Migliorare il sistema europeo di allerta rapida per ridurre gli errori nella gestione delle crisi alimentari. A un anno dallo scoppio dell’epidemia di E.coli che causò la morte di 50 persone, la Commissione europea fa il punto della situazione e espone le lezioni apprese.

La base da cui partire è che ''non esiste un rischio zero'' per le epidemie: a dirlo, Frederic Vincent, portavoce del Commissario europeo per la Salute e la tutela dei consumatori, John Dalli, presentando il Rapporto annuale del sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff).

La crisi E.coli, però, ha permesso di individuare degli errori di gestione, sia di organizzazione che di comunicazione, ed è su questi aspetti che l’esecutivo di Bruxelles intende ora intervenire.

 

Comunicazione

“Nelle crisi la comunicazione è un tema centrale: si deve fare in modo che le informazioni siano condivise tra tutti gli attori, prima che vengano rese note al pubblico”, così spiega Koen Van Dyck, dei servizi sanitari della Commissione europea. L’anno scorso, infatti, le autorità tedesche individuarono troppo in fretta il cetriolo spagnolo come causa dei loro mali. Erroneamente, perché il contagio proveniva da germogli di soia in provenienza dall’Egitto, come il sistema di tracciabilità comunitario permise di scoprire una decina dopo la verifica dei primi casi.
La gestione della comunicazione, quindi, è uno dei primi aspetti su cui Bruxelles intende agire: “all’inizio di una crisi, non siamo sul campo, non possediamo tutti i dati – continua Van Dyck – è come fossimo nella nebbia e dovessimo dipanarla. E' normale che sia così, ed è questo il messaggio che deve essere dato”.
Ecco perché Bruxelles darà il via a una formazione per gli esperti delle autorità nazionali, dedicato in particolar modo alla gestione della comunicazione, mentre sarà costituita una “rete di comunicatori”, per collegare in maniera permanente i responsabili dell’informazione a livello nazionale ed europeo.

 

Organizzazione

Secondo la Commissione europea, il sistema Rasff ha finora permesso all’Unione di agire con efficacia, anche nel 2011 quando si è trovata di fronte quella che definisce “una delle crisi più gravi degli ultimi decenni”.
Il meccanismo di allerta, comunque, può e deve essere migliorato. Verranno dunque riesaminate le procedure operative standard di gestione delle crisi, in modo da armonizzare le informazioni che le autorità nazionali inseriscono nel sistema. In parole semplici, essere sicuri che uno stato di allerta “grave” o “molto grave” significhi la stessa cosa in tutti i 27 Paesi dell’Unione.
Tra gli obiettivi della revisione, anche una maggiore flessibilità e la rapidità del sistema di tracciabilità, per poter risalire con più velocità ed efficienza ai prodotti pericolosi e ritirarli dal mercato.

 

Qualche dato

Nel 2011, sono stati notificati 9.157 casi di non conformità con la normativa Ue. Tra questi, 617 comportavano rischi gravi. Non tutte le notifiche riguardano casi nuovi (3812): 5.345 sono aggiornamenti rispetto a casi già segnalati in precedenza.
A essere notificati come pericolosi, soprattutto prodotti alimentari (3.139), ma anche mangimi (361) e materiali che vengono a contatto con gli alimenti (312).

Tra i problemi più ricorrenti, le aflatossine nei mangimi, nella frutta a guscio e nella frutta secca, così come la presenza di sostanze chimiche negli utensili da cucina provenienti dalla Cina.