Biologico col vento in poppa. Dopo il vino bio, tenuto ufficialmente a battesimo dall'Ue la scorsa settimana, un’altra importante novità interesserà il settore. 

A partire dal primo giugno, infatti, i prodotti biologici potranno essere esportati negli Stati Uniti esattamente come vengono venduti sul mercato europeo, senza bisogno quindi di ulteriori certificazioni e con tanto di logo Ue.

 

I dettagli

Oggi, i produttori bio che vogliono vendere oltreatlantico devono sottoporre la merce a una doppia certificazione: essendo il settore regolato diversamente, negli Stati Uniti e in Europa, chi esporta passa attraverso due procedure per il riconoscimento, con evidenti costi amministrativi per le pratiche e le ispezioni.
L’accordo siglato ieri tra i due Paesi - e definito tecnicamente "equivalenza” - sancisce che i due sistemi che regolano il mercato, pur diversi, vengono ritenuti equivalenti. La decisione è arrivata dopo un lungo processo di studio reciproco, per stabilire la compatibilità delle misure di controllo per la qualità, delle norme di etichettatura e dei requisiti per la certificazione.
I cibi biologici europei potranno così circolare liberamente nel mercato americano, e così le merci statunitensi in Europa.

Le cifre

L’accordo è stato definito “storico” dall’esecutivo di Bruxelles: è infatti la prima intesa siglata in questi termini e potrà dunque fare da apripista per altri mercati interessanti, come quello sudamericano.
Ma, soprattutto, riguarda i Continenti dove il consumo del biologico è più diffuso e la produzione maggiore: le due aree, insieme, coprono all’incirca il 90% del mercato globale, per un valore del comparto che si attesta intorno ai 40 miliardi di euro.
Sia la produzione che il consumo, in questo settore, sono in aumento in entrambe le aree: anche se mancano dati ufficiali (poiché le cifre del commercio provenienti dalle dogane non distinguono tra prodotti bio e tradizionali), si può stimare che il trend sia di un +10% negli Stati Uniti e di circa 4/5% in Europa, per un mercato che già oggi, in totale, conta 800 milioni di consumatori.
Un’importante occasione per stimolare l’export europeo, anche grazie all’incontestabile promozione, a livello d’immagine, che il “made in Ue” riceve dal proprio logo biologico, la foglia bianca a 12 stelle su sfondo verde.

 

Le eccezioni

L’equivalenza dei sistemi vale per tutto, tranne che per gli antibiotici, il cui uso è vietato agli agricoltori americani e consentito a quelli europei in caso di malattia dell’animale: quando un produttore nostrano richiederà la certificazione per l’esportazione, dunque, l’ente di controllo dovrà verificare che non siano stati utilizzati antibiotici.
Per quanto riguarda, invece, lo spettro di prodotti a cui si applica l’accordo, sono esclusi i prodotti dell’acquacultura, ovvero pesce, frutti di mare, alghe. Anche per il vino bisognerà aspettare, visto che la normativa a livello comunitario ha appena una settimana di vita.

 

Le reazioni

Il Commissario europeo all’agricoltura Dacian Cioloş, firmando l’intesa a Norimberga, in occasione della BioFach World Organic Fair - la più grande manifestazione del biologico su scala globale - ha ricordato il “duplice valore aggiunto dell’accordo, che facilita l’accesso ai due mercati da una parte e migliora la trasparenza circa la norme di produzione dall’altra”.
Kathleen Merrigan, sottosegretario Usa all’agricoltura, ha sottolineato anche un altro importante aspetto, quello occupazionale: “si creano così maggiori opportunità per le PMI e occupazione di qualità nelle aziende attive nei settori dell’imballaggio, della spedizione e della commercializzazione di questi prodotti”.