Sequestrate dalla Guardia di Finanza di Ravenna 1.700 tonnellate di falsa soia bio - 500 tonnellate nel porto di Ravenna e 1.200 presso grossisti di varie città italiane - contenente tracce di Ogm al di sopra della soglia consentita dalla legge e provenienti dall'Est Europa.
La soia, si legge nel comunicato diffuso dalle forze dell'ordine, veniva dichiarata cereale biologico nelle certificazioni che ne attestavano falsamente la purezza e la qualità.


Di fronte al ripetersi di frodi che riguardano l’importazione di prodotti falsamente biologici è necessario – sottolinea la Coldiretti - introdurre al più presto il marchio per il biologico italiano che possa rendere facilmente riconoscibile la produzione ottenuta con materia prima e standard nazionali, per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli sulla reale origine del prodotto acquistato.
Il fatturato dei prodotti biologici in Italia negli ultimi dieci anni è triplicato passando - sottolinea Coldiretti - da meno di un miliardo di euro del 2000 agli oltre tre miliardi di euro attuali ed è importante - sottolinea la Coldiretti - non abbassare la guardia sul fronte dei controlli anche alla luce di un aumento delle importazioni, nonostante il fatto che l’Italia possa contare sul maggior numero europeo di imprese biologiche. Al primo gennaio del 2011 in Italia gli operatori del settore biologico sono 47.663 mentre la superficie interessata, in conversione o interamente convertita ad agricoltura biologica, è di 1.113.742 ettari, con un incremento rispetto all'anno precedente dello 0,6 per cento.
 

"Proprio a causa della sua crescita milionaria, il biologico è diventato particolarmente appetibile per gli 'agro-pirati' e quindi più facilmente oggetto di frodi e sofisticazioni. Ecco perché operazioni come quella della Guardia di finanza di Ravenna sono importantissime. Ora più che mai è necessario mantenere alta l'attenzione sul settore, intensificando i controlli". Afferma la Cia, Confederazione italiana agricoltori.
"Nel nostro Paese la spesa per il 'bio' è aumentata nel 2011 dell'8,9 per cento, mettendo a segno il sesto incremento annuo consecutivo - sottolinea la Cia - e oggi il 75 per cento degli italiani dichiara di acquistare prodotti biologici almeno una volta al mese. Alimentando così un business che in Italia vale 3 miliardi di euro, ma che a livello mondiale ha raggiunto la quota di ben 55 miliardi di dollari l'anno".
"Ma proprio perché si tratta di un mercato in continua espansione - osserva la Cia - il settore del biologico ha cominciato a fare gola alle mafie e ai 'professionisti della truffa agroalimentare', pronti a falsificare carte e certificati pur di accaparrarsene una fetta. Per questo, oggi bisogna lavorare sulle regole e prevedere politiche agricole 'ad hoc' che controllino i mercati.

 

"La Commissione – sollecita Confagricoltura – deve approvare i codici doganali specifici per il bio, da troppo tempo rinviati, e sospendere il regime di equivalenza ai Paesi extra Ue da cui è pervenuto il prodotto fraudolento". "In più occasioni abbiamo denunciato come entri in Europa e nel nostro Paese prodotto pseudo-bio perché manca il codice doganale specifico per il bio extra-Ue – ha commentato l'organizzazione -. Basta un certificato falso e un prodotto convenzionale passa come biologico e non si ha la possibilità di tracciarlo. I sistemi di certificazione sui prodotti non comunitari sfuggono totalmente al controllo rigidissimo dell'Ente europeo per l'accreditamento (Ea), a cui sono sottoposti invece quelli europei ed italiani".

 

“Seguiamo con attenzione gli sviluppi dell'operazione. Le truffe e le contraffazioni delle certificazioni biologiche danneggiano innanzitutto i produttori onesti e i cittadini/consumatori". E' il commento di Alessandro Triantafyllidis, presidente Aiab.
“La frode – prosegue Triantafyllidis - ha messo in luce delle debolezze del sistema di certificazione che abbiamo ha più volte sottolineato: il problema delle materie prime importate, che coinvolge in particolare i prodotti che confluiscono nelle filiere zootecniche, come soia e orzo, o nelle lunghe filiere di pastificazione e panificazione. Rinnoviamo pertanto l'invito a stringere le maglie dei controlli agroalimentari lungo tutto la filiera, con particolare attenzione all'import”. “Il caso di Ravenna - conclude Triantafyllidis – solleva inoltre un altro problema: quello della soglia di tolleranza verso la contaminazione da Ogm nei mangimi bio".