A provarlo è una ricerca condotta da Wired e Ibm Italia, in collaborazione con Coldiretti Giovani Impresa, su un campione di 429 aziende agricole nostrane.
Il dato più significativo che emerge è lo scostamento tra la consapevolezza della necessità di innovare e l’effettiva applicazione della tecnologia in campo. Il 66,4% delle imprese si definisce innovativa, ma il 26,1% non è su internet. Il 75% degli intervistati si è detto interessato a Big data, droni e genomica, ma solo il 30% ne ha programmato l’utilizzo e solo il 10% ha progetti in corso. Un dato eloquente che svela come il trasferimento tecnologico sia ancora difficoltoso.
L’innovazione passa anche dalla comunicazione e dall’uso dei nuovi media, soprattutto social. Il 93% degli agricoltori è infatti consapevole dell’importanza di investire in marketing e comunicazione, ma solo il 7% ha previsto un budget per queste attività. E solo il 28% vende i propri prodotti online tramite e-commerce. Dato che si riflette anche sull’internazionalizzazione, visto che il 98% ha come mercato di riferimento l’Italia.
Il 74% delle aziende agricole presidia il web. Ma come? La maggior parte ha un sito internet, seguono profili Facebook, e-commerce, Twitter, Instagram e infine LinkedIn.
Ma in quali ambiti le imprese sono innovative? Nel 75% dei casi nel processo produttivo, seguono promozione del prodotto, scelta delle colture, distribuzione e stoccaggio, ingaggio dei clienti e infine processi di raccolta.
E quali sono invece le tecnologie più conosciute? I droni per il monitoraggio dei campi sono in cima alla classifica, visto che l’84% degli agricoltori 2.0 è a conoscenza delle potenzialità degli aeromobili. Al 52,2% c’è il sensoming, l’analisi dei dati provenienti da sensori sul campo. Al 50,1% il digital agronomist, che coniuga la scienza dell'agronomia e le nuove frontiere aperte dal digitale.
A fronte di questi dati l'effettiva applicazione in campo è scarsa. Il 69,9% del campione, ad esempio, non ha intenzione di utilizzare i droni nel breve periodo, e solo il 7,7% già lavora con il sensoming. La tecnologia su campo è invece tra le più impiegate, insieme ai Big Data per il farming (8,4%). È poco conosciuto e poco impiegato il co-living e il co-working.
Come era facile prevedere gli agricoltori più interessati all’innovazione sono i giovani, specie gli under 35. In particolar modo quelli alla guida di imprese di medie dimensioni, con un utile alto. Sono anche le imprese che sono più sensibili al tema della sostenibilità: recuperano gli scarti di lavorazione, usano energie rinnovabili, riducono i consumi e prediligono pratiche culturali non invasive.
Spesso poi, chi innova lo fa anche in maniera creativa. L’81,9% degli intervistati realizza soluzioni nuove nella creazione di prodotti (36,3%), la rivitalizzazione di quelli esistenti (21,3%) e l’immissione in mercati diversi (13,7%). In generale si innova di più al nord, meno al Sud, con picchi a Pavia, Mantova e Brescia. Ma il Mezzogiorno non sta a guardare, con i territori di Cosenza e Caserta anch’essi molto avanzati da questo punto di vista.