Salone del vino: I nostri industriali, e presumibilmente anche quelli francesi, sono convinti di possedere la chiave per governare la fascia top del comparto vinicolo. E’ davvero così?
Al Salone del vino di Torino si è osservato un assottigliarsi - come è avvenuto in altri settori - della fascia media del mercato, quella dai 10 ai 35 euro. Quindi il made in Italy, sui grandissimi vini, resta in ascesa. Ma fino a quando? Le fasce basse di mercato sono ora più permeabili che non in passato alle produzioni che arrivano dal Nuovo Mondo. Gli italiani hanno sempre meno soldi da spendere e si orientano su prodotti di basso prezzo, tendendo a tagliare beni non strettamente necessari. E' in questa fase che concorrenti come gli australiani (il 75% del loro vino viene venduto all'estero), i cileni (l'80% del loro vino è esportato) e gli spagnoli cercano di inserirsi per conquistare le fasce basse del nostro mercato domestico, giudicato finora impermeabile, visto che 9 litri su 10 consumati in Italia sono italiani. La tendenza che oggi si affaccia è quella del ritorno all'acquisto diretto e sui mercati locali. E' un sentiment che percorre anche gli enoappassionati.L’articolo Calici troppo in alto? è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Vino. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.
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Marchi privati: doc, dop, igp, stg: la differenza è sostanziale per identificare il prodotto e comprenderne i meccanismi di tutela. Come orientarsi fra tanti contrassegni.
L’etichetta reca non solo nome del prodotto e marchio di un’impresa, ma spesso anche indicazioni affiancate in molti casi da simboli che portano a pensare a produzioni garantite e controllate. Contrassegni del settore alimentare e delle produzioni enologiche, dove denominazioni e indicazioni geografiche tutelate sono un fondamentale strumento di garanzia di tipicità e qualità dei prodotti. Occorre sapersi orientare tra marchi individuali e collettivi e indicazioni geografiche e denominazioni d’origine. I marchi individuali e collettivi sono emanazioni private, scelti da un singolo imprenditore o da un gruppo di imprenditori associati. Indicazioni geografiche e denominazioni di origine rappresentano invece istituti giuridici pubblici finalizzati a soddisfare l’esigenza di valorizzare e salvaguardare le produzioni agroalimentari legate a determinati territori o caratterizzate da particolari tipicità. Nel 2006 il regolamento comunitario 510/2006 ha disciplinato in modo chiaro la materia. L’articolo L’origine in etichetta è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: La marca come fattore competitivo,Le politiche di valorizzazione e tutela dei prodotti alimentari tipici. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo.
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Ortofrutta: L’Italia guarda al Mediterraneo come prossima area di libero mercato. Per gli scambi ortofrutticoli italiani sarà importante puntare su qualità, logistica e immagine del Made in Italy.
Ismea indica che nel 2005 su 110 imprese italiane della trasformazione ortofrutticola solo 2 avevano delocalizzato la produzione, e altre 8 sarebbero state interessate a farlo nel futuro. Sono oggi soprattutto i grandi gruppi a avere avviato processi di delocalizzazione produttiva dell’ortofrutta. Le stesse organizzazioni di produttori ancora non hanno avviato un ampio programma di sviluppo internazionale, nonostante gli aiuti supplementari assicurati dalla Ue, come il finanziamento Eu a 60% per la costituzione di op transnazionali. Finora sono però poche le esperienze in questo senso. Finaf è la prima associazione internazionale di organizzazioni di produttori ortofrutticoli riconosciuta in Italia nel 2001 in Emilia Romagna. L’associazione internazionale è costituita da 6 organizzazioni di produttori: la francese Conserve-Gard con sede a Nimes e le italiane Apo Conerpo, Orogel Fresco, Coop. Modenese Essiccazione Frutta, Alpo, Acom. Rappresentano insieme più di 10.000 soci. L’articolo Di fronte agli scenari globali del commercio è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Ortofrutta,Magazzinaggio e trasporti. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2, Tab3.
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Vendemmia 2007: Si conferma il progressivo calo della produzione vitivinicola in Italia, trend che prosegue da anni. L’intero settore vitivinicolo italiano vale 10 miliardi di euro.
Il vitivinicolo italiano vale 10 miliardi di euro. E se la produzione mondiale di vino, sulla base della media del triennio 2004/2006, è di circa 300 milioni di ettolitri, il 17% di questa produzione e il 30% di quella comunitaria “parlano ancora italiano". Assoenologi, l’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vitivinicolo, evidenzia il progressivo calo delle nostre produzioni – passate da una media di 61,7 milioni di ettolitri nel decennio 1987-1996 a 51,4 nel periodo 1997-2006, che scende però a 48,4 milioni se calcolata sulla media degli ultimi 5 anni – e il fatto che negli ultimi quindici anni si siano persi 178.000 ettari di vigneto. I dati sulla produzione di uva e di vino 2007 fanno ipotizzare che la produzione di uva oscillerà tra i 55 e i 58 milioni di quintali, che renderanno circa 40.500.000 ettolitri di vini e mosti, con un decremento produttivo di oltre il 18% rispetto al 2006 (49,6 milioni di ettolitri): calo che registra i massimi nel Sud Italia. L’articolo Un’annata da centellinare è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Vino. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.
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Brand awareness: Emerge tra le motivazioni dei consumatori intervistati sulle scelte dei prodotti. Il 69% dichiara di aver acquistato prodotti a marchio negli ultimi 12 mesi.
La ricerca Nextplora “L’avanzata delle marche commerciali in Italia" realizzata nel luglio 2007 su un campione di circa 1.000 consumatori evidenzia comportamenti di acquisto e abitudini di consumo, soddisfazione complessiva e attese nei confronti dell’offerta di prodotti food e non food a marchio commerciale.. Il 69% dei degli intervistati dichiara di acquistare prodotti di marche commerciali e il 45% di questi ha dichiarato di comprare prodotti alimentari. Se tra i 16 e i 64 anni di età si acquistano indifferentemente prodotti food e non food, gli over 64 privilegiano invece l’acquisto di private label alimentari (75%). A comprare prodotti di marca commerciale non food sono soprattutto uomini del Sud e delle Isole (18%). L’impulso ha una particolare rilevanza: il 51% degli acquirenti indica l’abitudine di aggiungere altri prodotti oltre all’acquisto programmato. In questo le donne hanno la leadership per impulsività, al contrario degli uomini che dimostrano maggiore fermezza (il 46%). L’articolo La marca che fa la differenza è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Private label. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.
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Informazione alimentare: Che cosa succede quando distorce i rischi di una crisi alimentare? Casi clamorosi, dalla Bse all’influenza aviaria, invitano a riflettere
Sicura, fiera modenese ha messo al centro il tema della sicurezza alimentare, argomento decisamente non dei più facili in quanto alla sicurezza di un prodotto alimentare è strettamente connessa anche la modalità con cui se ne fa oggetto di comunicazione. Allo stato attuale il flusso delle informazioni scorre in senso unidirezionale, secondo un modello che si suole definire top-down: dagli esperti alla gente, con i media nel ruolo di intermediari. Ed è proprio in questo passaggio che l'informazione viene tradotta in un linguaggio accessibile, ma può anche essere distorta o amplificata. Un esempio di cattiva comunicazione è stato quello dell’influenza aviaria, che ha prodotto gravi ripercussioni economiche e disorientato il consumatore. L’analisi degli articoli su Il Corriere della Sera nel periodo dal 3 ottobre al 29 ottobre 2005, ha fatto emergere confusione lessicale, distonia comunicativa, mancanza di smentite, tempo considerato come un conto alla rovescia e spazio come invasione. L’articolo Se la crisi diventa panico è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Percorsi di lettura correlati: Sicurezza, certificazione e tracciabilità della filiera agroalimentare. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1, Tab2, Tab3.
 
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Fertilizzanti: I fanghi di depurazione, opportunamente trattati sono ricchi di sostanze nutritive adatte alle coltivazioni. Il loro impiego è però ancora una nicchia di mercato.
L’utilizzo di fanghi di depurazione, che, esplicita la legge, derivano dal trattamento di acque reflue provenienti da insediamenti abitativi o industriali, purché con caratteristiche non dissimili dai fanghi civili, è una pratica oggi diffusa in agricoltura per sopperire alle necessità dei terreni di sostanze organiche e di nutrienti. In Italia si è arrivati a impiegarne, secondo gli ultimi dati risalenti al 2004, fino a 2,5 milioni di tonnellate, quantitativo che corrisponde a circa 200.000 tonnellate di sostanza secca, per una media di 200 kg l’ettaro e un apporto complessivo di nutrienti calcolato in circa 4.300 tonnellate di azoto e altrettante di anidride fosforica: un apporto tutto sommato minimo, lo 0,3-0,4%, rispetto a quello delle due sostanze derivante dalle deiezioni animali e dai fertilizzanti distribuiti ogni anno sui terreni italiani. Questo nonostante risultino ammissibili quantità tra le 2,5 e le 7,5 tonnellate di sostanza secca l’ettaro l’anno a seconda del terreno. L’articolo Un’alternativa per nutrire i campi è su Largo Consumo 12/07. Elenco dei Citati nell’articolo. Se non sei abbonato, richiedi copia del fascicolo o visualizza gli Elementi a corredo: Tab1.
Le notizie riportate sono pubblicate da Largo Consumo - Rivista di Economia e Marketing sulla filiera dei beni di consumo
Per approfondimenti: Largo Consumo - 12/2007 www.largoconsumo.info