro per una pianificazione più a medio termine o no? Più strutturali e settoriali o no?"

Cosa pensa a riguardo?
L’Ocse suggerisce di sostenere il singolo agricoltore, perché quando si sostiene un contadino lo si tiene nella sua attività e in questo modo diminuiscono i regolamenti”.

Lei è dunque favorevole a rafforzare il Secondo pilastro?
Sì. Non tutto il Secondo pilastro, ma quegli elementi che sono in grado di aumentare la produttività a lungo periodo, di sostenere ricerca e sviluppo, innovazione, infrastrutture, banda larga. La politica di Sviluppo rurale dovrebbe pertanto sostenere la produttività a medio e lungo periodo, l’istruzione, la ricerca. È questa la direzione cui dovrebbe tendere la Pac ed è là che dovremmo impegnarci ad andare”.

A più riprese i tavoli tecnici della Conferenza di Cork 2.0 hanno evidenziato la necessità di un nuovo approccio e di un’attenzione più viva verso lo spreco alimentare e l’economia circolare. Come possiamo migliorare?
“Su questi temi abbiamo avuto una conferenza lo scorso giugno, dove abbiamo coinvolto non soltanto la parte europea, ma tutti i componenti dell’Ocse. Riteniamo che l’adozione di sistemi di economia circolare potrebbe rafforzare le economie e alcuni Stati Membri dell’Ue hanno adottato anticipo un programma di riduzione dei rifiuti alimentari.
Migliorare la catena di approvvigionamento alimentare è davvero un passo molto importante per i benefici che può portare, migliorando le relazioni fra gli agricoltori, ma anche la vendita al dettaglio, e i rapporti contrattuali all’interno della filiera stessa”.

Che cosa manca?
Siamo tuttavia convinti che quello che manchi siano i dati. Non c'è una definizione comune e sarebbe forse opportuno fare in modo che tutti si vada verso una definizione comune dei rifiuti alimentari. Sarebbe molto importante per poter effettuare confronti. La raccolta dei dati sarà uno dei punti chiave per catalogare gli sprechi per settore, per tipologia. E sarebbe importante poter raccogliere informazioni provenienti da tutto il mondo, ma già una piattaforma europea potrebbe essere una grande leva per risolvere questo problema.
Penso che l’Ue sia impegnata a ridurre gli sprechi, ma è un problema che potrà essere più facilmente gestito a livello nazionale o regionale. Ci sono alcune comunicazioni da trasmettere e penso che ci stiano lavorando
”.