Per i visitatori di Expo oggi ci sarà un’occasione in più per capire quanto buono sia nutrire il pianeta e quanta energia per la vita venga dal lavoro dei campi.
La sfida la lancia Agrinsieme che partecipa alla “Festa della frutta e della verdura” promossa oggi da Expo, con iniziative speciali rivolte a stimolare il consumo di frutta e con una riflessione a più voci sul comparto ortofrutticolo, che è il principale del nostro agroalimentare sia per fatturato che per export. Ma nonostante sia così importante è un settore sottovalutato sia nelle politiche economiche sia in quelle che hanno a che fare con la corretta alimentazione.

Per questo - sostiene Dino Scanavino, coordinatore nazionale di Agrinsieme e presidente di Cia - la nostra partecipazione alla “Festa della frutta e della verdura” che lodevolmente Expo ha indetto si articola in tre momenti e poggia su altrettanti capitoli: il primo è la necessità di rilanciare i consumi interni, anche per ragioni di salute e benessere dei consumatori; il secondo è chiedere un reddito equo e stabile per le imprese agricole accorciando la filiera e soprattutto restringendo la forbice tra prezzi in campo e prezzi al consumo; il terzo è la difesa del made in Italy in un comparto che è cresciuto grazie all’export, ma che ha avuto pesanti contraccolpi dall’aumento delle barriere non tariffarie (specie fitosanitarie) degli altri Paesi nonché dalla chiusura, dallo scorso anno, del mercato russo”.
 
Consumi: lieve rimbalzo, ma è a rischio la dieta mediterranea
Sembra un paradosso - sottolinea Scanavino - ma proprio noi italiani che siamo i detentori del più sano regime alimentare del mondo lo stiamo abbandonando per due fondamentali ragioni: la prima è che la crisi ha tolto potere d’acquisto alle famiglie che si orientano su cibi sazianti a minor valore, la seconda che abbiamo importato modelli di consumo alimentari che non appartengono alla nostra cultura e che si rivelano non salutari. Per questo da Expo vogliamo rilanciare il consumo di frutta e verdura”.

Complice il caldo dell’ultimo mese si è avuto un parziale risveglio dei consumi di frutta e verdura, con un incremento stimato nell’ordine del 5%. Ma è troppo poco per recuperare la costante erosione di consumo che ha investito soprattutto i giovani che sembrano attratti dal junk-food. Analizzando i dati di Nomisma, viene fuori che gli italiani negli ultimi 15 anni hanno ridotto di 1,7 milioni di tonnellate il consumo di frutta e verdura (pari al 18% in meno). Nell’ultimo anno i consumi di prodotti ortofrutticoli freschi si sono fermati a 130,6 kg, vale a dire 360 grammi al giorno a testa: a soffrire soprattutto la frutta (-15%) mentre gli ortaggi limitano la contrazione al 6%. Meglio fa solo la Spagna, con 179,4 kg a testa; dati peggiori per Svizzera (106,5), Germania (194), Regno Unito (99,6) e Francia (85,2).
Il dato del consumo giornaliero ha allontanato l’Italia dalla razione giornaliera raccomandata, pari a 400 grammi al giorno suddivisi in 4 porzioni di frutta e verdura. Il 22% della frutta è acquistata confezionata e il restante 78% sfusa. Per la frutta, tra i canali di vendita, primeggia il dettaglio (85%), seguito da alberghi, ristoranti e catering (13,9%) e da mense ospedaliere, scolastiche e aziendali (1,1%).
Come detto però negli ultimi mesi si è avuta una lieve ma significativa inversione di tendenza. Un dato confermato indirettamente anche da Google che, attraverso il suo Google Summer Trends, la classifica del motore di ricerca sulle principali ricerche estive sul web, certifica come gli alimenti più ricercati dagli italiani siano stati nell’ultimo mese ciliegie, banana, mela e melone. Nella top ten anche fragole, fave e albicocche.
Infine un dato su cui occorre riflettere è quello che lega il consumo di frutta e verdura alla salute. Secondo un recente studio 600 grammi al giorno di frutta e verdura riducono del 15% il rischio di malattie cardiovascolari, del 27% i rischi di patologie respiratore e di oltre il 40% il rischio di malattie dell’apparato digerente.
 
Tredici miliardi di fatturato, ma pesa l’embargo russo
Con un fatturato che supera i 13 miliardi l’anno, il comparto ortofrutta rappresenta da solo un quarto del valore della nostra produzione agricola e la prima voce del nostro export agroalimentare, circa un terzo dell’intero fatturato esterno del sistema. Nel settore ortofrutta sono impegnate all’incirca 450 mila aziende agricole che coltivano 850 mila ettari, vale a dire il 7% della superficie agricola utilizzata. Il che conferisce al nostro Paese la leadership europea.
Nel dettaglio, siamo leader nell’export delle pere (con 718 mila tonnellate destinate soprattutto alla Germania); stabili sull’uva da tavola che viene esportata per la metà, con il mercato Usa e le varietà senza semi in crescita; siamo il secondo maggior produttore mondiali di kiwi (dopo la Cina) che esportiamo all’80% in 100 Paesi; mentre abbiamo ceduto su un prodotto storico come gli agrumi, su cui la bilancia import/export è negativa. In termini di quantità esportiamo complessivamente quasi 4 milioni di tonnellate di prodotti (incremento del 14% lo scorso anno).
Ma a frenare i risultati c’è stato l’aumento degli ostacoli al nostro export frapposti da altri Paesi e, dallo scorso anno, l’embargo deciso dalla Russia. Il mercato russo incideva per il 39% delle esportazioni europee, ed è tra i maggiori importatori di pere e di pesche. Occorre essere più incisivi per negoziare con i Paesi nostri principali clienti maggiori aperture ai nostri prodotti; e magari trattare direttamente con Mosca per trovare soluzioni comuni per superare l’embargo.
 
L’ortofrutta italiana in cifre
L’Italia è uno dei principali produttori ortofrutticoli al mondo collocandosi in ottava posizione preceduta da Paesi che tuttavia hanno a disposizione una superficie agricola utilizzata di gran lunga superiore. 
Il settore ortofrutticolo è uno dei più rilevanti della nostra agricoltura; infatti nel 2014 il valore della produzione agricola italiana ha superato i 50 miliardi di euro e quello delle produzioni ortofrutticole fresche (senza contare i trasformati industriali) ha sfiorato i 12 miliardi, rappresentando, quindi, quasi un quarto del totale della produzione agricola nazionale.
Sul fronte dell’export nel 2014 il valore dell’esportazione italiana di ortofrutticoli freschi e trasformati risulta superiore ai 7 miliardi di euro e rappresenta la prima voce dell’export agroalimentare. Nei primi quattro mesi del 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, si registra un andamento positivo per tutte le voci del segmento.

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