Grano: nel 2007 il prezzo del pane è aumentato del 7,5%, quello della pasta del 4,5%. Questi aumenti sono soprattutto legati alle difficoltà strutturali della filiera cerealicola italiana.
Secondo i dati Istat sui prezzi al consumo l’inflazione a settembre 2007 è salita in quasi tutti i generi alimentari, con punte soprattutto per i cereali: il prezzo del pane è aumentato del 7,5% rispetto a settembre 2006, mentre quello della pasta è cresciuto del 4,5%. Il prezzo del grano in Italia da luglio a settembre è più che raddoppiato, salendo da 200 a 450 euro per tonn. Tra le cause l’aumento dei consumi in Cina e India, i cambiamenti climatici che hanno influito negativamente sulle produzioni dei due giganti Canada e Russia, e il crollo delle scorte mondiali di cereali. Ma tali aumenti sono anche legati alle difficoltà strutturali della filiera cerealicola italiana, caratterizzata da un’elevata frammentazione dell’offerta, priva di un sistema informativo efficace, con una scarsa fidelizzazione tra fornitori e clienti, margini operativi molto bassi (i molini e i pastifici sono sotto il 2%), e un’elevata incidenza dei costi logistici (circa il 13,5% sul prezzo di acquisto). Secondo una stima effettuata da Coldiretti sul prezzo della pasta al dettaglio, infatti, il costo del grano incide soltanto per il 15%, mentre il restante 85% è dovuto ai costi di filiera. L’articolo Dietro i rincari del grano è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Pasta secca. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Vino e Turismo: L’enologia si presta a parecchie formule per la promozione del consumo: l’enoturismo, intanto, che in questi anni ha avuto un decollo, l’advertising, l’etichetta.
L’offerta turistica legata al vino e ai prodotti enogastronomici in Italia è molto vasta e trasversale alle destinazioni, e rappresenta un elemento di valore per il nostro sistema economico e produttivo. Dal 2003 al 2005 – secondo l’Istituto nazionale ricerche turistiche (Isnart) – i ristoranti sul nostro territorio sono aumentati del 26,6% passando da 70.400 a poco meno di 90.000 (23.000 nel Nord-Ovest, 19.000 nel Nord-Est, 19.500 al Centro e 28.000 al Sud) di cui 6.176 citati sulle guide specializzate, oltre a 141.500 bar. Nel 2005 la motivazione enogastronomica ha mosso nel nostro Paese 408.000 vacanzieri italiani (+57,5% rispetto al 2003 e +20,7% rispetto al 2004), con una spesa totale di circa 390 milioni di euro (+76,7% rispetto al 2003). Per ciò che riguarda la domanda straniera, dopo una forte crescita negli ultimi anni, nel 2006 il 13% dei tour operator europei che trattano destinazioni italiane ha venduto pacchetti enogastronomici (di cui il 14% prevede un aumento nel 2007), mentre tra quelli statunitensi la quota sale al 38%, di cui il 24% scommette sulla crescita delle vendite per quest’anno. Le destinazioni preferite dagli enoturisti europei e americani sono la Toscana, il Piemonte e il Veneto. L’articolo Marketing nel calice è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Vino. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Alimenti funzionali: un settore in espansione che vale l’1,6% dell’intero mercato alimentare. Prima di offrire prodotti nuovi però bisogna entrare nella testa del consumatore.
Il mercato dei functional foods è in forte espansione con un valore stimato dell’1,6% rispetto all’intero mercato alimentare e si prevede raggiungerà nei prossimi anni la quota del 5%. Le principali categorie di prodotti funzionali riguardano i cereali per la prima colazione, le bevande, i prodotti da forno, e gli ingredienti funzionali maggiormente impiegati sono antiossidanti, acidi grassi poli insaturi, cereali, pre e probiotici. Il consumatore è sempre più attento verso ciò che mangia ed è in grado di mettere in relazione gli ingredienti “critici" con i relativi rischi estetico/salutistici, come i grassi collegati al colesterolo e/o all’estetica, gli zuccheri con la glicemia e così via. Diventa quindi strategico creare prodotti che lo soddisfino dal punto di vista edonistico e salutistico. Per le ragioni suddette prima di immettere sul mercato un nuovo prodotto occorrerebbe effettuare uno studio approfondito delle aspettative del consumatore tramite indagini qualitative-motivazionali per poi procedere alla realizzazione degli alimenti mediante tecniche di consumer science. L’articolo Una pasta a prova di test è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Alimenti dietetici, anallergici, salutistici, probiotici e integratori,Pasta secca. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Agricoltura: ecco quali sono le differenze tra due metodiche colturali amiche dell'uomo e dell'ambiente: biologico e integrato. Ha ancora senso parlare di agricoltura tradizionale?
Si è fatta anche troppa confusione sulle differenze tra vari sistemi colturali. L'integrato intanto non è coperto da definizioni e regole di tipo legislativo. Per cui si può darne conto solo attingendo alla pratica e in pratica si tratta di un metodo che tende a ridurre al minimo possibile la chimica di sintesi, ma che non la rifiuta a priori e che è persino disposto a scendere a patti con gli Ogm. Diversamente il biologico è regolamentato a livello comunitario dal 1991 (regolamento Cee 2092) e a livello nazionale dal 1995 (dlgs 220) ed è inoltre controllato dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali con la collaborazione di organismi di certificazione. Per quanto attiene alla realizzazione agronomica del sistema, va sottolineato che il biologico ha in comune con l’integrato gli stessi mezzi tecnici, biologici, fisici, meccanici e agronomici e che li utilizza per il conseguimento degli stessi obiettivi di sostenibilità, di tutela dell’ambiente e di sicurezza alimentare. Dall’integrato differisce invece perché proibisce l’uso di fertilizzanti e di fitofarmaci di sintesi e non accetta gli Ogm. L’articolo Integrato o biologico? è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Biologico. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Vino: L’analisi Mediobanca sui primi 85 marchi vinicoli italiani. Evidenzia un capitale investito equivalente a 3,3 miliardi di euro e un volume di vendite di 3,5 miliardi.
Mediobanca ha reso nota a fine marzo un’indagine che ha preso in esame le imprese italiane con un fatturato di più di 25 milioni di euro l’anno. Nel 2005 il valore della produzione italiana (base prezzi alla produzione) si è aggirato intorno ai 9,7 miliardi di euro e il consumo apparente è stimato in 7 miliardi, risultato il cui principale sbocco al consumo continua a essere rappresentato da alberghi e ristoranti, con oltre due terzi del totale. Per quanto riguarda la quota di produzione di vini doc e docg risulta diminuita e le stime Istat le assegnano poco meno di un terzo del totale nel 2005 (contro poco più del 10% a metà degli anni ‘80); a questa componente si aggiunge un altro 27% di produzione rappresentata dai vini a Igt. Nel 2005 ciascuna delle 85 società prese in esame ha realizzato mediamente un fatturato di 41,2 milioni di euro, con poco più di un centinaio di addetti alle dipendenze. Vi sono solo due imprese, entrambe cooperative, che superano i 200 milioni di fatturato. L’articolo Un brindisi alla ripresa è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Vino. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Frutta secca: La ripresa, con l’ausilio delle dop, di una produzione abbandonata. Oggi l'Italia, con circa 800.000 ettari di castagneti, è il maggior produttore in Europa.
Oggi l'Italia, con circa 800.000 ettari, è il Paese con la maggiore estensione di castagneti in Europa e il maggior produttore, seguito da Spagna, Portogallo e Grecia. La nostra produzione copre più del 15% del totale mondiale, mentre Turchia, Cina e Corea del Sud ne rappresentano insieme quasi il 60%. La produzione media di castagne e marroni degli ultimi 20 anni nel nostro Paese varia dalle 50.000 alle 70.000 tonnellate l’anno, di cui oltre 7.500 assorbite dall’industria dolciaria. Le Regioni con la maggiore produzione di castagne sono, nell’ordine, Campania, Calabria, Toscana, Piemonte e Lazio. Spesso il prodotto sotto l’aspetto sanitario non è commerciabile: per questo la produzione vendibile è solo il 65-70% del totale. L’export è diretto in gran parte verso gli Stati Uniti, nonostante il consumo della castagna sia limitato al Giorno del Ringraziamento. Le varietà italiane sono circa 300 e i castagneti toscani della zona del Mugello hanno ottenuto dalla Ce nel 1996 il marchio Igp. L’articolo Castagne alla conquista del mondo è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Ortofrutta. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Ortofrutta: L’anno scorso i consumi delle famiglie italiane sono cresciuti in quantità e valore, soprattutto in gdo, ma le inefficienze di filiera fanno ancora lievitare in modo anomalo i prezzi finali.
Dopo due anni di redditi al ribasso o in certi casi inesistenti e al di sotto dei costi, il settore ortofrutticolo italiano presenta alcuni risultati positivi per gli agricoltori e i consumi delle famiglie, anche se la crisi strutturale permane. Per superare tali difficoltà settoriali occorre innovare la produzione, spingere la domanda, migliorare la gestione della filiera, incentivare l’aggregazione dei produttori, ottimizzare la logistica e il packaging, rendere trasparenti le operazioni di commercializzazione, il prezzo e le certificazioni. Inoltre, l’offerta di ortofrutta come prodotto indifferenziato ha ormai esaurito il suo significato, perché tipicità (igp o dop) e certificazioni di filiera (richieste dalla distribuzione moderna) impongono all’impresa agricola di offrire prodotti caratterizzati e specializzati. Nel 2006 e rispetto al 2005, l’Italia ha prodotto 24,5 milioni di tonnellate di ortofrutta (5,1 ortaggi, 5,9 frutta e 3,5 agrumi), riducendo i volumi produttivi del 5,6%, per un fatturato complessivo di 22,6 miliardi di euro (+2,7%): una minore produzione implica da un lato l’aumento dei prezzi, dall’altro un migliore livello qualitativo delle varietà immesse al commercio. L’articolo Una riscossa a caro prezzo è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Vino. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Sicurezza alimentare: più del 50% dei cittadini esprime fiducia nelle autorità ma se c’è una crisi la comunicazione empatica è più efficace della mera illustrazione di dati scientifici.
Secondo la ricerca Eurobarometro, pubblicata dall’Efsa nel 2006, la maggioranza dei cittadini europei esprime fiducia nelle pubbliche autorità riguardo alla gestione di possibili rischi per la salute e riguardo la loro azione di informazione sui rischi connessi agli alimenti. Inoltre indicano come fonti degne di fiducia le associazioni di consumatori e il proprio medico di famiglia (entrambi al 32%) e gli scienziati (al 30%). I media (17%) si collocano dopo le autorità (22%). Come si spiega quindi il ripetersi di crisi in campo alimentare? Il problema è che per i tecnici il rischio è un valore statistico che combina la dimensione del danno (per esempio il numero di morti) con la probabilità di accadimento mentre la percezione del rischio è fortemente influenzata dalla componente emotiva di quel particolare rischio e questo spiega perché la semplice illustrazione di dati tecnico-scientifici sia inefficace e come la vera questione sia più la fiducia verso la fonte di informazione e la sua capacità di esprimere empatia. L’articolo Perché tanto allarmismo? è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Sicurezza, certificazione e tracciabilità della filiera agroalimentare. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.

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Ortofrutta e salute: sono un toccasana per l’organismo. Nel 2006 i consumi sono aumentati del 3% ma solo il 13% degli italiani mangia le consigliate 5 porzioni giornaliere.
Una cattiva alimentazione è causa delle cosiddette malattie del benessere: cardiache, respiratorie, ipertensione, diabete, obesità ecc. Per questo diverse organizzazioni raccomandano un consumo giornaliero di almeno 400 grammi di ortofrutta, pari al 50% di un pasto, per tre motivi: contengono un’alta percentuale di acqua e poche calorie; apportano zuccheri, vitamine e sali minerali; forniscono un prezioso apporto di fibre. Il consumatore italiano preferisce mele, arance, banane, pere e pesche, mentre tra gli ortaggi prevalgono pomodori, cipolle e zucchine. Nel 2006 le famiglie italiane hanno acquistato 4.481.737 tonnellate di frutta e 3.714.060 di verdura, aumentandone i consumi del 3% e riempiendo la borsa della spesa con insalate (+14,8%), carciofi (+13,8%), pomodoro (+1,3%), mele (+1,7%), arance (+2,3%) e frutti di bosco (+55%) ma solo il 13% della popolazione segue la raccomandazione di consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno: abitudine diffusa sopratutto tra le donne e in due fasce d’età (18-24/50-69). L’articolo Non basta una mela al giorno è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Ortofrutta,Alimentazione e salute. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Zootecnia: si prevede che la produzione mondiale di carne raddoppierà, arrivando a 465 mln di tonn. nel 2050, ma gli allevamenti generano gas serra, depauperano la terra e le risorse idriche.
Il settore zootecnico mondiale rappresenta circa il 40% della produzione agricola complessiva e si prevede che la produzione mondiale di carne raddoppierà, passando dai 229 mln di tonnellate del biennio 1999/2001 a circa 465 mln di tonnellate per il 2050. Per molti contadini poveri il bestiame è anche una fonte importante di energia rinnovabile e di fertilizzante organico, ma proprio questa crescita così rapida nei Paesi in via di sviluppo ha comportato un caro prezzo per l’ambiente secondo un recente rapporto Fao. Non solo incide per il 9% sulla Co2 derivante da attività imputabili all’uomo e produce una percentuale molto più alta di gas serra anche più dannosi, ma arreca danni anche alle già scarse risorse idriche del pianeta, contribuendo all’inquinamento dell’acqua e al fenomeno dell’eutrofizzazione. Per far posto a pascoli sempre più grandi e allevamenti sempre più intensivi le foreste vengono abbattute. Il rapporto della Fao prova ad abbozzare qualche suggerimento utile almeno a limitare i danni come l’utilizzo di metodi di conservazione del suolo e di silvo-pastoralismo, insieme all’esclusione controllata del bestiame dalle zone più fragili e a una migliore alimentazione degli animali, per ridurre la fermentazione enterica e le conseguenti emissioni di metano. L’articolo La mandria che inquina è su Largo Consumo 11/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.


Le notizie riportate sono pubblicate da Largo Consumo - Rivista di Economia e Marketing sulla filiera dei beni di consumo
Per approfondimenti: Largo Consumo - 11/2007 www.largoconsumo.info