Continua il giro di consultazioni in seno alla Commissione europea sulla riforma della Pac. Ma, intanto, trapelano le prime indiscrezioni sul futuro della Polirica agricola europea.

Anche se fino alla presentazione ufficiale del prossimo 12 ottobre la bozza del documento è suscettibile di modifiche, le intenzioni dell’Esecutivo comunitario sono già in gran parte delineate.

Tra i cambiamenti più discussi, l’ormai famoso 'Greening', la componente verde che dovrà essere rispettata dagli agricoltori per rendere l’agricoltura europea più sostenibile dal punto di vista ambientale.
La proposta della Commissione sarà di condizionare il 30% degli aiuti diretti all’adozione delle pratiche verdi, distinte in quattro tipologie: il mantenimento di pascoli permanenti; la diversificazione delle colture (in numero minimo di tre); la produzione di prodotti classificati come biologici; la realizzazione di un’area ecologica pari al 7% del terreno, non destinata alla coltivazione e tesa a preservare la biodiversità.

Secondo i boatoa, l’adozione delle misure sarà obbligatoria, anche se non è chiaro se ognuno di questi principi sarà associato e in che misura ad una percentuale specifica per concorrere al 30% di “componente verde” di accesso al sostegno.

Per quanto riguarda i pagamenti diretti, la Commissione pensa all’introduzione di un tetto, fissato per ora nella bozza a un massimo di 300mila euro l’anno per beneficiario.
Non solo: per i pagamenti compresi tra 150mila e 300mila euro, sarebbero previsti tagli progressivi, pari a 1/5 per gli aiuti compresi tra 150mila e 200mila euro, a 2/5 per quelli tra 200mila e 250mila euro e al 70% tra 250mila e 300mila euro. Nel calcolo, però, non sarebbero considerati i costi sostenuti dalle aziende agricole per il pagamento dei salari ai lavoratori.

Un altro obiettivo dell’Esecutivo è la riduzione dello scarto tra gli aiuti diretti percepiti nei diversi Stati membri. Se la media europea è di 271 euro per ettaro, si passa dai 100 euro per ettaro, di cui beneficia un agricoltore lettone, agli 800 che si ritrova in tasca un produttore maltese.
Tecnicamente, la Commissione proporrà con tutta probabilità che i Paesi sotto la media, entro il 2018, riducano di 1/3 la differenza tra l’aiuto che percepiscono e il 90% del valore medio europeo. Ad esempio, chi ora prende il 60% della media, dovrà passare al 70%, chi beneficia al 75% salirà a 80%.

E' chiaro che quest’operazione peserà sulle spalle dei Paesi sopra la media, come l’Italia, anche se non si sa, ad oggi, in quale misura.
In parte, la riduzione delle differenze avverrà uniformando il principio di distribuzione dei pagamenti diretti, finora deciso a livello nazionale.
Con la riforma, varrà per tutti il criterio di divisione della dotazione finanziaria per la superficie agricola (nazionale o regionale), già adottato da alcuni Paesi come la Germania e la Gran Bretagna, diversamente dall’Italia, dove all’epoca del disaccoppiamento degli aiuti diretti si optò per un principio “storico” (l’aiuto futuro sarebbe stato pari a quello percepito in precedenza).

Non arrivano, però, solo notizie allarmanti epr gli agricoltori.
L’Esecutivo pensa anche a delle agevolazioni, ad esempio finanziamenti per i giovani che vogliano avviare un’azienda agricola, oltre ad aiuti diretti più alti per i primi cinque anni, sempre per chi ha meno di 40 anni.
Facilitazioni anche per i piccoli agricoltori, che fruiranno di un contributo fisso (secondo fonti europee, si sta negoziando per un montante tra i 500 e i 1000 euro).
Per i produttori che possiedono meno di 3 ettari di terra (che rappresentano appena il 3% delle terre coltivate, ma ben un terzo degli agricoltori europei), le sovvenzioni non saranno quindi calcolate in base alla superficie, riducendo così anche i costi amministrativi.

Buone notizie, infine, per chi lavora in aree agricole più svantaggiate, cui potrà essere dedicato il 5% della dotazione finanziaria, a discrezione, però, dei singoli Stati membri.

 

A cura di Laura Serassio