Biologico: in Germania è boom. Un giro d’affari di 4,5 miliardi che potrebbero raddoppiare entro il 2010. I consumatori ne sono rassicurati e i negozi specializzati crescono come funghi. La Germania è uno dei Paesi protagonisti – insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna e Svezia – di un vero e proprio boom del mercato dei prodotti biologici, in cui si registra un forte aumento dei consumi e una capillare diffusione di catene di supermercati e negozi specializzati il cui numero aumenta a velocità ragguardevole – 240 nuovi punti di vendita dal 2000 al 2005 con una media di 40 aperture all’anno– e nel 2005 la grande distribuzione ha aumentato la propria quota di mercato raggiungendo il 41% (+4%). Nello stesso anno in Europa sono stati consumati cibi biologici per un valore pari a un totale di 14,5 miliardi di euro, il 27% dei quali soltanto in Germania. Il mercato tedesco dell’alimentare biologico è salito del 16% rispetto al 2005, raggiungendo un giro d’affari di 4,5 miliardi di euro, che rappresenta il 3% del commercio complessivo di generi alimentari, quota che secondo uno studio condotto dalla società di revisione e consulenza Kpmg e dall’Ehi Retail Institute di Colonia potrebbe raddoppiare da qui al 2010 superando gli 8 miliardi di euro. L’articolo Kartoffeln secondo natura è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Biologico. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Carni bovine: Un fatturato di circa 5,6-5,7 miliardi di euro l’anno fanno dell’industria della trasformazione uno dei principali comparti dell’alimentare di cui rappresenta circa il 5%. Le aziende dell’industria della lavorazione, trasformazione e commercializzazione delle carni bovine generano un fatturato di circa 5,6-5,7 miliardi di euro, costituendo uno tra i comparti più importanti dell’industria alimentare nazionale, di cui rappresenta poco più del 5%.
Dopo i segnali di ripresa registrati nel 2004, visibili con una crescita dei volumi delle vendite e del mark up aziendale, l’industria delle carni bovine si è trovata nel 2005 a operare in un quadro di incertezza, in conseguenza dell’introduzione della MTR. Questo, contemporaneamente alla crescita del prezzo dei ristalli provenienti dalla Francia (materia prima fondamentale per la filiera), ha generato un repentino calo dell’offerta di animali pronti da macellare, determinando una flessione della produzione industriale del 4%. Nell’ultimo anno però l’offerta ha mostrato una lieve crescita (+0,7%), particolarmente significativa per il segmento dei vitelloni (+2,3%) che rappresenta il “cuore pulsante" del comparto. L’articolo Nel macello vince il più forte è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Pomodoro: in quello per l’industria l’Italia è il secondo produttore mondiale, con oltre 5,3 milioni di tonnellate di prodotto trasformato, esportato per il 67% del valore.
Il nostro paese possiede 3 grandi zone di coltivazione del pomodoro da industria: Puglia, Emilia Romagna e Campania, seguite da aree più limitate in Sicilia. Dopo l’annata record 2004, stagione che ha comportato squilibri di eccesso di produzione e innalzamento degli stock delle scorte sul trend 2005, nel 2006 la quantità totale di pomodoro trasformato si è ridotta di circa 18 punti percentuali. Questa diminuzione ha consentito di smaltire le scorte e, proprio per la stagione in corso, ha riavvicinato la domanda e l’offerta verso un prezzo più ragionevole per i coltivatori. L’Italia è il secondo produttore mondiale di pomodoro trasformato con 5.300.000 tonnellate, dopo gli Stati Uniti. Le esportazioni italiane si dirigono verso i Paesi europei per almeno un 67% del valore totale, ma si registrano significativi aumenti anche verso l’Oceania. L’export è salito di 3 punti percentuali nel 2004, passando dal 43 al 46%. Nel triennio 2002/2004 il valore delle esportazioni è cresciuto del 30%. L’articolo Oro rosso in confezione è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Ortofrutta,Conserve vegetali. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2, Tab3.

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Authority alimentare: Compiti, valori e codici etici del garante della sicurezza alimentare che ha sede a Parma. In 5 anni di vita l’Efsa ha elaborato oltre 440 pareri scientifici. Nei suoi cinque anni di vita Efsa ha elaborato oltre 440 pareri scientifici su una vasta gamma di temi, dal trasporto di animali all’influenza aviaria, alla sicurezza dei pesci selvatici e di allevamento. Tra questi le valutazioni dei rischi in tema di encefalopatie spongiformi trasmissibili – che hanno costituito la base delle misure prese per controllare il rischio di Bse in Europa – e di influenza aviaria. Altri importanti obiettivi raggiunti riguardano l’identificazione dei livelli massimi di assunzione di vitamine e minerali, la valutazione del rischio iniziale sui livelli dei residui di prodotti fitosanitari/pesticidi, la proposta di un approccio armonizzato alla valutazione di sostanze potenzialmente in grado di provocare il cancro, onde garantire un confronto dei rischi delle varie sostanze, il parere scientifico sugli additivi alimentari e sugli aromatizzanti. Attualmente all’Efsa lavorano 240 persone provenienti da 21 Paesi, il 57% delle quali costituisce lo staff scientifico. L’articolo Il punto su Efsa Italia è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Sicurezza, certificazione e tracciabilità della filiera agroalimentare. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Bevande: fra player di calibro internazionale e aziende nazionali si innesca una gara alla conquista di un mercato mondiale da 500 miliardi di litri. Nel mondo si bevono ogni anno oltre 500 miliardi di litri di bevande fredde confezionate, pari a un consumo pro capite di 80 litri all'anno. I succhi e nettari sono la categoria più nobile, in quanto bevande ad alto contenuto di frutta, ma, in considerazione del loro prezzo più alto, rappresentano a volume una quota di appena l’8% sul totale bevande fredde, pari a un consumo pro capite specifico tra i 6 e i 7 litri annui. Le bevande naturali (piatte) ad alto contenuto di frutta comprendono diverse famiglie di prodotti solitamente distinte in base al contenuto di frutta: succhi, al 100% di frutta, senza zuccheri aggiunti; nettari (limpidi o polposi) con almeno il 25% di frutta, con aggiunta di zuccheri o altri dolcificanti; bevande base frutta (juice drink), con un minore tenore di frutta, con aggiunta di zuccheri o altri dolcificanti. Quest'ultima famiglia di prodotti a volte viene tenuta distinta e separata dalla categoria succhi e nettari, a volta viene invece considerata come parte integrante di una più ampia categoria definita come “bevande fruttuose" (frutta da bere). L’articolo Il succo della competizione è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Succhi di frutta e bevande a base di frutta. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Lattiero-Caseario: al primo posto, nel 2006, dell’industria alimentare italiana con oltre 14 miliardi di fatturato. Le aziende puntano su materia prima, risorse umane e innovazione di prodotto. Nel 2006, secondo i dati di Assolatte, il lattiero-caseario si è confermato al primo posto nell’industria alimentare italiana con oltre 14 miliardi di euro di fatturato, pari a circa il 13% del totale (110 miliardi di euro) e ha raggiunto il sostanziale pareggio nel saldo commerciale dei prodotti caseari, la cui produzione assorbe circa i tre quarti del latte lavorato nel nostro Paese. I prodotti lattiero-caseari italiani sono fra le principali vittime della contraffazione e riscuotono un enorme gradimento nel nostro Paese: più di 9 italiani su 10 consumano formaggi; 4 su 5 latte; 3 su 4 burro e yogurt. Ma è un mercato maturo e le aziende non possono puntare solo sulla variabile prezzo. Una politica degli acquisti efficace prevede un forte rapporto con il territorio per assicurarsi l’approvvigionamento di una materia prima freschissima e la valorizzazione delle risorse umane. Ma tutto questo non basta se manca l’innovazione: su 100 prodotti lattiero-caseari oggi in commercio, 14 sono arrivati sugli scaffali meno di tre anni fa. L’articolo Acquisti freschi per un mercato maturo è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Latte,Formaggi stagionati. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2, Tab3.

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Agroalimentare estero: per far conoscere agli italiani le loro specialità, enti e società straniere attuano diverse strategie commerciali, dalle fiere al tasting agli accordi con i buyer. A chi non è mai successo di fare la spesa in un supermercato e di restare incuriosito da proposte alimentari insolite perché provenienti da altri Paesi, vicini o lontani? Oppure da specialità per le quali noi italiani ci riteniamo imbattibili, come i salumi o i dolci, ma che anche all’estero sanno fare molto bene? Per migliorare l’immagine, la visibilità, la posizione concorrenziale e le vendite di questi prodotti tipici gli organismi di rappresentanza, le aziende estere e gli importatori – dall’Icex a Sopexa, da Food from Britain al Thai Trade Center – sono impeganti in un'ampia gamma di attività informative e promozionali e adottano svariate strategie commerciali, dalla partecipazione alle fiere di settore agli accordi con i buyer della gdo ai tasting nei punti di vendita. Iniziative che riscuotono grande successo presso il consumatore che è molto curioso e se il prodotto è davvero di qualità non lo abbandona, ma il Nord sembra essere più intraprendente e aperto nell’accettazione di prodotti non necessariamente europei, mentre al Sud tendono a privilegiare gli alimenti che già conoscono. L’articolo Nuovi sapori d’oltreconfine è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Le politiche di valorizzazione e tutela dei prodotti alimentari tipici,Mercato fieristico. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Salumi: hanno meno lipidi e più proteine. La carne suina è migliorata sotto il profilo nutrizionale e della sicurezza, grazie ai progressi nell’allevamento e a controlli più severi. Per decenni la carne suina è stata bistrattata. Il suo legame con i modelli di alimentazione poveri e contadini, l’eccessivo contenuto di grassi, l’opinione che fosse una carne meno nobile di quella bovina hanno contribuito a relegarla a ruoli marginali. Oggi questa situazione sta cambiando anche perché la carne suina stessa è cambiata sia sotto il profilo nutrizionale, sia sotto quello igienico e dell’immagine che riesce a dare di sé. La sicurezza e la qualità della materia prima sono garantiti dai controlli severi dei Nas mentre l’Istituto Parma Qualità e l’Istituto Nord-Est Qualità vigilano sul rispetto dei disciplinari di produzione nel settore dei salumi dop e igp. Sono state selezionate carni con contenuto di grasso decisamente inferiore rispetto al passato, cosa che si ripercuote in maniera positiva anche sul contenuto lipidico dei salumi, diminuito mediamente del 30% nel corso degli anni, con punte del 50% per il prosciutto. Continua a dominare il consumo di salumi (64%) rispetto a quello della carne (36%), anche in virtù del loro elevato contenuto di servizio. L’articolo Non ci sono più i salumi di una volta è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Sicurezza, certificazione e tracciabilità della filiera agroalimentare,Salumi. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.

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Uova: i mangimi selezionati assicurano una qualità e una sicurezza superiori al passato. E i consumi ripartono: nel 2007 sono cresciuti di circa il 7% in volume e del 10% in valore. Superata la crisi causata dall’influenza aviaria, i consumi di uova stanno riprendendo quota: nell’anno terminante al primo trimestre del 2007, secondo dati AcNielsen, sono cresciuti di circa il 7% in volume e addirittura del 10% in valore. Il consumo pro capite è di 219 uova all’anno considerando anche le uova utilizzate dall’industria alimentare. Il segmento delle uova lavorate rappresenta circa il 40% del mercato. Secondo i dati forniti da Una, la produzione e i consumi di uova nel 2006 hanno superato i 12 miliardi di pezzi. La quasi totalità degli allevamenti è di tipo tradizionale: la percentuale di quelli che scelgono sistemi “alternativi", biologico, all’aperto o a terra, è minima. Tra i parametri che maggiormente ne determinano la qualità c’è sicuramente l’alimentazione delle ovaiole che per esempio influenza moltissimo il colore del tuorlo: una volta i mangimi erano arricchiti di sostanze coloranti non naturali, mentre oggi il compito è affidato a carotene naturale inoltre non contengono materie prime di origine animale, né mais o soia ogm, né coloranti sintetici. L’articolo È meglio un uovo oggi è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Carni avicole e uova. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

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Prodotti tipici: valorizzare un prodotto e il suo legame con il territorio è importante. La legge tutela anche i diritti di proprietà industriale, ma il marchio deve essere anteriore Nell’ambito di un mercato globalizzato e internazionale la valorizzazione del collegamento con il territorio è un tema sempre più sentito ma c’è l’esigenza di bilanciare il sistema delle denominazioni di origine con i diritti di proprietà industriale, tra cui in particolare i marchi di impresa, rispetto ai quali si possono creare situazioni di sovrapposizione e contrasto. Il legislatore comunitario tutela ampiamente le dop e le igp contro qualsiasi usurpazione e imitazione ma anche gli interessi dei titolari di diritti di proprietà industriale stabilendo la possibilità di proseguire nell’uso di un marchio evocativo di una denominazione di origine, purché depositato, registrato o acquisito con l'uso in buona fede sul territorio comunitario anteriormente alla data di protezione della denominazione d'origine o dell'indicazione geografica nel Paese d’origine o precedentemente al 1 gennaio 1996 e sempre che tale marchio non incorra nelle cause di nullità stabilite dalle norme sulla proprietà industriale. L’articolo Marchi a confronto è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: La marca come fattore competitivo,Le politiche di valorizzazione e tutela dei prodotti alimentari tipici. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.

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Etichette: entro luglio 2007 gli operatori saranno tenuti a modificarne il contenuto in modo da conformarsi al Reg. CE 1924/2006 sulle indicazioni nutrizionali e la salute dei prodotti alimentari. La normativa comunitaria ha letteralmente rivoluzionato l’approccio legislativo alla tematica dei claims funzionali e salutistici, fino ad oggi regolata in modo “negativo" mediante una serie di divieti, per esempio quello di induzione in errore sulle caratteristiche del prodotto, o di evidenziare elementi comuni a tutti i prodotti dello stesso genere o di vantare azioni o proprietà medicamentose. Con il nuovo Regolamento, cui gli operatori sono chiamati a adeguarsi entro il 1°luglio 2007, si passerà viceversa ad un sistema “positivo" basato su liste di indicazioni ammissibili stabilite ex lege, autorizzazioni e valutazioni tecniche da parte delle Autorità. Se, ad esempio, l’operatore vorrà apporre in etichetta l’indicazione che l’alimento è “fonte di fibre" o altra indicazione di analogo significato, oltre a rispettare i principi generali sottesi alla nuova normativa, dovrà anche verificare che il suo prodotto contenga almeno 3 g di fibre per 100 g o almeno 1,5 g di fibre per 100 kcal. L’articolo Claim e tabelle a norma di legge è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Etichettatura. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.

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Pack e ortofrutta: in un mercato sempre più globale e competitivo, l’imballaggio fa la differenza. Legno e cartone sono sicuri ed ecologici ma tre e quattro volte più cari della plastica. Negli ultimi anni il rapporto tra mondo distributivo e filiera ortofrutticola si è modificato, anche a causa della globalizzazione. La destagionalizzazione ha ampliato la competizione, introducendo sui mercati locali produttori internazionali in grado di sfruttare nuove tecnologie ed efficienti sistemi di trasporto. È aumentato il numero delle referenze nei negozi, con un incremento della richiesta di prodotti esotici e primizie. Scegliere l’imballaggio migliore per ogni prodotto e per le diverse situazioni di trasporto e vendita tra cassetta di legno, plastica e cartone ondulato può avere notevoli ripercussioni dal punto di vista logistico ed economico. Il legno ha diversi vantaggi tra cui un’immagine di naturalità e le buone prestazioni: offre elevati standard di resistenza alla caduta e alla compressione. A parità di capacità la cassetta in legno è più leggera, e tuttavia ugualmente resistente, rispetto agli imballaggi riutilizzabili in plastica. A favore della plastica risultano i vantaggi economici del sistema a riutilizzo rispetto al quale quello degli imballaggi in legno è tre volte più caro (3,08), quello delle cassette di cartone quasi quattro volte (3,85). L’articolo Quando la cassetta porta buoni frutti è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Ortofrutta,Imballaggio di prodotto. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.

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Biocarburanti: Il 20% di energie rinnovabili sul totale dei consumi Ue e un minimo del 10% di biocarburanti per autotrazione entro il 2020. I rischi sociali e ambientali. Il 20% di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici Ue ed una quota minima del 10% per i biocarburanti sul totale dei consumi comunitari di benzina e gasolio per autotrazione entro il 2020: due obiettivi vincolanti assunti dal Consiglio europeo. Un aumento della richiesta di biocarburanti di prima generazione nei Paesi industrializzati potrebbe avere effetto negativo sui Paesi in via di sviluppo. E’ il rischio di una concorrenza tra piantagioni food e piantagioni non food che snaturi colture tradizionali, ma porti soprattutto a impennate dei generi alimentari. Subito dopo l'emanazione della direttiva europea che stabilisce una crescita dell'utilizzo di biomasse, il governo indonesiano ha firmato 58 accordi, per un valore di 12,4 miliardi di dollari, finalizzati all'incremento della produzione di biodiesel e legati all'espansione delle coltivazioni su circa un milione di ettari in Papua e Kalimantan, senza che siano state fornite indicazioni sulla salvaguardia dell'ambiente. L’articolo Tra sostenibilità e rischi di squilibrio è su Largo Consumo 09/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Energia: fonti, consumo ed effetti ambientali. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2.

Le notizie riportate sono pubblicate da Largo Consumo - Rivista di Economia e Marketing sulla filiera dei beni di consumo
Per approfondimenti: Largo Consumo - 09/2007 www.largoconsumo.info