Via libera all'accordo di massima sul nuovo regolamento europeo che prevede la possibilità per gli Stati membri di vietare la coltura degli Ogm al loro interno.
Dopo l'ok dei ministri dell'Ambiente europei adesso si attende la formale approvazione del Comitato degli ambasciatori Ue (Coreper) e del Parlamento europeo il prossimo gennaio. Soddisfatto il ministro italiano Gian Luca Galletti, che parla di “grande traguardo europeo sotto la Presidenza italiana: il riconoscimento della sovranità e dell'autonomia dei singoli Stati nella coltivazione degli Ogm". Critiche invece da alcune associazioni ambientaliste, come Greenpeace, secondo la quale l'accordo lega le mani ai governi negando loro la piena libertà di usare l'evidente rischio ambientale per vietare gli Ogm lasciandoli vulnerabili ai ricorsi legali delle multinazionali del transgenico.

Stati membri liberi di vietare la coltura di Ogm al loro interno. Questo è il cuore del nuovo accordo raggiunto a Bruxelles tra i governi nazionali. I Paesi Ue potranno restringere o vietare la coltura degli Ogm su una parte o sull'insieme del loro territorio, nonostante essi siano stati autorizzati o siano in corso di autorizzazione a livello europeo. Gli Stati membri contrari all'introduzione di una coltura di Ogm possano segnalare la propria opposizione già durante la fase di autorizzazione comunitaria, anche dopo questa autorizzazione e senza più alcun limite di tempo. Scompare anche l'obbligo per gli Stati membri di negoziare direttamente con le società biotech, continuerà infatti ad essere la Commissione europea a fare da tramite. I divieti nazionali potranno essere motivati con ragioni socio-economiche, di politica agricola, per evitare la contaminazione di altri prodotti o anche per ragioni di politica ambientale a condizione che non si oppongano, ma siano "distinte e complementari", alla valutazione di rischio ambientale, che compete alla sola all'Autorità europea di sicurezza alimentare (Efsa). La Commissione europea dovrà fare un rapporto di monitoraggio ogni quattro anni sugli eventuali casi di contaminazione transgenica e le linee guida sulla valutazione di rischio ambientale (entro due anni).

Disposizione speciali per zone di confine. Lungo i confini, i Paesi che coltivano Ogm dovranno adottare misure obbligatorie di "coesistenza": in assenza barriere naturali, come tratti di mare o montagne, dovranno essere predisposte, in accordo tra i due paesi interessati, barriere fisiche e altri accorgimenti per impedire la contaminazione transgenica delle colture tradizionali o biologiche oltre confine.

Italia soddisfatta. "L'accordo di principio raggiunto tra Consiglio, Commissione e Parlamento a Bruxelles ci porta molto vicini a un grande traguardo europeo sotto la Presidenza di turno italiana: il riconoscimento della sovranità e dell'autonomia dei singoli Stati nella coltivazione degli Ogm". Così il ministro dell'Ambiente italiano Gian Luca Galletti, commenta l'esito del lungo negoziato. "Con questo testo abbiamo raggiunto un compromesso equo e bilanciato attento a valorizzare le realtà dei singoli Stati, che crea finalmente le condizioni necessarie per garantire la libertà di scelta a livello nazionale sulla coltivazione degli Ogm".
L'Italia è la nona presidenza dell'Unione che tenta di portare in porto questo accordo. “L'accordo raggiunto segna un importante passo avanti per il varo di una normativa che permetterà una maggiore flessibilità per gli Stati membri nella limitazione o divieto degli Ogm” ha commentato Giovanni La Via, presidente della commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare del Parlamento europeo.

Un accordo al ribasso, secondo gli ambientalisti. Critica la posizione di Greenpeace che, oltre a criticare la debolezza complessiva dell'accordo rispetto alla proposta del Parlamento europeo, parla di minore libertà per gli Stati: “Questo testo non fornisce una solida base legale a quei Paesi che volessero vietare gli Ogm – attacca Marco Contiero, esperto agricoltura Grenpeace – Il non poter utilizzare liberamente il rischio ambientale, lascia questi Paesi sotto la minaccia di un'azione legale da parte delle multinazionali”.