Anche le Capitali europee hanno siglato la propria posizione sulla riforma della Politica agricola comune: a una settimana dal voto nell’aula plenaria di Strasburgo, dove si è definito il parere del Parlamento europeo sul corposo dossier, martedì 19 marzo è stata la volta degli Stati membri. Tutti pronti, ora, per le negoziazioni finali tra le tre istituzioni – compresa la Commissione, cui si deve la proposta originaria – a partire dall’11 aprile.
Ecco quali sono gli elementi principali delle indicazioni date dagli Stati membri, e in cosa si differenziano rispetto alle idee dell’esecutivo di Bruxelles e a quelle degli eurodeputati.

Capping volontario, greening più flessibile e con più deroghe
Le capitali non vogliono fissare un tetto massimo per gli aiuti diretti agli agricoltori, o meglio intendono il cosiddetto capping – che Commissione e Parlamento europeo vogliono fissare a 300mila euro – come “volontario”. Così facendo, non si recupererebbero le risorse dai sussidi dati alle grande industrie alimentari per ridistribuirle, invece, ai piccoli produttori.
Sulle misure ecocompatibili da imporre agli agricoltori, i governi nazionali concordano con i parlamentari europei nel chiedere un’introduzione differenziata, a seconda delle dimensioni dell’attività produttiva. Si richiede anche più flessibilità ed è prevista una lista più ampia di tipologie di superficie che sarebbero escluse da tali richieste “green” (ad esempio, oltre a arboreti e frutteti, anche coltivazioni di leguminose e aree forestali non sarebbero sottoposte a queste norme).
Paradossalmente, però, pur annacquando le regole per la tutela dell’ambiente previste della Commissione, il Consiglio chiede che coloro che vi sono sottoposti e non le rispettano, siano puniti non solo con la perdita del 30% di aiuti diretti, ma anche con sanzioni aggiuntive (posizione in linea con la Commissione ma contraria al parere degli eurodeputati).
Le capitali si allontanano dalle richieste dell’Europarlamento anche per quanto riguarda il doppio pagamento, tanto osteggiato dalla camera di Strasburgo, per cui di fatto l’agricoltore viene remunerato due volte – sotto il greening del primo pilastro e sotto il secondo, tramite gli schemi dello sviluppo rurale dedicati all’ambiente – per la stessa condotta ecosostenibile.

Più tempo per arrivare al pagamento uniforme per ettaro
I ministri propongono lo stesso approccio per equilibrare i sussidi agli agricoltori tra i diversi Stati membri (cosiddetta “convergenza esterna”) e quelli ai produttori tra le varie aree geografiche del Paese (cosiddetta “convergenza interna”). Ma, per quest’ultimo obiettivo, chiedono più gradualità rispetto alle intenzioni della Commissione europea di arrivare a un pagamento uniforme per ettaro su tutta la superficie nazionale/regionale entro il 2019.

Quote zucchero fino al 2017, diritti d’impianto per il vino fino al 2024
I ministri dell’Agricoltura hanno chiesto di estendere il regime delle quote zucchero fino a ottobre 2017, per permettere a chi coltiva barbabietola di prepararsi alla futura liberalizzazione in questa filiera. La Presidenza irlandese ha sottolineato che si è trattato di uno dei punti di discussione più controversi.
Per il settore vitivinicolo, si chiede un nuovo schema di diritti d’impianto valido tra il 2019 e la fine del 2024, con una revisione a metà di questo periodo per valutarne l’impatto.
Gli eurodeputati, invece, sono per un’estensione del regime attuale fino al 2030.