“I risultati sono interessanti e confermano i valori già rilevati in Italia nel corso di diverse prove sperimentali - ha commentato il prof. Maggiore -. Come previsto, gli ibridi Ogm non hanno presentato nessuna traccia di attacco di Ostrinia nubilalis, il lepidottero comunemente noto come piralide, che infesta le coltivazioni di mais tradizionale e genera micotossine estremamente tossiche per l’uomo”.
“Ancora più importante è quanto emerso sulla commistione da fecondazione - ha proseguito Maggiore -. Oltre i 15 metri dalla fonte di emissione non si riscontra inquinamento da polline. Questo significa che per ottenere la coesistenza è sufficiente bordare i campi di mais geneticamente modificato con un massimo di 20 metri di ibridi di mais non Ogm, una superficie che va mantenuta anche per evitare di favorire lo sviluppo di resistenze nelle popolazioni di Ostrinia nubilalis. Dai campioni analizzati emerge quindi che non c'è stata commistione da fecondazione con campi di altri produttori. Non si deve inoltre dimenticare che l'uso del mais ha generalmente valori di commistione più alti”.
“Bisogna precisare che le analisi effettuate sul campo di Vivaro hanno uno scopo puramente dimostrativo, da cui non possono emergere valori scientifici assoluti ma solo prove di campo comparative su una realtà aziendale - ha dichiarato il professor Defez -. Per valutare le varietà più adatte all’ambiente italiano è infatti fondamentale prendere in considerazione contemporaneamente vari materiali genetici da più località e portare avanti una vera e propria sperimentazione sul campo, che in questo momento in Italia è totalmente azzerata”.
“Il tema della ricerca pubblica è allarmante e molto grave - continua Defez -. Le istituzioni a tutti i livelli hanno scelto di vietare la sperimentazione in campo sulle biotecnologie, passata da 300 progetti in campo a zero, imbavagliando così la scienza e creando un clima di paura totalmente ingiustificato supportato dalla mancanza di informazioni. Una lacuna che da ormai 12 anni isola l’Italia dall’Europa, mentre al settore agricolo non viene permesso di accedere all’innovazione con il risultato che, come emerge da un’indagine dell’Associazione maiscoltori italiani, quasi un terzo del mais italiano prodotto nel 2012 è cancerogeno a causa della presenza di micotossine e per questo è rimasto fuori dal mercato alimentare”.
“Il campo di mais Ogm di Vivaro è stato seminato per dare voce all'agricoltura e alla scienza - ha affermato infine Dalla Libera -. La politica italiana ha bloccato la ricerca pubblica e privata, impedendo di mettere in luce i vantaggi delle biotecnologie: noi ci siamo sostituiti allo Stato e abbiamo fatto in modo che la sperimentazione sul campo nel nostro Paese potesse riprendere. I risultati emersi dalle analisi non fanno che ribadire quanto la scienza afferma da anni, ovvero che coltivare sementi geneticamente migliorate in Italia non comporta nessun rischio per l’ambiente e per la salute. I risultati delle analisi sono a disposizione delle istituzioni e ci auguriamo che possano essere finalmente presi in considerazione nel dibattito pubblico e nei processi decisionali”.
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Fonte: Futuragra