La spesa per le importazioni alimentari è in forte aumento a livello globale in parte per l'accresciuta domanda di biocarburanti, secondo l'ultimo rapporto Food Outlook (Prospettive alimentari) della FAO. Nel 2007 il costo mondiale per le importazioni alimentari si prevede supererà i 400 miliardi di dollari, quasi il 5 per cento in più rispetto al record dello scorso anno. Il rialzo dei prezzi dei cereali secondari e degli oli vegetali – il gruppo di beni che maggiormente coinvolto nella produzione di biocarburanti – è in gran parte responsabile dell'aumento. Il rapporto anticipa anche un aumento del costo delle importazioni di queste merci pari al 13 per cento rispetto al 2006. Il maggior costo degli ingredienti alimentari comporterà l'aumento dei prezzi della carne e dei latticini, nonchè l'aumento della spesa per la loro importazione. In molti casi, per esempio per la carne ed il riso, l'aumento della domanda su scala mondiale con tutta probabilità trascinerà verso l'alto il conto totale delle importazioni.
Nel caso dello zucchero, i prezzi generalmente alti ed instabili potrebbero portare ad una diminuzione del volume delle importazioni, che potrebbe risolversi in una caduta del loro costo globale. Anche il record delle tariffe per il trasporto delle merci ha influenzato il valore all'importazione di tutti i prodotti, determinando nei vari paesi una pressione aggiuntiva sulla capacità di copertura della spesa per le importazioni alimentari.

I poveri pagano di più
I paesi in via di sviluppo nel loro insieme dovranno far fronte nel 2007 ad un aumento del 9 per cento del costo totale delle importazioni. I paesi economicamente più vulnerabili saranno quelli più colpiti, con una spesa totale che presumibilmente crescerà del 10 per cento rispetto all'anno scorso, sia nei paesi a basso reddito e deficit alimentare (LIFDC) sia in quelli in via di sviluppo (LDC).
 "Ci si aspetta che il paniere delle importazioni alimentari, per i paesi meno sviluppati costerà grosso modo 90 per cento in più rispetto al 2000", dice l'economista della FAO Adam Prakash. "Questo dato contrasta in modo stridente con la crescita del 22 per cento nello stesso periodo del costo totale delle importazioni dei paesi sviluppati".
Aumenta la produzione, ma anche la domanda
La produzione cerealicola mondiale si prevede che nel 2007 raggiungerà i 2.125 milioni di tonnellate, 6 per cento in più rispetto al livello ridotto del 2006 e più alta rispetto alle precedenti stime della FAO.
"La prospettiva di una forte ripresa della produzione cerealicola mondiale nel 2007 è un'evoluzione positiva, ma ancora una volta la disponibilità complessiva sarà appena sufficiente a soddisfare l'aumento della domanda, non solo dai tradizionali settori alimentari e foraggieri ma, in particolare, dall'industria dei biocarburanti", afferma Abdolreza Abbassian, uno degli autori del rapporto. "Ciò significa che per l'anno venturo, con tutta probabilità, il prezzo della maggior parte dei cereali rimarrà alto."
La stima provvisoria della FAO sulla produzione di riso per l'anno in corso si attesta intorno ai 633 milioni di tonnellate, raggiungendo il livello record dell'anno scorso, ma con una produzione ancora non equiparata al fabbisogno. Si prevede una riduzione delle riserve globali di riso ed un prezzo medio più alto.
La produzione mondiale di cassava potrebbe superare nel 2007 il livello record dell'anno scorso, aumento dovuto per lo più alle misure adottate per incrementare questa coltura nei paesi maggiori produttori, specialmente per uso industriale, compresa la produzione di etanolo.
 
Semi oleosi
I prezzi dei semi oleosi e delle farine alimentari hanno continuato a salire, principalmente per il rialzo improvviso dei prezzi dei cereali da foraggio. I prezzi del mais, insolitamente alti, stanno spingendo al rialzo anche il prezzo della soia, visto che i due cereali competono sia sul mercato dei mangimi che in quello energetico. Una prima previsione per la stagione commerciale 2007/08 suggerisce che la crescita costante della produzione globale di semi oleosi potrebbe arrestarsi, ed è probabile che la coltivazione di mais si estenda a scapito della soia.

Carne e prodotti caseari
L'accresciuta fiducia dei consumatori seguita alla diminuita incidenza di epidemie animali nello scorso anno, dovrebbe portare nel 2007 ad una ripresa della domanda di carne nei paesi in via di sviluppo. Si prevede che le esportazioni globali di carne aumenteranno del 3.8 per cento, grazie anche alla progressiva abolizione dei divieti commerciali e al ritorno dei mercati verso modalità di funzionamento più normali.
I prezzi del pollame hanno visto una ripresa dopo il calo del 18 per cento registrato agli inizi del 2006, dovuto principalmente all'epidemia di influenza aviaria. Nel marzo 2007, i prezzi all'esportazione negli Stati Uniti e in Brasile, che insieme forniscono il 70 per cento del mercato mondiale, sono aumentati rispettivamente del 20 e del 14 per cento rispetto alle medie annuali del 2006.
Vi è stato un significativo recupero nell'indice FAO dei prezzi per la carne, che dal minimo del 2006, nel marzo del 2007 hanno registrato un incremento del 7.6 per cento. Inoltre, il rialzo del prezzo dei mangimi sta spingendo ulteriormente verso l'alto anche il prezzo della carne.

In questo momento, il prezzo dei prodotti caseari è ad un massimo storico. L'indice FAO dei prezzi dal novembre del 2006, è salito del 46 per cento. Il prezzo internazionale del latte in polvere è quello che ha registrato il maggiore aumento, essendo sparite le riserve dell' Unione Europea.
La prospettiva per il 2007 è di una crescita più marcata nella disponibilità complessiva di latte - che potrebbe aumentare del 2.7 per cento - in larga parte sostenuta dall'espansione in quei paesi che sono più suscettibili ai prezzi internazionali. La siccità in Australia, la sospensione delle esportazioni di latte in polvere da parte dell'India e le tasse all'esportazione in Argentina, stanno inibendo le forniture per l'export nel breve periodo. Tuttavia, afferma il rapporto, la riforma della politica dell'Unione Europea nel settore caseario sta mutando la struttura dei mercati internazionali con la perdita di quote di mercato nelle esportazioni, che aprono opportunità agli esportatori emergenti.