Per la prima volta i ministri dell’Agricoltura dei 27 Stati membri e i deputati europei responsabili nel settore si sono incontrati per discutere il futuro della Politica agricola comune (Pac) nella riunione congiunta del Consiglio dei ministri dell'Agricoltura e della Commissione per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo, alla presenza del commissario europeo all'Agricoltura, Dacian Cioloş.

L’inusuale incontro dei due corpi istituzionali è una “prima assoluta storica”, la cui importanza è stata sottolineata dal presidente del Parlamento, Jerzy Buzek, che ha sollecitato tutti ad assumere le proprie responsabilità nel modificare una delle politiche comunitarie più antiche e più importanti, visto che ancora rappresenta il 37% del budget comunitario.

A presiedere l’incontro, Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura all’Europarlamento, secondo cui la proposta della Commissione “presenta troppa continuità col passato, mentre c’è bisogno di strumenti nuovi per rispondere a nuove sfide”.

 

Pagamenti diretti e burocrazia

L’uniformazione del principio di calcolo per l’erogazione dei pagamenti diretti (un tanto a ettaro in regioni omogenee, definite a livello nazionale) è stato uno degli argomenti di punta.
Le posizioni nazionali sono diametralmente opposte: da una parte c’è chi teme squilibri territoriali e chiede maggiore flessibilità nell’applicazione del principio geografico (Spagna, Francia, Belgio, Irlanda – l’Italia va oltre e si schiera contro); dall’altra, Paesi di più recente entrata nell’Ue (Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria) sottolineano l’iniqua situazione odierna.

“In alcuni Paesi gli agricoltori prendono un contributo per ettaro tre volte maggiore rispetto ad altri Stati. Come posso spiegarlo agli agricoltori lettoni?” ha chiesto il ministro Laimdota Straujuma, che propone un 20% massimo di divario da Paese e Paese.
Non è l’unica a denunciare come insufficiente la proposta della Commissione, che pur va nel senso di maggiore omogeneità tra Stati.

Il Commissario europeo per l’Agricoltura, Dacian Cioloş, ha colto le osservazioni per dedurne l’equilibrio della sua proposta, proprio perché ha dovuto tenere in conto indicazioni tanto differenti.

Altro tema molto ricorrente: la semplificazione. Unanime, tra ministri e parlamentari, il timore che la modifica non riduca, ma anzi aumenti gli oneri amministrativi in capo ai produttori.

 

Quando il greening fa paura

In particolare, spaventa greening, ovvero le pratiche eco-compatibili che gli agricoltori dovranno mettere in atto per ottenere il 30% degli aiuti diretti.
Il Commissario Cioloş ha però assicurato che la componente verde non richiederà maggiore burocrazia: “Non prevederemo un controllo aggiuntivo, da svolgere in un secondo momento, ma solo alcune domande specifiche sulle pratiche ambientali all’interno del questionario che l’agricoltore deve compilare per ricevere i contributi”.
D’altronde lo stesso greening, che per Cioloş è “nell’interesse degli agricoltori, a medio e lungo termine” non convince molti.
Il ministro bulgaro Miroslav Naydenov ha criticato la percentuale del 30%, definendola “troppo elevata”; per il lussemburghese Romain Schneider lasciare incolto il 7% delle terre “è contrario agli obiettivi di sicurezza alimentare”; il ministro spagnolo, Rosa Aguilar, dice “sì al greening, ma tenendo in conto quello che gli agricoltori già fanno per l’ambiente”; il portoghese Assunção Cristas ha invocato maggiore flessibilità, proponendo la volontarietà, e non l’obbligatorietà, delle pratiche.
Per l’Italia, in assenza del ministro Saverio Romano, ha parlato il sottosegretario Roberto Rosso, che ha definito le misure “onerose per le imprese, difficili da controllare, per ottenere obiettivi a livello ambientale che non paiono così chiari”.
Favorevole al greening il ministro irlandese, Simon Coveney, che sollecita l’Europa ad “avere un ruolo di leader nell’ambito della sostenibilità”, pur temperando la propria posizione con deroghe da applicare a regioni con situazioni particolari.

Capping

Pur essendo stato marginale nella discussione, il concetto di “capping” (l’imposizione di un tetto massimo di aiuti pari a 300mila euro per produttore, ndr) è stato nettamente rifiutato dal ministro tedesco, Ilse Aigner.
Per il ministro greco, Konstantinos Skandalidis, il taglio andrebbe “subordinato al rendimento”. Anche Repubblica Ceca, Slovacchia e Paesi Bassi si sono mostrati critici nei confronti dell’idea della Commissione, così come in altre occasioni avevano già fatto anche Regno Unito e Romania.

L'agricoltore attivo

Spagna, Lituania, Slovacchia e Lussemburgo si sono detti favorevoli ad aumentare la percentuale di attività agricola sul totale del fatturato necessaria a definire un “agricoltore attivo” (appena il 5% nella proposta della Commissione) o comunque a migliorare tale definizione.

Quote zucchero

Vari Paesi (Lituania, Slovacchia, Finlandia, Austria) si sono espressi contro l’abolizione delle quote per lo zucchero nel 2015 in termini assoluti, mentre c’è chi si è concentrato sulla data di entrata in vigore del provvedimento, giudicandola troppo ravvicinata (Belgio, Romania, Francia). In altri consessi, anche Germania, Portogallo e Ungheria avevano sposato questa posizione.