Obiettivo agricoltura: a pochi giorni dalle prossime elezioni politiche, Agronotizie ha rivolto 10 domande ai candidati, ai partiti e ai movimenti in corsa, sulle questioni più stringenti che riguardano il presente, e soprattutto il futuro, del settore primario.

Al nostro appello ha risposto Oscar Giannino, leader di "Fare per fermare il declino"



1. Se vincerà le elezioni, quali saranno le priorità per promuovere l’agroalimentare in Italia e all’estero?

"Il settore agroalimentare sconta gravi difficoltà non tanto nella promozione, quanto nella fase di produzione, fondato su un'offerta fortemente disaggregata e su economie di scala che tendono ad aumentare il divario di efficienza con i nostri competitori sui mercati globali.
E' su questo aspetto che la politica può fare qualcosa, e la prima cosa che dovrebbe fare è togliersi di mezzo.
Il settore agricolo è oberato dalla burocrazia, dal ruolo perverso degli innumerevoli enti, pubblici e non, che intermediano gli aiuti, e da politiche pubbliche incoerenti che incentivano le aziende ad investire attraverso gli aiuti allo sviluppo e al tempo stesso scoraggiano la produttività attraverso gli aiuti diretti, ostacolando quindi la remunerazione degli investimenti.
La nostra priorità è facilitare l'attività delle imprese, promuovendo politiche di liberalizzazione e di riduzione del carico fiscale (non orientate esclusivamente al settore agroalimentare), piuttosto che intervenire in un ambito, quello della promozione dei nostri prodotti sui mercati, nel quale i nostri produttori sanno benissimo cosa fare e come farlo al meglio".



2. La Politica agricola comunitaria è un collante molto forte (forse l’unico) dell’Unione europea. Ritiene che l’agricoltura possa parlare una sola lingua anche sul piano dell’impresa, del lavoro, della fiscalità, della competitività, in modo da fare da apripista – così come è successo 51 anni fa con la Pac – ad un’Europa più unita?

"Se per parlare una sola lingua abbiamo bisogno di una voce di spesa che da sola consuma quasi la metà del budget comunitario, possiamo dire che non è quella la strada da seguire.
L'agricoltura è un settore che non parla la stessa lingua, ogni regione ha le sue caratteristiche, sia in termini di condizioni pedoclimatiche che incidono sulla produttività, sia per gli stessi fattori di produttività che differiscono da paese a paese, da regione a regione, e che non dipendono direttamente dalle politiche rivolte all'agricoltura: burocrazia, infrastrutture, costo del lavoro, regime fiscale.
Imporre un modello buono per tutti significherebbe mortificare le potenzialità di territori e di aree peculiari, mentre un regime che favorisce la concorrenza tra sistemi produttivi differenti può solo portare vantaggi.
Casomai vanno rimossi i vincoli che tendono ad aumentare il gap di produttività con il resto del mondo, come il bando alla coltivazione delle varietà geneticamente modificate iscritte al catalogo comune europeo, e quello alla ricerca in campo aperto sulle biotecnologie applicate all'agricoltura".




3. Il segmento della produzione agricola è quello che forse sconta le maggiori difficoltà in termini di redditività. Quali strumenti sono necessari per bilanciare i rapporti di forza?

"Il sistema agricolo italiano sconta inefficienze strutturali alle quali non si è mai seriamente cercato di porre rimedio.
Nel corso dei decenni, si è preferito utilizzare le ingenti risorse messe a disposizione dalla Pac per puntellare lo status quo, piuttosto che per affrontare e superare queste inefficienze.
Il paradosso è proprio che, nonostante il settore sia ampiamente sussidiato, i risultati in termini di redditività sono mortificanti. La superficie media dell’impresa agricola italiana è di 7,9 ettari a fronte dei  53 di quella francese, i 56 di quella tedesca, i 65 di quella danese, i 79 di quella del Regno Unito e i 152 di quella Ceca, solo per rimanere all'interno dei confini europei.
E' evidente che in questa situazione i rapporti di forza con gli altri attori della filiera vedono l'impresa agricola italiana in una situazione di costante svantaggio, e tutto ciò nonostante la mole di sussidi di cui gli altri settori non beneficiano.
Per questo le politiche, a cominciare da quelle che regolamentano a livello nazionale le modalità di erogazione degli aiuti, devono essere coerenti con l'obbiettivo di recuperare efficienza e produttività, rinunciando al sostegno al reddito a tutti i costi, utile più che altro per acquisire facili consensi, sulla base di incentivi che incoraggino l'accorpamento fondiario, l'aggregazione dell'offerta, il superamento della microimpresa e la dipendenza dai sussidi".




4. Negli ultimi anni le società agricole di persone e di capitali sono raddoppiate grazie alla possibilità di optare per la tassazione su base catastale, proponendosi come un moderno sistema di aggregazione e una risposta alla cronica polverizzazione dell'agricoltura. Ora, la Legge di stabilità ha deciso che dal 2015 questa opzione sarà cancellata.
Ritiene giusta questa misura o è favorevole a mantenere l'opzione "catasto"?


"La cancellazione dell'opportunità, per le società di persone e capitali, di optare per la tassazione su base catastale è stato un errore al quale è necessario porre rimedio. Non è possibile affrontare le inefficienze croniche del sistema agricolo italiano disincentivando gli investimenti e scoraggiando l'accorpamento fondiario".



5. La riforma Pac propone di riservare gli aiuti Ue solo agli agricoltori attivi. In Italia, l'orientamento prevalente è di considerare agricoltori attivi solo le figure professionali, che vivono di agricoltura. Lasciando fuori la grande platea degli agricoltori part time, sia esso un dentista o un semplice maestro elementare.
Qual è la sua posizione?


"Si tratta di un falso problema. L'idea di riservare gli aiuti ai cosiddetti agricoltori attivi, così come la proposta di mettere un tetto agli aiuti erogabili a una singola unità produttiva, scaturisce dalla necessità di ammorbidire l'impatto, sugli agricoltori dell'Europa occidentale, di una nuova distribuzione della torta alla quale parteciperanno anche i paesi dell'Europa orientale.
Ma, così come il tetto agli aiuti determinerebbe con ogni probabilità la frammentazione delle grandi aziende in unità produttive più piccole facenti capo di fatto ad un unico beneficiario (è già successo negli Stati Uniti), così i criteri per identificare gli agricoltori attivi nella massa dei beneficiari degli aiuti lascerebbe talmente tanto spazio all'arbitrio del legislatore o degli enti erogatori da suggerire che sia un rimedio peggiore del male, e che sarà solo l'occasione per un incremento del carico burocratico già molto pesante per gli agricoltori italiani.
Per ridurre nel tempo il budget destinato alla Pac, coerentemente con degli obiettivi razionali per l'agricoltura italiana (accorpamento fondiario, aggregazione dell'offerta fin dalle fasi della produzione, centralità dell'impresa e non della rendita), sarebbe più utile ripensare il sostegno al reddito come una forma di welfare a termine, teso ad accompagnare l’impresa improduttiva senza traumi fuori dal mercato, piuttosto che un sistema di erogazione ed intermediazione di microrendite.
Se c'è poi una parte del budget della Pac che viene destinato ai beneficiari sbagliati, è quella che attribuisce, spesso in via prioritaria, una buona fetta degli aiuti allo sviluppo a realtà associative, consortili, sindacali, politiche, nonché agli stessi enti locali, che spesso non hanno nulla a che fare con l’agricoltura.
Un modo attraverso il quale la politica, mediante la Pac, contribuisce a finanziare sé stessa e uno spreco di risorse al quale va posto rimedio al più presto".




6. Quote latte, zucchero, forse anche i nitrati: sono molte le procedure d’infrazione avviate dall’Ue contro l’Italia. Quali pensa debbano essere risolte nel rispetto delle normative comunitarie e verso quali invece pensa che l’Italia debba resistere?

"Devono essere tutte risolte nel rispetto delle normative comunitarie. Ma non possiamo risolverle senza affrontare i nodi strutturali che queste questioni hanno portato alla luce.
A proposito di quote latte, ad esempio, ci sono molte evidenze supportate dai risultati di indagini investigative che suggeriscono la possibilità che l'Italia non abbia mai sforato la quota nazionale ad essa assegnata, e che quindi i tributi chiesti agli allevatori (sia a quelli che hanno aderito alle rateizzazioni, sia a quelli che si ostinano a non farlo) non sarebbero in realtà dovuti.
Rispettare le normative comunitarie significa anche avvalersi di sistemi di erogazione e di enti preposti all'erogazione dei sussidi, alla gestione dei sistemi informatici e delle anagrafi bovine che operino nella massima trasparenza, dato il volume di denaro dei contribuenti europei che sono chiamati ad intermediare".




7. Le agro-energie: opportunità o bolla? Come sostenere le energie da fonti rinnovabili in agricoltura? A quali dare priorità? Materie prime nei digestori per la produzione del biogas: sì o no?

"Il sostegno alle fonti rinnovabili, non solo in agricoltura, è stato promosso finora in maniera molto confusa, contraddittoria, e senza mai porsi uno dei primi problemi che il regolatore deve porsi quando interviene sul mercato, ovvero come fare in modo che gli strumenti che decidiamo di adottare per raggiungere gli obbiettivi che la legislazione europea ci impone non incorporino rendite.
Prima abbiamo promesso incentivi fin troppo generosi, poi, nel momento in cui si è compreso l'effetto distorsivo che tali sussidi avevano sui valori fondiari e sui canoni di affitto (tanto per il biogas che per gli impianti fotovoltaici a terra) si è deciso di correggere il tiro, chiudendo la stalla abbondantemente dopo la fuga dei buoi.
Un atteggiamento schizofrenico che scoraggia gli investimenti seri e incentiva solo la corsa ad accaparrarsi una rendita a buon mercato. Gettare materie prime nei digestori del biogas, in un momento in cui l'aumento dei prezzi delle stesse materie prime su scala globale suggeriscono una scarsità dell'offerta e delle scorte, non fa senz'altro un bell'effetto.
Ma non deve essere il regolatore pubblico, attraverso gli incentivi, a promuovere questo o quell'uso del prodotto di un campo di mais, come oggi avviene, quanto i prezzi delle materie prime sul mercato. Siamo favorevoli a sostituire, nel rispetto degli impegni presi fin'ora, questo sistema fortemente discrezionale e distorsivo con un sistema di incentivi alle fonti rinnovabili o, meglio ancora, di disincentivi alle fonti fossili che siano neutrali rispetto alle tecnologie, e proporzionali all'inquinamento prodotto o evitato".




8. L’acqua e il rispetto dell’ambiente sono fattori chiave per uno sviluppo sostenibile.
Quali misure concrete rappresentano una priorità per la tutela delle risorse idriche, del paesaggio e dell’ambiente?


"Per affrontare correttamente il problema della gestione delle risorse idriche, deve essere fatta una accurata verifica dell'efficacia e dei risultati della legislazione vigente in materia e degli innumerevoli enti preposti che sono figli di quella legislazione.
In particolare, i consorzi di bonifica vanno sottoposti a una severa valutazione delle performances, che preveda la possibilità di soppressione di quegli enti che non rispettino elementari rapporti tra costi per la vasta platea di contribuenti e benefici per la collettività.
Al tempo stesso va riconosciuto, fin dai Piani di sviluppo rurale, il contributo positivo dell’innovazione tecnologica e dell’intensificazione agricola per la biodiversità e la salvaguardia ambientale, dovuto ad un uso economicamente più efficiente degli inputs produttivi a cominciare dalle risorse idriche e dalla superficie coltivabile disponibile".




9. I giovani in agricoltura: come incentivare la loro presenza sia come dipendenti che come imprenditori?

"Per favorire gli investimenti e l'occupazione non esiste una ricetta specifica per il settore.
Il nostro programma si concentra su politiche pro-crescita, che hanno al centro l'abbattimento del debito pubblico, la riduzione della spesa (6 punti di PIL in 5 anni) e la riduzione della pressione fiscale (5 punti di PIL in 5 anni).
E poi il funzionamento della giustizia, le liberalizzazioni, la riduzione degli ambiti di intervento pubblico nell'economia.
Tutti punti dettagliati accuratamente sul nostro programma. E' necessario creare condizioni favorevoli all'investimento, attraverso la rimozione di tutte quelle barriere che oggi tendono a scoraggiarli.
In particolare, in ambito agricolo ci sono settori produttivi ad alto valore aggiunto, come quelli protetti dalle Denominazioni d'origine, in cui si confonde spesso la tutela dell'origine del prodotto e del suo disciplinare di produzione con interventi, autorizzati da leggi sbagliate, che consentono ai consorzi l'ingresso a gamba tesa nel mercato attraverso il contenimento forzoso dell'offerta.
Anche la fine dei regimi di contingentazione dell'offerta previsto per i prossimi anni, sia nel settore vinicolo che in quello del latte, vanno salutati come opportunità di sviluppo e non ostacolati".




10. Da presidente del Consiglio, quale provvedimento adotterebbe per primo a favore dell’agricoltura?

"Sinceramente, identificare un solo provvedimento tra i tanti necessari non è semplice, e concentrarsi su questo rischia di essere fuorviante rispetto agli interventi strutturali necessariamente di lungo periodo.
In ogni caso, in tempi rapidi è possibile abolire l'art. 62 del decreto liberalizzazioni il quale, lungi dal riequilibrare i rapporti di forza tra piccoli produttori e grande distribuzione, impone una contrattualizzazione forzata di tutte le transazioni commerciali che abbiano come oggetto prodotti agroalimentari, a danno proprio dei piccoli produttori che vedono aumentare il carico di burocrazia già insostenibile, e che vedranno riflettersi sui prezzi, necessariamente al ribasso, quanto non può più riflettersi nei tempi di pagamento, imposti a 60 giorni (30 per i prodotti deperibili).

Oltretutto, sono proprio gli agricoltori ad essere penalizzati dal fatto di non poter più scegliere di pagare a raccolto i loro fornitori, finendo costretti a ricorrere al credito in un periodo di feroce stretta creditizia.
Nel breve periodo devono essere rivisti gli aumenti sconsiderati dell’Imu agricola, così come vanno superati gli astrusi regimi di deroghe ed esenzioni su base territoriale, in un'ottica che preveda la revisione del regime di tassazione patrimoniale dell'impresa agricola che tenga nella giusta considerazione la funzione strumentale dei fabbricati rurali e che includa in un’unica voce anche i contributi generali di bonifica".